Che succede quando una stimata accademica che insegna Storia dello spettacolo presso la Royal Holloway di Londra e l’università di Manchester decide di infrangere la quarta parete per tuffarsi a capofitto nell’oggetto dei suoi studi, ovvero nell’agitato flusso spettacolare della Londra vittoriana? Ce lo raccontano i due libri di Ann Featherstone Il circo maledetto e La giostra degli impiccati che, pubblicati in Italia dalla casa editrice romana Newton Compton rispettivamente alla fine del 2010 e del 2011 hanno conosciuto un grandissimo successo, rivelandosi autentici bestseller.
La caratteristica più significativa di questi romanzi consiste nella loro fruibilità dislocata a più livelli: se si ama il mistery “fumo di Londra” a metà tra il morboso e il poliziesco, non si resta delusi; ma se si decide di andare oltre la trama noir per addentrarsi nelle vivide quanto documentate ricostruzioni degli spettacoli in età vittoriana, allora si resta pienamente soddisfatti. La Featherstone, infatti, ha messo a servizio delle sue trame romanzesche la sua capillare conoscenza delle ibride quanto eccitanti forme di spettacolo popolare tra il XIX e il XX secolo: la fiera, il circo, il music hall, la pantomima, il penny gaff, il freak show. Nel primo romanzo, Il circo maledetto (Newton Compton, pp.282, euro 9,90) l’io narrante è Corney Sage, cantante, attor comico e ballerino di clog dance che, avendo assistito a un delitto al di fuori del locale londinese in cui si esibisce, la Constellation Concert Room, sarà inseguito dal suo assassino, ancor più subdolo e imprevedibile in quanto autentico mago del travestimento. Sul filo di una tensione che si tende implacabile sull’intero percorso narrativo, seguiamo le avventure di Corney nei vari luoghi in cui trova lavoro e rifugio: il Circo Mammoth di Birmingham, dove si trasforma nel pagliaccio Funny Foodle; il Pavilion di Springwell che lo fa sentire talmente protetto da spingerlo a lanciare dal palco un messaggio cifrato, in forma di canzone, all’assassino; il Vine Music Hall di New Clay dove verrà raggiunto dal suo misterioso inseguitore che, nel frattempo, ha mietuto nuove vittime. La suspense connessa alla risoluzione del mistery non preclude tuttavia, come s’accennava, il godimento di gustose scene di spettacolo, tra le quali spiccano senz’altro le performance di Roscius Soloman che mette in scena, servendosi di modellini, i più efferati delitti dell’epoca – e si chiarisce allora da dove traggano origine i plastici di “Porta a porta” – e racconta le più improbabili storie intorno ai suoi freaks dal momento che, come asserisce trionfalmente, “la gente vuole credere”. E non si fa dimenticare la fiera di New Clay in cui convergono le più disparate modalità di spettacolo: teatrini improvvisati, parate militari, il baraccone con l’Ercole Misterioso dove la
storia troverà infine il suo catartico scioglimento. Alcuni luoghi e personaggi di questa storia si riversano in quella successiva, La giostra degli impiccati (Newton Compton, pp.288, euro 9,90) a garantire una sorta di continuità, dal momento che ci si sta muovendo nello stesso fluido universo spettacolare. In particolare, Bob Chapman, che nel primo romanzo viene citato insieme ai suoi cani intelligenti Bruto e Nerone, nel secondo diventa protagonista. Chapman si esibisce all’East London Aquarium, elaborato sul modello di uno di quei musei delle curiosità zoologiche, etnologiche e storiche che nel corso dell’Ottocento si diffondono nelle principali città europee. Nella fattispecie, questo Aquarium ospita, tra sarcofaghi di mummie egizie, l’aconito trovato nel boudoir di Lucrezia Borgia, lo scheletro dell’uccello gigante e belve esotiche anche i freak o “scherzi di natura” come allora venivano chiamati, che non possono certo mancare in una collezione di eccentricità. Chapman è amico dell’Uomo scheletro, di Herr Swann, il Gigante prussiano, ma ancor di più della Minuscola Principessa: un esserino di grande bellezza alto cinquanta centimetri, che sembra la sorella gemella della donna in miniatura, protagonista dell’omonimo romanzo di Walter de la Mare, uno dei più importanti scrittori vittoriani. Se nel primo romanzo era un omicidio a mettere in moto le vicende, qui c’è l’esecuzione capitale di George Kevill, descritta in apertura, ad aprire un varco per infiltrarsi nella Londra più misteriosa e sordida rappresentata con accenti dickensiani, tra bambini sfruttati, viuzze che puzzano di pesce e di rifiuti, aristocratici viziosi, tunnel che si spalancano al di sotto di vecchissime librerie. Anche qui, in mezzo a trappole, inseguimenti e depistaggi la componente spettacolare assume un ruolo importante in tutte le sue forme, a partire da quelle morbose, ma particolarmente gradite al pubblico, del freak show e da quelle ibride del gaff (su cui l’autrice tiene attualmente un corso presso l’università di Manchester), spettacolo che poteva andare in scena ovunque e comprendeva drammatizzazioni di casi di cronaca, clownerie, danza, canto e acrobazia. Non manca quella che viene considerata una delle forme tradizionali dello spettacolo londinese: la pantomima natalizia, stravagante eredità dei Saturnali romani secondo la scrittrice inglese Angela Carter. Il commediografo Fortinbras Horatio Trimmer, amico del protagonista, sta preparando una novità: non più i tradizionali arlecchini e “tutta quella fuffa vecchio stile” bensì pirati e selvaggi. Ma Chapman, che
pure è lusingato dalla prospettiva di esibirsi, insieme ai suoi cani, nella nuova pantomima Elenore la Piratessa e in un luogo così prestigioso come il Pavilion Theatre, si dichiara nostalgicamente attaccato al passato, alla pantomima di La Vecchia Mamma Oca: che è proprio, guarda caso, l’oggetto su cui si appunta l’acuminata interpretazione di Angela Carter. Cos’altro aggiungere, al termine di questa immersione in una Londra criminosa e spettacolare? Che, per fortuna, Ann Featherstone sta già lavorando al suo terzo romanzo in cui compariranno alcuni dei personaggi che già conosciamo e la voce narrante sarà quella del fascinoso Will Lovegrove, amico di Bob Chapman e indiscusso eroe delle pantomime del Pavilion Theatre. Ed è con una guizzante battuta da sketch che, in una recente intervista pubblicata su una rivista inglese, la scrittrice prende congedo dai suoi lettori/spettatori, augurandosi di finire il romanzo alla stessa velocità con cui Lovegrove percorre le strade della sua città.
Maria Vittoria Vittori
L’articolo compare sulla rivista Circo, febbraio 2012, col titolo ANN FEATHERSTONE: lo spettacolo nella Londra Vittoriana.