di Maria Vittoria Vittori *
Fa un certo effetto constatare come i meccanismi della contemporaneità non possano fare a meno di ispirarsi a richiami antichissimi: ne è divertente e istruttivo esempio il lancio editoriale di Il circo della notte, di Erin Morgenstern (Rizzoli 2012, pp. 460, euro 18,50). Modellato su quel “Venghino siori venghino, questa sera grande spettacolo” che un tempo risuonava nelle piazze lastricate un allettante invito a scoprire “l’incanto del Tendone delle Favole” si disegna ora sulla piazza virtuale di un sito internet.
Più che un libro, Il circo della notte si potrebbe definire un autentico prodotto multimediale (anzi crossmediale come l’ha definito qualche blogger) abilmente congegnato ad uso e consumo non solo dei lettori ma anche degli spettatori e dei cosiddetti digitali nativi: i fili della trama romanzesca risultano infatti strettamente connessi alle loro diramazioni spettacolari e multimediali al punto che è molto difficile capire dove finisce l’ispirazione e dove inizia l’astuzia del marketing.
Fortunatissima opera prima di una trentatreenne scrittrice e artista multimediale del Massachusetts, il romanzo ha suscitato fin dalla sua comparsa interesse e fermento nel mondo editoriale, ulteriormente accresciuti dall’acquisto dei diritti da parte della Summit Entertainment, casa di produzione di Twilight; ed è utile sapere che nel progetto di adattamento cinematografico è stato coinvolto anche il produttore esecutivo di Harry Potter. Con l’apporto di due padrini di battesimo così autorevoli sul piano della notorietà e dell’incasso, il libro è decollato finendo per diventare il caso editoriale dell’anno. Ma com’è fatto questo caso editoriale? Fin dalle prime pagine, come in un gioco virtuale, il lettore è invitato ad entrare nell’azione. Uno strano circo è arrivato in città, inaspettato, con stilizzati tendoni a strisce bianche e nere, un lieve sentore di caramello, l’evocativa insegna di “le Cirque des Rêves”, cancelli che si spalancano al tramonto: è il momento di varcare la soglia, suggerisce una vocina interna alla narrazione. Subito dopo si viene scaraventati in un mondo parallelo in bilico tra realtà e magia, in cui i protagonisti, Prospero l’Incantatore (forse per ricordare ai più disattenti che gli esseri umani, come voleva Shakespeare, sono fatti della medesima sostanza dei sogni) e il misterioso Mr. A. H., sono due maghi che hanno istruito e preparato i loro allievi – Prospero la figlia Celia, Mr. A. H. un trovatello di nome Marco – alla sfida suprema: quella che decreterà il trionfo di uno di loro e la morte per l’altro.
Teatro di questa sfida sarà il circo della notte, una sorta di enorme scacchiera magica in cui, tra giocolieri contorsionisti e acrobati, ognuno farà la sua mossa, creando nuove fantastiche illusioni – l’Albero dei desideri, la Giostra – e dando forma a inediti territori incantati come il Labirinto e il Giardino di Ghiaccio. Tutto questo mentre il tempo continua a scorrere – in sincopate sequenze che vanno dal 1886 all’ingresso nel nuovo secolo – e nella tournée del circo i luoghi si avvicendano, da Londra a Il Cairo, da Dublino a New York, da Montreal a Parigi. E intanto la fama del suggestivo circo si estende, provocando la nascita di una nuova categoria di persone che della sua cifra onirica fanno la loro esclusiva ragione di vita: sono i reveurs, riconoscibili per una fiammante sciarpa rossa indossata, come insegna, su vestiti rigorosamente in bianco e nero. La storia già intricata si complica ulteriormente quando entra in gioco l’amore: l’Harry Potter/Marco si innamora di Hermione ovvero Celia, ma il Voldemort contro cui devono combattere non è un mostro esterno bensì la loro stessa sfida che li imprigiona e li minaccia in quanto esige un solo vincitore. Ma sarà proprio il circo della notte ad offrire un’imprevista via d’uscita, questo circo di cui il lettore avrà fatto nel frattempo ampia esperienza proseguendo nell’esplorazione e imbattendosi di volta in volta in una sua nuova attrazione.
Ecco, un intreccio così strutturato, prima ancora di diventare soggetto filmico – è stato scritto con sfoggio di strabilianti scenografie e sequenze che sembrano già sceneggiate – si presta perfettamente all’interazione multimediale. E dunque, prestando ascolto al millenario richiamo dell’imbonitore espresso stavolta in forma tecnologica, si va sul sito dedicato per accedere al mondo del circo della notte. Benedette dal marketing editoriale e da quel magico trinomio Twitter Youtube Facebook che spalanca le porte della community, s’avvicendano le attrazioni virtuali: l’indovina Isobel che legge i tarocchi su Twitter, i cinque video blogger del “circo della notte” presentati come freschissime reincarnazioni dei reveurs del libro: c’è chi propone il trucco da sexy streghetta, chi si occupa del look, chi ti intrattiene con uno sketch sulla “febbre del circo di sera”, chi intervalla la recensione con gag e trucchetti di magia, e non manca l’esperta di cucina che t’insegna a preparare il topino di cupcake, delizia ricorrente nel romanzo. Che dire? L’elevato numero di contatti e di visualizzazioni sta a testimoniare il successo dell’esperimento e, del resto, è indubbiamente positivo l’interesse nei confronti dell’universo circense che tali proposte possono suscitare, però forse occorrerebbe ricordare – e soprattutto ai nativi digitali che di Internet sanno tutto ma del circo poco o niente – che la magia di questa forma di spettacolo è una magia davvero molto particolare che per realizzarsi ha bisogno di persone e di cose concretissime, di colori suoni odori e sapori veri: vale la pena di provarla dal vivo.
* Pubblicato sulla rivista Circo, aprile 2012.