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Il più grande showman

di Raffaele De Ritis

Il primo che se ne accorse fu il grande Gianni Mura. In una serata d’Aprile del 1974, il leggendario cronista fu mandato dal Corriere a scoprire la novità delle «auto acrobatiche», nel piazzale di San Siro. A Mura colpì che molto dello spettacolo (la troupe era interamente francese) era dovuto al carisma dello sconosciuto presentatore con la giacca di lustrini, su cui volle informarsi («il regista è un italiano, Holer Togni: va in pista e spiega ciò che succederà»).
Showman è colui la cui natura e tenacia fanno in modo che qualunque cosa tocchi o dica, diventi lustrini, scintille, azzardo, follia. E questo era Holer, una delle più carismatiche e talentuose figure che il circo italiano abbia mai dato. Certamente l’unico ad aver incarnato la mitologia del supereroe: l’uomo normale che quando riveste per un attimo una tuta può sconfiggere la paura e far sperare il resto dell’umanità. Lo showman è poi quello che ha la necessità continua di trasformare i propri sogni in realtà per regalarli agli altri. Se Holer faceva il cavallerizzo, non si limitava ad un semplice numero da circo: andava al bar a cavallo, e legava il proprio destriero all’ingresso, come nei film. Per il più grande showman tutto deve sconfinare oltre lo spazio della scena.
Holer Togni, a suo modo, è stato un nostro Barnum. Scomparso dopo una malattia a Milano il 30 Ottobre scorso, era nato nel 1946, dal padre Wioris e da Liliana Casartelli.

Tutte le immagini che seguono appartengono al Centro Educativo di Documentazione Arti Circensi di Verona,
per gentile concessione del quale vengono pubblicate.

All’indomani della guerra, la tribù Togni si apprestava a riorganizzarsi in tre grandi blocchi. Wioris sarà l’artefice di un progetto fortemente innovativo: il circo «Darix Togni», primo in Italia basato sulla costruzione di un personaggio. I figli di Wioris, Holer e Divier, assorbono il lavoro di squadra, umile, di supporto e costruzione di una vedette (lo zio Darix, il domatore). Holer passa i primi anni in collegio a Roma: gli resteranno la passione per l’eloquio, la voracità per la lettura, il distacco dalla logica a volte chiusa del circo, e la bruciante curiosità di uno straordinario autodidatta. Erano del resto le doti di Wioris, che trasmette ai figli il gusto per la musica, per il cinema oltre che il virus della creatività. Al circo, Holer debutta con un duo acrobatico eccentrico con Divier (e poi con Pino Medini), fa il trapezista, e sempre con Divier dà vita a un elegantissimo duo di alta scuola equestre. Poi prende il microfono all’occasione, si appassiona alla parte pubblicitaria e sviluppa un istinto per le più complesse soluzioni tecniche. Alla fine degli anni ’60, l’equilibrio familiare del circo Darix Togni inizia a vacillare. Si pensa gradualmente di valutare strade diverse per le famiglie di Darix, Wioris e delle sorelle Wanet, Leda e Dolly.

Wioris accetta una proposta di società da Pascal Bizzarro, circense divenuto da tempo stuntman, all’epoca tra gli animatori della compagnia tedesca «Canadian Hell Drivers»: è una forma di spettacolo inedita in Italia, ma già diffusa in Francia e Germania, basata sulle acrobazie automobilistiche. Nel Maggio del 1970, Holer e Divier ne organizzano due tappe italiane a Roma e a Milano, con un cast di sette piloti. Per sfortune organizzative l’esperienza è disastrosa (spettacoli interrotti in entrambe le città), ma l’interesse del pubblico si rivela forte. I Togni decidono così di mettersi in proprio, scritturando una compagnia francese, il team Bataille. Il successo è immenso.

Sono i tempi dei film polizieschi, ma anche quelli in cui negli anni di piombo si ha forse bisogno di esorcizzare la violenza quotidiana attraverso l’innocenza di uno spettacolo pur così estremo da mettere in scena e sconfiggere la morte. Holer inizia a dare una forma allo spettacolo, organizzandolo in una regia di emozioni sulla base dell’esperienza circense e dando ad esso empatia umana; Divier è una forza organizzativa inarrestabile, cercando di ottenere piazze, sponsor, attenzione per una forma ancora nuova. Il titolo scelto è quello di «Stunt Cars». Nel frattempo Holer sposa nel 1972 l’acrobata antipodista austriaca Ilke Hridina «Rosini», da cui avrà due figlie, Ledya e Yester.

Come in ogni leggenda del circo, è una casualità a tracciare la strada. Nel 1975, in seguito a disaccordi, termina il rapporto con il team francese. Saranno così i Togni ad improvvisarsi piloti riuscendo a ricreare da soli lo spettacolo. E rapidamente accade qualcosa di magico: il carisma di Holer domina in pista sulla troupe, tanto che in breve saranno il suo nome e la sua effigie a essere pubblicizzati. L’energia e l’intuizione del fratello Divier saranno decisive nello spingere la costruzione di una superstar, proprio come era successo tra Wioris e Darix.
Il circo ha sempre avuto bisogno di eroi, ma anche di umanità. Holer Togni prendeva per mano ogni sera una platea di migliaia di persone, trascinava chiunque nel suo mondo, mostrando che tutto poteva essere possibile. Adulti, bambini, anziani, tornavano a casa con un autografo, ma soprattutto con la consapevolezza che passione, sangue freddo e fantasia possono aiutarci nelle sfide di tutti i giorni. Holer supereroe era in realtà uno di noi: genialmente, regalava l’impossibile non con i bolidi da Formula 1, ma con le utilitarie in cui la vita di chiunque poteva identificarsi.

Da mattatore si dà in pasto alla stampa, improvvisa, spiazza, crea l’attesa per imprese sempre più impossibili: ma sempre con la grazia dell’umiltà e del sangue freddo. L’artista di circo, anche il più estremo, è generalmente prevedibile: si sa che dovrà lanciarsi da un cannone o saltare sul filo. E in genere comunica le emozioni solo col silenzio delle sue azioni. Holer era invece due ore di racconto, coinvolgimento, attese mozzafiato: se si dovesse trovare un precedente storico, si può pensare solo al leggendario Houdini.

Al pari del re dell’evasione, Holer non temeva di contemplare in un crescendo il rischio del fallimento mortale, non facendo che accrescere il proprio mito. Come quando negli anni ’90 alzò la posta del gioco passando dalle macchine ai camion: non contento di un Guinness dei Primati, tentò senza riuscirci (e con gravi conseguenze) l’impossibile di saltare con un tir tra due rampe.
Fino agli anni ’80, le attività itineranti dello «Stunt Cars» si alternano a progetti invernali di circo con la famiglia. Poi, il successo porta Holer a dedicarsi a sempre più importanti progetti speciali in tutta Europa, con le massime firme dell’industria automobilistica e dei trasporti.

Le tournée di Holer, sempre condivise con il preziosissimo supporto di moglie e figlie, si fermano nel 2005. Nel frattempo il suo successo ha creato un genere, ispirando numerose famiglie circensi. Come per molti giganti della scena, Holer nella vita privata conservava una specie di timidezza elegante, che però non gli impediva di creare e mantenere relazioni importanti, umane e professionali. Lo sguardo sembrava portarlo sempre lontano, spesso in silenzi insondabili, ma che in un attimo potevano far scaturire fulmini geniali. Amava sempre il circo, pur avendone compreso con lucidità certe inadeguatezze. Ne adorava la storia, ricordando alla follia dettagli infinitesimali con una memoria prodigiosa; ne apprezzava le innovazioni senza pregiudizi, così come con sincerità sapeva criticare gli anacronismi del mondo circense. Chi ha conosciuto Holer Togni é stato ispirato anche dalla profonda onestà e coerenza, contro ogni ipocrisia.
Con Holer Togni se ne va non solo «the greatest showman», ma anche uno degli ultimi aristocratici del circo.

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