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Il circo come format televisivo funziona, ma vuole la qualità

Alessandro Serena fra Marina e Svetlana Tsodikovi, due artiste ora al Cirque du Soleil, nel back stage di una vecchia edizione di Circo Massimo

Dire che il programma Estate al Circo ha chiuso perché gli spettatori non amano il circo con gli animali significa quantomeno fare un’analisi molto superficiale. Bisognerebbe andare un po’ più in profondità e dotarsi di adeguati strumenti di analisi.
Non si tratta di affrontare la questione animali sì, animali no. Chi scrive si occupa da anni anche di circo senza animali, ma ha pure collaborato come direttore artistico alla serie in questione e ad altri programmi televisivi, quindi può forse fare luce su alcuni aspetti poco noti ai non addetti ai lavori.
C’è da specificare che la serie circense di Rai3 Estate al Circo è composita e variegata. Contiene al suo interno la micro serie Circo Massimo a sua volta articolata in quattro o più puntate e altre serate dedicate ad eventi circensi di tutta Europa, che variano negli anni (Festival di Budapest, Festival di Parigi, Principesse del Circo, etc.). Si tratta di una serie storica della terza rete che nel corso degli anni ha sempre portato un rapporto costo/risultato di tutto rispetto.

Licia Colò, Alle Falde del Kilimangiaro: un'animalista sul piccolo schermo

Rai3 ha una coscienza animalista e vanta programmi come Alle falde del Kilimangiaro decisamente schierati, quindi in passato si è posta spesso il problema. E lo ha affrontato cercando di produrre puntate di circo senza animali. Il risultato è sempre stato deludente e comunque al di sotto della media di tutta la serie. Persino gli speciali dedicati al Cirque du Soleil (voluti e curati dal sottoscritto con l’allora responsabile della serie Annamaria Catricalà) sono stati visti da meno spettatori di quanti non guardassero quelli dedicati al circo classico.

Filippa Lagerback ha condotto Circo Massimo

In particolare la serie Circo Massimo prese forma nel 2000, sotto forma di miniserie da quattro puntate, grazie all’iniziativa del produttore Marco Zita, il quale, sin da subito, sensibile alle istanze dei movimenti animalisti, decise di dedicare una serata speciale ai numeri senza animali, distinguendola dalle altre tre ed ottenendo il sostegno di numerose associazioni animaliste e di Monica Cirinnà, allora responsabile dei diritti degli animali per il Comune di Roma. L’esperimento non funzionò e la puntata “speciale” si rivelò essere la meno seguita. Bisogna dire che cinicamente per un produttore è più conveniente realizzare spettacoli senza animali. Costa molto meno fare esibire un giocoliere con le sue clavette e palline che un gruppo di dodici tigri o di cinque elefanti. Tanto più che, correttamente, portare in giro un gruppo di tali esemplari comporta l’osservazione di norme precise sulla stabulazione, alimentazione, etc.
Ma c’è di più. Si possono verificare gli andamenti dell’audience per ogni singola puntata. In viale Mazzini sono disponibili gli ascolti minuto per minuto che sono stati anche diligentemente ordinati in studi universitari (Daniele Giovanardi, Il circo in tv. Circo Massimo, format e risultati, AA 2009/2010, Università degli Studi di Milano).

La giovane modella slovacca Andrea Lehotska, conduttrice di Estate al Circo su Rai3

Bene, le esibizioni con animali, insieme a quelle di comici e giocolieri, sono fra le più seguite. Mentre è stato riscontrato che ogni concessione al varietà televisivo o ad eccessi di testo nelle presentazioni sono mortiferi per gli ascolti. Evidentemente gli appassionati di circo vogliono quello e basta. Di conseguenza gli autori prediligono di solito iniziare con un bel numero di belve o di elefanti, proprio perché certi che potranno contare su una partenza con molti spettatori.
I motivi di un successo o insuccesso di un programma sono, invece, complessi ed intrecciati tra loro: la contro programmazione, gli orari, la struttura del programma, e soprattutto il ritmo e la qualità dello stesso. La serie Estate al Circo, in effetti, dal punto di vista qualitativo ha avuto alti e bassi, spesso dovuti ad aspetti poco noti ma molto incisivi. Per esempio i lunghissimi tempi della Rai, di chiusura dei contratti, o i continui tagli al budget. Due variabili che impediscono ai produttori esterni di stringere a loro volta per tempo accordi con i numeri più importanti che siano di animali, di acrobati o di clown. Inoltre, ma questo forse è un parere personale, a non avere consulenti specifici del mondo del circo, con maggiore conoscenza del mercato, delle novità, dei giri degli artisti più importanti.
Ci sono poche forme di intrattenimento diverse fra loro come il circo e la televisione. Per godere della prima bisogna uscire di casa e mettere in funzione tutti i sensi: guardare, ascoltare, annusare, tastare lo spettatore accanto e magari gustare una mela caramellata. Per la seconda è sufficiente sedersi in salotto, collegare occhi ed orecchie e, se possibile, il cervello.
Gli artisti di circo devono sudare tutta la vita per poter camminare sulle mani, volare o parlare con gli animali. Quelli della televisione più recente devono solo apparire. Due mondi agli antipodi? Meno di quanto sembri. Per un secolo, fra Otto e Novecento, il circo è stato il principale svago del pubblico occidentale. Un grande contenitore di prodigi umani, stranezze animali e curiosità etniche. Un mass media primitivo in grado di far conoscere in ogni angolo un motivo musicale o una satira politica. Spesso con pretese pseudo pedagogiche (Barnum chiama American Museum la baracca dei fenomeni). Tutti aspetti oggi incarnati dalla televisione. Certo adesso la relazione fra i due mezzi non è simbiotica. La Tv sfrutta il circo senza analizzarne la cultura né proporne i personaggi.
Eppure si tratta di un legame antico. I primi spettacoli di circo trasmessi in Europa sono degli anni ’50. In Francia La Piste aux Etoiles per 25 anni mostra i numeri più in voga (lasciando agli storici una preziosa testimonianza). In Inghilterra Billy Smart produce i Christmas Circus. Poi è la serie Cirque du Monde dell’attore Jean Richard (celebre in Francia come commissario Maigret) a raccontare numeri e vita del circo. Per un lungo periodo la Tv esce dal tendone o lo visita in modo casuale, fino agli anni ’90, quando le giovani emittenti private italiane e spagnole fiutano l’affare e adattano la pista ai format televisivi. Da questo punto di vista sono interessanti le esperienze di France 3 e Rai3. Uno staff, spesso coadiuvato da esperti del settore, si preoccupa di tradurre il linguaggio del circo in quello televisivo. Ne sconvolge la grammatica per conservarne il fascino. Così la scaletta sovverte l’abituale idea di crescendo e il programma spesso inizia (invece che finire) con l’artista più forte. I tempi morti dei numeri sono tagliati. Gli intervalli calcolati secondo le pause della pubblicità. Sono aggiunti applausi e risate. Una telecamera nel soffitto regala un punto di vista inedito, una nel costume del domatore permette un raro primo piano della belva.
I risultati, come detto, sono lusinghieri. Ma soprattutto, di nuovo, è decisiva la scelta degli spettacoli. Guardiamo al Festival di Monte Carlo. Si tratta della più importante manifestazione del genere, organizzata dal 1974, quando il principe Ranieri, vero appassionato del settore, prende coscienza del momento di crisi e decide di tentare un rilancio. Lo scopo è “segnalare i migliori artisti, promuovere l’immagine del circo nel mondo, aprire la pista a tutti senza distinzioni”. Dalla nascita la rassegna ospita gli artisti più importanti e mostra gli sviluppi dell’arte circense, dalla regia russa al fenomeno Cirque du Soleil. Qui c’è qualcosa da comunicare! E infatti gli spettacoli del Festival sono trasmessi dalle televisioni di mezzo mondo e da Rai3 alla vigilia di Natale e a Capodanno, sempre molto seguite da un pubblico famigliare raccolto attorno alla tv. E diffondono ovunque l’immagine di una forma d’arte capace di profonde riflessioni sui propri codici e di conseguenti evoluzioni. Che si può godere anche in salotto col solo uso di occhi e orecchie e, se possibile, cervello.
Alessandro Serena
Professore di Storia dello spettacolo circense e di strada dell’Università di Milano

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