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Il Tar di Ancona annulla il divieto di Senigallia

Il ricorso presentato da Sensazioni srl contro il Comune di Senigallia, ha dato ancora una volta ragione al circo. Ecco il passaggio centrale della sentenza.
“Considerato che:
– il ricorso è manifestamente fondato e poiché viene in rilievo un’unica questione di diritto il giudizio può essere definito in questa sede con sentenza resa in forma immediata;
– come ritenuto da una condivisibile giurisprudenza (ex plurimis, TAR Bologna, II, n. 470/2012), l’esercizio da parte dei Comuni del potere regolamentare in materia di vigilanza igienico-sanitaria o di tutela degli animali (potere che certamente è attribuito agli stessi Comuni) non può mai portare al divieto di svolgimento di attività che sono consentite in base a specifiche disposizioni di legge. Ciò sia per un problema di gerarchia delle fonti di produzione normativa (essendo il regolamento cedevole rispetto alle fonti primarie), sia perché l’ordinamento costituzionale (art. 120 Cost.) vieta agli enti territoriali di porre ostacoli alla libera circolazione delle persone e delle cose e di limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualsiasi parte del territorio nazionale. Inoltre l’art. 41 Cost. riconosce a qualunque cittadino o straniero residente in Italia il diritto di libera iniziativa economica, precisando solo che l’iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con la utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana;
– ora, in ragione dell’evoluzione dei costumi e della coscienza collettiva, può anche ritenersi che il riferimento alla dignità umana comprenda anche la dignità degli animali (i quali, peraltro, erano già tutelati in epoca antecedente all’entrata in vigore della Carta fondamentale da norme penali, quale ad esempio l’art. 727 c.p.), ma questo non rende legittime le norme regolamentari impugnate;
– in subiecta materia, la corretta attuazione del precetto di cui all’art. 41 Cost., per la parte di competenza dei Comuni, consiste nell’adottare norme regolamentari che prevedano specifici adempimenti a carico dei gestori dei circhi e di altri spettacoli analoghi, funzionali a tutelare la dignità e la salute degli animali impiegati negli spettacoli, ma che siano proporzionati allo scopo e che non costituiscano surrettizi divieti all’esercizio di un’attività economica prevista e riconosciuta da specifiche norme statali. Naturalmente, ponendo tali precetti, i Comuni possono prevedere le relative sanzioni per il caso di inosservanza e le modalità di effettuazione dei controlli da parte del personale della Polizia municipale o di funzionari preposti allo specifico settore;
– va poi aggiunto che l’art. 14 dell’impugnato regolamento comunale tradisce anche una sorta di preconcetta ostilità nei riguardi dell’attività circense, visto che non si comprende perché il divieto posto dalla norma non si applica alle gare ippiche svolte in luoghi autorizzati (quando costituisce dato di comune esperienza che proprio nel settore dell’ippica si registrano numerosi abusi a danno degli animali, quali ad esempio pratiche di doping anche nelle corse che si svolgono negli ippodromi autorizzati) e alle esposizioni agricolo – zootecniche (in occasione delle quali molto spesso gli animali sono costretti a permanere molte ore in gabbie di ridotte dimensioni e a subire analoghi stress). La verità è che nessuna attività che preveda l’impiego di animali è in sé “buona” o “cattiva”, la differenza essendo legata al rispetto che l’esercente l’attività ha per l’animale, per cui l’unica via per tutelare gli animali è imporre una serie di obblighi e divieti funzionali a tutelare la loro salute e il loro benessere e controllare il rispetto di tali prescrizioni;
– in conclusione, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento dell’atto impugnato e delle presupposte norme regolamentari (artt. 14, comma 1, e 27, comma 1) adottate dal Comune di Senigallia, nei limiti dell’interesse della società ricorrente”.
Il testo integrale della sentenza.