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Il circo del futuro è con gli animali: doccia fredda per il garante dei diritti degli animali del Piemonte

Strano convegno quello promosso ieri dal Consiglio regionale del Piemonte attraverso l’ufficio del Garante dei diritti degli animali. Perché il titolo era ‘Il circo senza animali, il circo del futuro’, ma i relatori più qualificati hanno sostenuto esattamente l’opposto: anche il cosiddetto nouveau cirque fa uso di animali, come dimostra ampiamente l’esperienza francese e un esempio su tutti: Zingaro. L’ha ricordato la presidente della Commissione consultiva circo e spettacolo viaggiante presso il Mibact, Valeria Campo, nel suo intervento competente e molto interessante perché ha invitato ad allargare gli orizzonti: “Contrariamente a quanto si pensi il nouveau cirque non ha abolito gli animali. Piuttosto ha portato a nuove estetiche e nuovi modi di lavorare con gli animali che hanno un forte legame e devono molto al circo classico”.
E’ una puntualizzazione che può apparire non determinante e che invece svela molto. Non solo a nostro parere, l’ignoranza e a volte anche la cattiva coscienza, sembrano essersi fatte largo in Italia fra chi ha la pretesa di pontificare e purtroppo anche legiferare in questa materia. Senza conoscere l’abc del circo, né di quello tradizionale e né di quello “nouveau”, ma muovendo solo da pochi e confusi concetti iniettati di ideologia e luoghi comuni.
In Italia esiste il fondato rischio, quanto meno stando al Disegno di legge delega del Governo, che sul circo cada infatti la mannaia del “definitivo superamento dell’utilizzo degli animali”. Tutti gli animali. Nessuno escluso. Nemmeno il circo contemporaneo modello Zingaro potrebbe vivere in Italia. Non stiamo rasentando l’assurdo?
Alessandro Serena è stato il primo a prendere la parola al convegno e la sua è stata una lectio magistralis sul circo, piena di riferimenti storici, aneddoti, fatti, mettendo a frutto una conoscenza approfondita, pubblicazioni e corsi universitari da lui tenuti alla Statale di Milano e tanto altro.

Martin Lacey Junior in una fotografia del © Festival International du Cirque de Monte-Carlo

La sua è stata una argomentazione che ha dimostrato la piena legittimità (anche se la si guarda da un punto di vista estetico/artistico) del circo con gli animali. Lo ha fatto con molti riferimenti al passato e al presente, ha pure mostrato un video nel quale si vede all’opera Martin Lacey coi suoi splendidi leoni, davanti ai quali a nessuno verrebbe nemmeno in mente di associarli al concetto di maltrattamento, ma nemmeno di malessere. A meno di voler parlare di maltrattamento anche per il lupo che San Francesco trasformò da selvatico in “mansueto agnello”, praticamente addomesticato. Il ragionamento di Alessandro Serena è così approdato ad un semplice punto fermo: la scelta non dovrebbe essere fra animali si e animali no, ma sulle condizioni per assicurare il benessere degli animali nei circhi. Ha concluso il suo intervento con l’immagine di Chaplin nella scena finale del celebre Il Circo, quando la carovana riparte e lui resta solo, seduto nella impronta circolare lasciata dal tendone. “Io spero che il circo rimanga”, sono state le parole di Serena.
Si può dire che la totalità degli esperti che hanno preso la parola al convegno (compreso Paolo Stratta), non ha sostenuto la tesi enunciata nel titolo, cioè che il circo senza animali sia il circo del futuro. L’unico a puntare il dito contro il circo con animali è stato il garante per i diritti degli animali, Enrico Moriconi, dal quale ci piacerebbe sapere quale tipo di competenza possa vantare per quanto riguarda gli animali che da generazioni convivono con l’uomo sotto agli chapiteaux. “A Torino è andato in scena un surreale funerale senza il morto (il Circo)”, commenta il presidente Enc Antonio Buccioni. Come ha scritto il Forum Nuovi Circhi (Fnas), “è ovvio che una conferenza che nello stesso titolo includa le parole “circo” e “futuro” non ha alcun senso senza la presenza del circo e del futuro nei suoi rappresentanti. Speriamo che sia ovvio che non si potrà mai fare un convegno sul futuro della medicina senza medici, per esempio”. Puntualizzando poi che “il circo contemporaneo non è un’alternativa, né una cura, né rappresenta il futuro del circo tradizionale con o senza animali. In Francia c’è una letteratura sterminata di studi e ragionamenti sul tema. Oltralpe il titolo della conferenza in questione farebbe rabbrividire qualunque studente di circo entri al primo grado di istruzione del sistema didattico di istruzione circense. È allucinante che ci si ritrovi con rappresentanti delle istituzioni seduti a ragionare di false direzioni, di errori di concetto madornali. Ci ripetiamo, per esser chiari: il circo contemporaneo non è un’alternativa, né una cura, né rappresenta il futuro del circo tradizionale con o senza animali. Per chiarimento si può portare ad esempio qualsiasi altra arte: la Break Dance non è stata e non ha mai rappresentato il futuro della danza classica. Il Punk rock non ha rappresentato il futuro dell’Opera lirica. C’è bisogno di continuare? È banale ridurre la questione in questi termini ma certi ragionamenti possono risultare fuorvianti e innescare errori legiferativi gravissimi per il futuro di tutte le forme di circo”. Fino a sottolineare che “non c’è relazione tra il circo del futuro e quello con gli animali. Compagnie rinomate internazionalmente con estetiche, tecniche e linguaggi d’avanguardia, fiore all’occhiello della produzione europea, attive sia nel campo della danza quanto del circo contemporaneo fanno uso di animali nei loro spettacoli. Le Guetteur (con i suoi lupi e falchi in scena), Baro d’Evel, Zingaro, Equinote e molte altre usano cavalli sotto chapiteau senza che nessuno possa parlare di circo tradizionale né del futuro di quest’ultimo. Ci sono due futuri all’orizzonte, in verità: uno per il circo di tradizione e uno per le nuove forme. Il primo sarà roseo se il problema centrale, quello della creazione artistica e quindi della formazione ed incorporazione di artisti esterni e creativi, sarà risolto. Il secondo sarà roseo se chi organizza le conferenze per sensibilizzare le istituzioni comincerà una buona volta a documentarsi sull’argomento e diverrà capace di centrare i propri ragionamenti e le azioni di sensibilizzazione procedendo da costrutti logici fondati sulla conoscenza della professione che intenderebbe rappresentare”.
Questo significa parlare conoscendo i fondamentali. Che mancano, purtroppo, a certi organizzatori di convegni. Che riescono a parlare di studi scientifici come quelli di Harris (si veda il comunicato-resoconto pubblicato sul sito del Consiglio regionale del Piemonte, link sotto), senza fare parola delle successive prese di posizione del prof. Friend e della dr.ssa Marthe Kiley-Worthington, espresse fra l’altro anche in un convegno che si è tenuto al Senato. Ma sarebbe una tragedia se questa leggerezza culturale pretendesse di normare sui circhi, perché produrrebbe solo danni incalcolabili. Macerie. E c’è da sperare che chi ci governa si affidi ai competenti di circo per legiferare, si guardi intorno, studi il caso francese, legga qualche libro di storia del circo. E ascolti la voce di chi il circo lo vive da generazioni.

I pro e contro di un circo senza animali

Circo senza animali: il convegno del Garante regionale degli Animali