di Claudio Monti
Ancora a caldo, ma con il beneficio di tre giorni che ci separano dalla indimenticabile due giorni romana culminata con l’udienza nell’aula Paolo VI, che sono serviti a mettere in fila pensieri e valutazioni per tracciare un primo consuntivo, abbiamo chiesto al presidente Buccioni una riflessione su ciò che si è visto e ascoltato in occasione del pellegrinaggio del mondo del circo e dello spettacolo viaggiante. E le sue parole sorprendono, fanno riflettere e aprono nuove prospettive.
Presidente, cominciamo a tracciare un bilancio di ciò che è successo.
Il bilancio di quello che si è verificato a Roma il 30 novembre e il primo dicembre è molto più che positivo. Prima di tutto voglio ribadire, come ho già fatto nelle numerose interviste che ho rilasciato in questi giorni, la nostra devozione e gratitudine verso la chiesa tutta e in particolare nei confronti del Santo Padre. Del resto, all’atto del mio insediamento alla presidenza dell’Enc, avevo detto che l’approfondimento e l’accrescimento del rapporto dell’Ente Nazionale Circhi con la chiesa cattolica sarebbero stati il primo obiettivo che avrei perseguito con tutte le mie forze.
Quello che emerge dall’evento che si è appena concluso sembra essere anche la ripresa di un ruolo dell’Enc dentro lo spettacolo viaggiante.
Un motivo di profonda soddisfazione, anche personale, riguarda proprio il tema dei viaggiatori dello spettacolo.
L’intuizione che ebbi oltre 20 anni fa, cioè di cominciare a mettere in più stretto rapporto le stirpi dello spettacolo popolare italiano e mondiale, ha avuto la più strepitosa conferma della sua bontà e validità proprio in questi due giorni. E grazie al lavoro nostro, questa grande famiglia si è riunita ed ha accettato che il circo rappresentasse anche la loro locomotiva.
Lei parla di una grande famiglia: vogliamo ricordarne i componenti, quasi a sfogliare le fotografie di un album associativo?
E’ doveroso e piacevole farlo: i circensi, gli esercenti dello spettacolo viaggiante, attrazionisti, luna park e parchi di divertimento, oggi anche parchi acquatici e parchi avventura; il teatro di figura, burattinai, pupi, ombre e marionette; il teatro e l’arte di strada, comprensivo dei cantastorie di tradizione e di rinnovamento; i maghi; i madonnari; passando per quel fenomeno largamente maggioritario durante il pellegrinaggio per numero di partecipanti, formato da bande, majorettes e sbandieratori; i gruppi folcloristici, da evidenziare per la quantità e per la qualità di offerta ad altissimo livello; fino al mondo – limitato nel numero ma strepitoso nella sostanza – della musica meccanica, proprietari e amatori di organetti, pianole e quant’altro; per finire con tutte le relative imprese costruttrici.
Come esce il circo da tutto questo?
Il circo italiano esce in una veste freschissima e giovanissima, dopo che aveva dato un assaggio di questo Dna che pulsa nel suo corpo, in occasione della manifestazione davanti a Montecitorio.
Può spiegarci meglio cosa intende?
Mi occupo di sport da quando sono nato, ho dimestichezza col mondo giovanile e avverto anche nelle mie costanti visite nei circhi una consonanza di vedute e un rapporto di sincero e reciproco affetto con i giovani. E i giovani del circo a Roma sono stati strepitosi in qualità e numero. Sto parlando di un vigore, di una bellezza, di un giovanilismo e di una freschezza che oggi sono estranei a qualsiasi altra branchia dello spettacolo.
E invece fra le fila dei veterani cosa è avvenuto?
Mi piace sottolineare la saggezza dimostrata dai grandi “senatori a vita” del circo, Egidio Palmiri e Liana Orfei, che non hanno esitato a valorizzare la professionalità delle giovani generazioni, senza porsi direttamente alla ribalta, ma felici di lanciare chi nei vari ruoli sta continuando nei fatti e nella qualità il loro lavoro. Mi piace anche ricordare un comportamento che ho visto alla udienza e che è sintomatico: Davio Casartelli ha lasciato il posto in prima fila, davanti al Papa, a Urs Pilz.
Veniamo allo spettacolo davanti al Papa, che ha messo in evidenza una ricchezza e varietà enormi ma che forse non ha potuto comprendere tutti.
Sono oltremodo soddisfatto che chi si è esibito o comunque ha avuto la possibilità di trovarsi al cospetto del Papa, abbia riflettuto in modo eccezionalmente emblematico le considerazioni che ho fatto in precedenza a proposito della coralità dello spettacolo viaggiante e della freschezza e vitalità dei giovani.
Sono felice che si sia esibita dinnanzi al Papa l’Accademia d’Arte Circense. Trattandosi di una manifestazione mondiale, qualcuno avrebbe potuto immaginare che una opportunità di quel livello e prestigio potesse essere offerta anche al Ringling, al Cirque du Soleil o ad altri storici complessi europei, ad esempio, ma le autorità vaticane hanno sposato la mia proposta di chiamare invece l’Accademia, proposta che premia una grande istituzione creata da italiani, dall’Ente Nazionale Circhi e dal suo storico presidente Palmiri.
L’Accademia è anche uno spaccato delle rappresentanze del circo non solo italiano ma internazionale.
Infatti gli allievi dell’Accademia ricomprendono figli di direttori di circhi, di artisti, di maestranze, oltre a ragazzi appartenenti a famiglie estranee al circo, cittadini italiani e stranieri senza marchi e senza connotazioni.
Davanti al Papa si è anche esibita una autorità indiscussa come il maestro Mimmo Cuticchio.
Sono particolarmente felice anche di questo e soprattutto del fatto che tutto ciò che non era circo sia stato eccezionalmente sintetizzato nella famiglia di Mimmo Cuticchio, mio immenso amico, la cui performance ha costituito il momento religiosamente, eticamente e liricamente più alto delle due giornate. La sua testimonianza di “neocrociato” e il suo messaggio circa l’esigenza di pace invocata per i ragazzi palestinesi e israeliani, è stata magnifica e mi sembra abbia commosso anche il Pontefice.
E poi ci sono state le due star che hanno rubato la scena a tutti, i leoncini tanto apprezzati dal Santo Padre.
L’omaggio dei due lenocini ha visto protagonisti una antichissima famiglia del circo italiano, i Bizzarro, e in particolare la giovane Elisabetta, e un altrettanto giovane professionista attratto nel mondo del circo, Manuel Farina. I lunghi minuti che hanno visto il Sommo Pontefice letteralmente trastullarsi, in altre parole divertirsi e giocare con i cuccioli, resterà scolpito nella memoria dei circensi di tutto il mondo così come negli archivi di tutti i media internazionali.
Il circo italiano dopo l’1 dicembre assume un ruolo diverso anche sulla scena internazionale?
Direi di sì. Ho partecipato, anche in veste di padrone di casa, ai lavori del consiglio direttivo dell’European Circus Association che si sono svolti a Roma il 2 dicembre (presso il Circolo Canottieri Lazio) ed ho avuto un colloquio con Urs Pilz, che è presidente Eca, presidente della Federazione Mondiale del Circo e direttore artistico del Festival internazionale del Circo di Monte-Carlo. Pilz mi ha chiesto che il circo italiano, attraverso l’Enc, anche grazie alla vicinanza con la chiesa e il mondo cattolico, assuma maggiori responsabilità internazionali nel mettersi a servizio dell’intero movimento mondiale circense, soprattutto sul tema della battaglia sulla questione animalista che viene condotta quotidianamente a livello planetario.
Torniamo al pellegrinaggio: che cosa l’ha condotta a pensare, proporre e poi realizzare in prima persona un evento di questa portata?
Come non sfugge a nessuno, non sfuggiva nemmeno a me fin dalle prime settimane in cui ho assunto la presidenza dell’Ente, la preoccupazione e pure una certa angoscia nel constatare una situazione particolarmente disagiata e disagevole nella quale viene esercitata questa nobilissima professione nel nostro Paese, e quindi ero da subito alla ricerca di qualche idea che potesse provocare una inversione di tendenza. Poi si è verificata nella mia esistenza una circostanza imprevista e inimmaginabile, che da quel momento costituisce per me faro e bussola, che mi ha fatto ritornare anche nei modi e nella determinazione, a molti anni indietro, allo spirito di combattente per il quale mi ritrovai immortalato in una foto qualche giorno dopo un derby Roma-Lazio, con il titolo emblematico “Teppisti in azione”.
E dunque cosa è scattato?
Sono andato a ricordare un coro che con i miei confratelli biancocelesti della Curva Nord intonavo in quegli anni, purtroppo lontani, sulle note ahimè dissacrate della celeberrima canzone di Frank Sinatra, My Way.
Che diceva?
“Lo sai, dicono che l’amor per te mi fa teppista, farò in modo che la faccia mia non sia più vista, andrò dove il mio cuor mi porterà senza paura, farò quel che potrò per la mia Lazio”. E, oggi direi, per il mio circo.
Da questo punto di vista non ho dubbi con me stesso: combatto per vincere oppure per cercar “la bella morte”, senza compromessi o, peggio, senza tradimenti di quella che considero la mia gente.
Cosa pensa del sostegno che il circo italiano le ha fornito in questo che, giudicato a posteriori, si è rivelato un avvenimento epocale?
Sono perfettamente al corrente circa coloro che hanno vogato a favore, circa coloro che hanno tirato i remi in barca, circa coloro che più o meno esplicitamente hanno vogato contro. Ricordo, citando ancora la mia amata squadra del cuore, che al termine di un clamoroso ed imprevisto successo la Curva Nord espose un emblematico striscione che recava scritto: “Gufi gufi marameo, tutti giù dal Colosseo”. Fuori dagli schemi e dagli scherzi, ritengo che ognuno di noi abbia uno specchio nel quale confrontarsi, senza possibilità di inganno, con la propria coscienza. A quell’appuntamento si ritroverà prima o poi chi c’era e chi non c’era a Roma, chi ha potuto e chi ha voluto, chi obiettivamente non ha potuto e chi deliberatamente non ha voluto. Tutto il resto, per dirla alla Califano, è noia, e per quel che mi concerne non tornerò sull’argomento. Ringrazio tutti, indistintamente, con tre diverse citazioni…
Cominciamo dalla prima.
Una personale per Nevio Errani, anche quale membro del consiglio direttivo dell’Enc, che mi ha coadiuvato h 24, come si suol dire…
E poi?
Una per quello che ho chiamato affettuosamente il “commandos” e che non cito nei valorosi componenti perché è formato da gente che bada al sodo senza libidine di ribalta. E una personalissima per due under 18, Giovannino Ardizzone e Riccardo Orfei (figlio di Cristina), perché per quello che ne so io, sono gli unici due laziali del circo italiano oltre a me.
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