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Il messaggio di Don Dino: aprite le porte alla “gente del viaggio”

Don Dino aveva raccontato come aveva conosciuto il mondo delle carovane: «Ricordo quel pomeriggio del lontano marzo 1931.

Don Dino con Giovanni Paolo II

Alcuni ragazzi dell’oratorio Don Bosco in San Rocco, mi vennero a chiamare: “Don Dino, là al Mercato c’è una carovana, c’è gente che piange, una donna sta per morire”. Corsi, senza a nulla pensare, soltanto preoccupato di portare i conforti religiosi a quella creatura morente. Fui accolto con tanta cordialità e riconoscenza. Ricordo quel funerale che fu di edificazione a tutta la Parrocchia di S. Pietro. Quell’episodio – senza accorgermi – segnava una svolta nella mia vita. Poche settimane dopo, ritornai al Mercato Vecchio, quasi sospinto da una forza misteriosa. Due Carovane e una piccola arena all’aperto, sostituivano la carovana già partita per altro destino. Guardavo incuriosito: una donna che stava lavando i panni, s’accorse che cercavo… qualcosa. “Padre, venga: siamo cristiani anche noi”. Era la signora Caroli Semiramide madre dei valenti equilibristi e ginnasti, che molti anni dopo avrebbe finita la sua lunga vita a Scandicci in serenità.
Quel qualche cosa di misterioso che era entrato in me e forse anche nei miei amici, non si spegneva»
… «Fu una rivoluzione per la mia anima. Incominciai a fare conoscenza con le varie famiglie: scoprivo un nuovo mondo di gente cordiale e amica»
Mi ha colpito in modo particolare questa espressione: «Conservo la fotografia che mi ricorda volti e nomi vari di quei tempi lontani e che affolla la mia anima sacerdotale di tanti episodi della mia vita randagia, libera e felice tra i “donatori di gioia” al popolo» (In Cammino, Febbraio 1976).
Don Dino è stato davvero un animo “libero” nella molteplicità delle sue intuizioni che per molti aspetti hanno precorso i tempi.

Don Dino giovane seminarista

Don Dino Torreggiani nacque a Masone vicino a Reggio Emilia, il 7 settembre 1905 da una famiglia semplice. Il papà e la mamma Caterina erano ambedue vedovi risposati, avevano dieci figli a cui si era aggiunta Rosa, una trovatella accolta come una vera figlia.
Nell’inverno, la famiglia Torreggiani ospitava sotto il portico una carovana di zingari: la convivenza non creava problemi e capitava spesso che si ritrovassero tutti insieme alla stessa tavola.
L’11 giugno 1914, un cugino del padre, dopo una violenta discussione uccide il parroco di cui è contadino e questo fatto sconvolge la famiglia; mamma Caterina, fortemente turbata ma lucida, dice al piccolo Dino: “Tu prenderai il suo posto: sarai sacerdote!”. Quella frase segna una svolta nella sua vita: “Da quel giorno, non ebbi più alcun dubbio sulla mia vocazione: le circostanze della vita sono le ancelle della volontà di Dio“.

Il sacerdote della gente del viaggio all'Eur di Roma

Per decenni il mondo inesplorato di sinti e rom, di nomadi, di giostrai e di circensi, diventa come la sua nuova famiglia amata. E a chi gli rimprovera la sua amicizia con i ladri di galline, don Dino rispondeva: “Quando arrivano gli zingari, chiudete i pollai e aprite il cuore“.
Nel ’58, fondò l’OASNI (Opera per l’Assistenza Spirituale ai Nomadi in Italia). Don Dino ne è stato l’ispiratore e il promotore ed anche il primo direttore nazionale, di nomina pontificia. L’importanza dell’opera e della missione di don Dino tra i viaggianti viene riconosciuta anche dall’Autorità civile che gli riconosce una tessera gratuita e permanente sulle Ferrovie dello Stato. L’OASNI venticinque anni fa confluisce nella MIGRANTES della CEI, con l’ufficio nazionale pastorale per fieranti e circensi (ed il corrispondente per i Sinti e Rom), per lungo tempo affidato ad un Servo della Chiesa, l’Istituto Secolare che don Dino aveva fondato.

Don Torreggiani celebra messa alla Casa di riposo di Scandicci

Ai Servi della Chiesa aveva affidato alcune opere a favore della categoria come “Villa Maria” a Treviso, oggi chiusa, che per anni ha accolto i ragazzi e i giovani del circo e dello spettacolo viaggiante accompagnandoli nel loro percorso scolastico reso difficile dai continui spostamenti, e la Casa Riposo di Scandicci che oggi porta il suo nome, capace di creare un clima familiare per gli anziani che non hanno più la possibilità di seguire i propri familiari in carovana.
L’altra grande intuizione di don Dino è stata la rivista In Cammino, iniziata nel 1951. All’inizio aveva la forma di un semplice foglio, poi come allegato della rivista Parrocchia, poi con la dignità di una vera e propria rivista che ha informato e fatto da archivio storico delle famiglie viaggianti in questi sessant’anni. Ormai anche questa avviata alla chiusura.

L'ultimo viaggio di don Dino in Spagna

Don Dino muore a Palencia il 27 settembre 1983 colto da una crisi cardiaca. Era andato in Spagna nonostante la salute malferma per seguire il suo istinto apostolico e per seguire la fondazione dell’Istituto dei Servi della Chiesa (Don José Aumente, un suo figlio spirituale, e membro dei Servi della Chiesa, è oggi il responsabile nazionale della pastorale del circo e delle fiere in Spagna).

don José Aumente

I suoi funerali sono stati celebrati a Reggio Emilia il 4 ottobre, contornato dai poveri, i Sinti, gli scarcerati, i circensi, i “signori dello Spettacolo Viaggiante” per cui è stato il padre che li ha sempre amati.
Don Dino ha amato profondamente la Gente del Viaggio e ne è testimonianza un suo scritto del 1969 (In Cammino, Gennaio 1969): “…Se quest’oggi è arrivato un Circo, o un Luna-Park nella mia parrocchia, debbo credere che è il Signore che manda alla mia Comunità e a me in particolare questa nuova famiglia, che il Suo amore paterno ha riunito e oggi fa sostare fra le case della mia Parrocchia. Perché! Il suo piano di amore esige che le ricchezze di fede e di grazia che lo Spirito Santo ha riversato in ogni anima della mia comunità sia partecipata a questi nuovi fratelli, che lo stesso battesimo, che la stessa fede unisce intimamente a noi. Sicuramente, anch’essi sono apportatori di grazia che non sarebbe mai arrivata ad arricchire la mia famiglia parrocchiale se la Provvidenza non li avesse qui fatto sostare”.
Don Dino vede la Gente del Viaggio come un dono di Dio e della sua Provvidenza, non tanto per lo spettacolo e la gioia che riescono a comunicare, ma per la fede che possono testimoniare e comunicare. “E’ entrato Gesù nella nostra Parrocchia, fra le nostre case”… “E’ proprio vero che Egli è arrivato, è apparso e sosta in mezzo a noi”. Don Dino è anche molto realista e sa – quarant’anni fa la situazione era assai diversa da oggi – che i bisogni di chi viaggia potrebbero essere tanti, ma anche con un carattere difficile: “Sono fratelli bisognosi nell’anima e nel corpo; fratelli diffidenti perché forse mai, nel loro lungo pellegrinare, hanno sentito il calore di una comunità cristiana, forse mai si sono sentiti dei «privilegiati» nella famiglia dei figli di Dio”.

I funerali di Don Dino hanno richiamato una folla enorme

Si sente, dalle sue parole, come fosse difficile il rapporto tra la Gente del Viaggio e la Chiesa. Per questo ha girato dal nord al sud per stimolare le chiese locali e cercare pastori disponibili ad accogliere questo mondo in cammino. Don Dino sa come sia provvidenziale per la Chiesa l’incontro e la conoscenza di questa gente che vivendo perennemente in viaggio ha conservato e sviluppato valori diversi rispetto alla società dei fermi: “E con me avranno i miei fratelli i loro fratelli. La luce delle loro testimonianze di fede, che fa ad essi vedere Dio arrivato fra noi nella persona di questi «fratelli nomadi», sarà per loro il nuovo incontro con Dio, incontro che sempre si rinnova in ogni sosta fra una comunità di fratelli”.

Il testo della preghiera per i circhi

Traspare, nello scritto di don Dino, tutto l’affetto per la Chiesa e per il mondo viaggiante; vede una chiesa viva e gioiosa capace di comunione e di rapporti fraterni, preti generosi che sanno riconoscere quel Gesù che quando viaggiava per le strade della Palestina diceva di non avere né un nido, né una tana come gli uccelli e le volpi ma neppure una pietra su cui posare il capo.
“E quando partiranno li andremo a salutare e ad abbracciare. Li ringrazieremo per il dono della loro sosta che è stata per loro occasione di vivere la gioia che anima la nostra comunità e per noi motivo di nuova luce, di nuovo amore per Lui, l’Eterno viandante che soltanto sosta nella casa del Padre per attenderci nell’Eternità!”.
Queste parole potrebbero servire alla Chiesa, ancora oggi, per riflettere sul senso di questo speciale servizio pastorale.
Luciano Cantini

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