di Alessandro Serena
Aveva voluto lui stesso un ultimo saluto laico. Una cerimonia atipica, come era stata del resto tutta la sua vita. Nella cappella del crematorio del cimitero di Trecate, piena da lasciare gente fuori, come in un bel debutto. Ma stavolta si trattava di uno spettacolo finale.
La sua gente, la comunità circense e del viaggio. Togni, Orfei, Casartelli, i nomi più noti. Ma tantissimi altri, a ricordare una delle sue caratteristiche, quella di essere amato da tutti e di corrispondere con slancio.
Il super eroe Holer ha trovato, alla fine la sua kryptonite. Dei ricordi commoventi sono stati proferiti da suoi anziani collaboratori, da altri grandi piloti delle stunt car, che con lui avevano rischiato ogni giorno la vita, e in particolare dal fratello Divier e dalla figlia Ledya.
Il “fratello di Holer” ha ricordato di avere sempre provato orgoglio ad essere chiamato così, e di come il carisma del super eroe fosse stato essenziale nella chiusura di tanti accordi con importanti sponsor o partner più o meno istituzionali.
Dava del tu a personaggi come l’avvocato Agnelli o attori e giornalisti di primo livello. Divier ha anche menzionato l’ultima dolorosa parte del suo percorso terreno, vissuta però con il consueto orgoglio.
Commovente il commiato della figlia Ledya. Anche Superman aveva il suo alias, Clark Kent. “Holer Togni per tutti era un super eroe, ma per me era soprattutto mio papà. Un papà speciale. Magari, come tutti gli esseri umani, con le proprie debolezze, ma che indicava con il suo stesso percorso di uomo e artista, la direzione da prendere nella vita. La sua più grande eredità è stata il suo sorriso. Metafora di come sia importante inseguire i propri sogni sempre con una mentalità positiva. Quello stesso sorriso che mostrava alla guida dei suoi tir o saltando da un’auto all’altra in corsa, o uscendo da un automezzo e di fronte al suo pubblico, e che mostrava a noi famigliari nella vita di tutti i giorni.”
Con un colpo di scena alla sua maniera, l’ultimo a parlare è stato lo stesso Holer. Infatti Ledya ha fatto in modo che si proiettasse un video dell’artista, nel quale si vedevano alcune immagini dei suoi exploit e in particolare un suo accorato saluto, dopo quello che sarebbe dovuto essere il suo ultimo spettacolo a Palermo, anni fa. Spiegava le difficoltà del proprio lavoro e ricordava con orgoglio le sue origini: “Queste sono le mani di un bambino del circo”.
Un bambino entrato nell’immaginario collettivo con spettacoli di un’altra disciplina, ma parallela al mondo del viaggio. Infatti quegli stessi automezzi che i circensi usano per spostarsi, trasportare la propria arte e la propria vita, con Holer assurgevano a strumenti principali dello spettacolo. E una visita dei colleghi era sempre anche l’occasione per ammirare un’imponente flotta viaggiante.
La nutrita partecipazione alla cerimonia, ma ancora di più l’incredibile messe di articoli, servizi, ricordi, usciti su tutti i più importanti media italiani, hanno ricordato quanto Holer fosse amato e come per l’ennesima volta un “bambino del circo” fosse stato in grado di diventare una stella.
Che ora tutti piangono. Come per gli altri astri che si sono spenti negli ultimi anni. Molti, troppi.
La scomparsa di Holer, e la stupefacente eco che ha avuto, lascia vibrare un’urgenza. Forse si dovrebbe provare a celebrare questi enormi personaggi ancora in vita e non attendere che anche le ultime stelle del firmamento si spengano. Trovare il modo di celebrarle e allo stesso tempo auspicare la nascita di nuovi astri, supportarla, coltivarla. Anche in questi momenti difficili. Riconoscere, amare e rispettare le stelle fino a quando ancora brillano di luce propria nel cielo è la maniera migliore per stimolare la nascita di nuovi astri. Le stelle infatti guidano il cammino, indicano la via. Ispirano i giovani talenti.
Guardate lassù in cielo. È un aereo? È un uccello? È una stella? No. È Holer Togni.