di don Luciano Cantini
La Domenica del Corriere (anno 61, n. 2) del 11 gennaio 1959, dedicava la copertina disegnata dall’indimenticabile Walter Molino all’Udienza che il Santo Padre Giovanni XXIII aveva concesso a Orlando Orfei. “I duecentocinquanta componenti il Circo Orfei sono stati ricevuti in Udienza da Giovani XXIII – recita la didascalia al disegno di copertina – Orlando Orfei teneva fra le braccia un leoncino, Dolly, che il Pontefice ha cautamente accarezzato; cautamente perché la piccola belva, eccitata da tante novità, appariva piuttosto irrequieta.”
A cinquantatré anni di distanza si è ripetuta la medesima scena. Il Circo, all’epoca, accompagnato da Mons. Dino Torreggiani, fu accolto nell’appartamento privato, quest’anno è stata la grandissima Aula Paolo VI che ha accolto oltre ottomila partecipanti, tanto che alcuni gruppi sono rimasti all’esterno.
Parlando con Alberto Orfei, figlio di Orlando, mi raccontava che allora l’Udienza e la copertina della Domenica del Corriere che la racconta, ha dato dignità nuova al Circo. Raccogliendo i racconti delle disavventure dei circensi e lunaparkisti e delle loro difficoltà a relazionarsi con i preti che incontravano, magari per chiedere di poter celebrare un battesimo o una messa, per quella che è stata la mia esperienza personale girando per l’Italia, mi sono sembrate reali e plausibili. D’altra parte, la storia non del tutto positiva delle relazioni tra il mondo ecclesiastico e quello viaggiante è lunga e significativa. Quanti vecchi circolanti si ricordano ancora, e mi hanno confidato, che quando arrivavano in un paese il prete avvisava la gente di non andare a vedere quello spettacolo immorale.
Un anziano una volta mi raccontò che il prete del paese aveva suonato le campane appositamente per radunare il paese e metterlo in guardia: erano ricordi certamente esagerati, ma proprio nell’esagerazione si coglie il senso e la verità delle cose così come venivano intese e comprese dai circolanti.
I pregiudizi sono lunghi a morire e ad essere smontati. Nell’Udienza che Benedetto XVI ha concesso al Circo e allo Spettacolo popolare, il Papa è stato molto esplicito chiedendo alle Amministrazioni pubbliche di impegnarsi “per la tutela della vostra categoria, incoraggiando sia voi sia la società civile a superare ogni pregiudizio e ricercare sempre un buon inserimento nelle realtà locali”.
Il messaggio che il Papa ha lasciato al mondo del Circo è stato profondo e ricco di spunti di riflessione per il futuro della categoria. Mi ha colpito in modo particolare, all’inizio del discorso, quando il Santo Padre ha sottolineato “la capacità di usare il linguaggio particolare e specifico della vostra arte” che “costituiscono proprio una via immediata di comunicazione”. In un tempo in cui la comunicazione si fa difficile, contradditoria, conflittuale, il linguaggio d’arte del circo riesce ad aprire strade di “dialogo con piccoli e grandi, suscitando sentimenti di serenità, di gioia e concordia”.
È stato di spettacolare importanza che il Papa, nel suo discorso chiami il mondo del circo “a testimoniare quei valori che fanno parte della vostra tradizione: l’amore per la famiglia, la premura per i piccoli, l’attenzione ai disabili, la cura dei malati, la valorizzazione degli anziani e del loro patrimonio di esperienze”.
I pregiudizi sono davvero caduti e cancellati, vale la pena ricordarcelo e ricordarlo al mondo, nel caso lo si dimentichi perché “rinuncia e sacrificio, responsabilità e perseveranza, coraggio e generosità” sono “virtù che la società odierna non sempre apprezza, ma che hanno contribuito a formare, nella vostra grande famiglia, intere generazioni”.
È stato meraviglioso vedere uno chapiteau e una giostra montati in piazza San Pietro, un sogno che sembrava irrealizzabile, è stato incredibile vedere insieme tanta Gente del Viaggio raggiante di dignità, ma ancor di più ascoltare queste parole di Benedetto XVI che rimarranno incise nella storia del Circo e della Chiesa.