Cosa riferire all’ENC? Della passeggiata promozionale di un elefante o delle tipografie che non si pagano?
In un momento in cui tutti quanti si divertono a dare addosso al circo, nobile arte e prestigiosa forma di spettacolo in Italia purtroppo relegata nelle serie inferiori, noto con piacere che finalmente qualcosa si sta muovendo. Qualcuno si è reso conto che quanto avevo detto più volte, esattamente dal 2008 al 2010, alle assemblee Cadec in quel di Latina, non erano elucubrazioni e nemmeno voglia di criticare i di polemizzare. Erano e rimangono modi, invece, per provare a capire cosa in Italia non funziona nel circo e perché, a differenza delle nazioni più evolute, nel belpaese spesso ci si vergogna di apprezzare mondo e spettacolo circensi. Non avete mai detto, a chi vi chiedeva, di andare al circo per accompagnare i bambini? Avete mai detto a fronte alta: “vado al circo perché mi piace e perché è uno spettacolo di serie A”.
Purtroppo io vivo all’estrema periferia dell’Italia e nella mia Sicilia posso solo dare una mano ai circhi che passano, se me lo chiedono, e scrivere articoli, con tanto di foto, per Circo.it. Il resto rimangono pie intenzioni, progetti, sogni, percorsi comunicativi ma idee molto chiare.
Ma cosa c’entra il titolo usato per questa riflessione? Mi è balzato in mente dopo avere scritto le mie riflessioni su circusfans.net e letto quelle, in un primo momento di segno opposto, di Flavio Michi su amicidelcirco.net. Io ha provato a spiegare cosa è accaduto a Mascalcia rifacendomi alle grandi parate che nelle grandi città europee e statunitensi facevano fino a un paio di anni fa e credo facciano ancora. Dall’altro lato, invece, un altro amante del circo che si inviperisce e che vuole riportare gli incresciosi fatti all’ENC. Non vi sembra un modo diverso di amare il circo? Gagi tutti e due ma uno che prova a scrivere, in assoluta libertà, per tutelare l’immagine del circo e dei circensi; l’altro che invece, da ingranaggio dell’establishment, fa paventare eventuali provvedimenti per un episodio poco velatamente condannato.
Sia chiara una cosa. Se scrivo queste cose, e le scrivo su spazi utilizzati dagli appassionati di circo (mai le direi in tv), è perché amo questa forma di spettacolo e perchè mai ancora sono riuscito a trovare qualcuno, molto più preparato di me anche come conoscenze specifiche, che mi spieghi perché mai l’immagine del circo sia diventata questa nonostante in Italia abbiamo eccezionali artisti che magari operano costantemente in piccoli complessi ma che poi riescono a trovare ingaggi all’estero. E proprio fuori dai confini italiani, i circhi continuano a fare sold-out anche con i nostri numeri. Il tedesco Krone, ad esempio, ha chiuso la stagione estiva a novembre scorso con una media di circa 3000 spettatori per ogni esibizione. Grosse cifre anche per lo svizzero Knie, per il francese d’Hiver e per tantissimi circhi di Natale in Germania e nel nord-europa. Tradizioni e forma mentis che, in Italia, sono state dimenticate o soppresse nonostante proprio un italiano, Antonio Franconi, sia il pioniere del circo equestre moderno. Ed a proposito di mentalità, ricordo un altro episodio che fa evidenziare quanto il nostro Paese sia distante dal resto dell’Europa.
Piero Messana
A volte possono esserci diverse sensibilità fra questa schiera di amici, diversi modi di intendere la presenza del circo, di valutarne le attività, eccetera, ma tutto ciò è normale ed io sono sempre stato abituato a non drammatizzare troppo e lo stesso invito a fare anche a lei e a chi giustamente si confronta, praticamente ogni giorno, al nostro interno. Un cardinale, davanti alle polemiche interne alla chiesa legate alle diverse sensibilità, ebbe a dire: “Calma, c’è gloria per tutti”.
Il circo italiano oggi più che mai ha bisogno di essere inclusivo e non esclusivo, di lavorare insieme e in unità per riaffermare la propria storia, arte e cultura dinnanzi a sfide sempre più impegnative e difficili, a partire da quella della presenza degli animali e della disponibilità delle piazze sulle quali poter lavorare. Non perdiamo mai di vista gli obiettivi veri, impariamo a fare squadra attorno alla associazione di categoria dei circhi italiani, che il 22 marzo si riunirà in assemblea generale ed elettiva e porrà le basi per un nuovo e decisivo percorso da compiere. Senza un Ente Nazionale Circhi forte e rappresentativo, il futuro del circo in Italia avrà i giorni contati.
Vengo poi rapidamente alle questioni concrete sollevate, anche se ci sarà modo per confrontarci ancora su di esse, ed io sono sempre a disposizione, tutti sapete dove trovarmi e a quali numeri chiamarmi.
Quella della comunicazione è certamente una delle priorità principali per il circo oggi. Ma comunicazione significa molte cose insieme: non solo la capacità di replicare agli attacchi che escono sugli organi di informazione, ma anche serietà e credibilità di ogni persona che si presenta a nome del circo e che si rapporta con enti, istituzioni, pubblico, eccetera. Significa saper proporre eventi significativi (e la manifestazione a Montecitorio e, soprattutto, il pellegrinaggio in Vaticano lo sono indiscutibilmente stati), allacciare relazioni con personalità e testimonial, significa legare il nome del circo alla cultura e all’arte, significa veicolare sui diversi organi di informazione del nostro settore notizie utili al bene del circo, evitando magari di amplificare informazioni replicate acriticamente dai media, soprattutto laddove non corrispondenti al vero e diffuse come “esche” per trarre in inganno …
A proposito di notizie “assorbite” dai giornali nazionali e locali, arriviamo al caso della passeggiata dell’elefante a Mascalucia (CT), a mio parere una tempesta in un bicchier d’acqua. Lo stesso Comune ha spiegato di averla autorizzata “come si è sempre fatto negli anni passati”. La parata rimane un elemento costitutivo del passaggio dei circhi, e questo ovviamente non solo in Italia, come insegna il caso principe, cioè Ringling negli Stati Uniti. Chi si straccia le vesti per simili episodi, e mi riferisco ai soliti esagitati animalisti, ha solo perso – nel migliore dei casi – il senso della misura, e nel peggiore esprime una faziosità che si giudica da sola. Anche dal punto di vista etologico, l’elefante non è un animale aggressivo (se non i maschi in amore e in casi particolari), e in natura compie lunghi spostamenti ogni giorno e quindi il suo nemico è l’immobilità e non il movimento, ed ecco perché gli animalisti (se capissero di animali e se non si ritenessero gli arbitri in terra del bene e del male) dovrebbero favorire fenomeni come quelli che invece criticano (vedi Mascalucia) e che molti anni fa erano normali e ricorrenti nei circhi italiani, dove gli elefanti arrivavano sulle principali piazze camminando nell’ultimo tratto.
Rientra nella stessa fattispecie il caso sollevato dalle Iene e al quale a mio parere non si sarebbe dovuta dare la minima attenzione, ovviamente non per fare i censori (oggi, grazie a internet, la censura non ha più senso d’esistere) ma perché ha ingigantito l’ovvio. Qual è la notizia, che oggi in Italia ci sono delle aziende in sofferenza? Un tipografo che avanza 8.000 euro da un’azienda è una news da Pulitzer? Ogni giorno i telegiornali ci dicono che la crisi sta falcidiando le imprese, che almeno una piccola impresa su due è costretta a rateizzare le retribuzioni ai propri collaboratori, che c’è un boom di protesti e sofferenze bancarie, per non parlare di migliaia di aziende che chiudono e di milioni di disoccupati. Direi che stavolta le Iene hanno dato prova di scarsa attenzione alla realtà e con quel servizio infelice non hanno certo brillato, come invece spesso fanno, andando a scovare storie autenticamente esplosive. La vera notizia avrebbe dovuto essere un’altra: un circo che ogni giorno che Dio manda in terra dà lavoro a circa 150 persone, nonostante la crisi.
Antonio Buccioni, presidente Enc