di Alessandra Borella (fotografie Silvia Ottaviano)
Mario Bellucci, senza costume di scena, non sembra il fiero condottiero esotico o il domatore impavido che si dimostra in pista. Si presenta poco prima dello spettacolo, con i capelli arruffati, il gilet slacciato, e un’espressione così dolce sul volto che mi sembra impossibile possa realmente padroneggiare decine di cavalli, cammelli, zebre, elefanti, e addirittura un rinoceronte, unico esemplare in Europa ad esibirsi nella pista di un circo.
Mario, come sei arrivato al circo di Mosca?
Io lavoro un po’ con tutti gli animali, cammelli, zebre, anche un rinoceronte. La mia famiglia in questo momento è in tournée in Siria, per cui io ho avuto l’opportunità di essere qui e lavorare con Larry e la compagnia del Circo di Mosca.
Come si chiama il tuo rinoceronte?
Si chiama Kunta e pesa venticinque quintali, ha un carattere stupendo, sta con me da 22 anni, ed è bravissima. Siamo innamorati, è un animale straordinario, le piace essere coccolata. Ho un ragazzo che lavora con lei, e quando va in vacanza lei è agitata perché sente la mancanza delle persone, non solo mia, anche degli altri.
Che rapporto hai con lei fuori dalla pista?
Per lavorare con gli animali non bastano quei dieci minuti in cui si esibiscono nello spettacolo, è un rapporto continuo e costante, che bisogna avere tutti i giorni. Gli animali non vogliono niente, vogliono soltanto essere rispettati e accuditi, hanno bisogno dell’affetto. L’animale cattivo non esiste, esistono cattivi padroni che li trascurano. Questi animali che lavorano con me provengono dalla mia famiglia, fin dai tempi di mio nonno e sono con me da tanto tempo. E con la mia esperienza posso dire che vogliono solo essere curati. Non si possono costringere ad esibirsi in pista, è soltanto la serenità che permette loro di stare insieme alle persone e al pubblico.
Raccontaci un episodio in cui un tuo animale ha sorpreso il suo padrone.
Un episodio che mi è successo con il rinoceronte circa venti anni fa. Io cavalcavo l’animale e nella pista c’erano dei sassi. Lui ha preso un sasso sotto il piede ed è caduto in ginocchio. Io ho fatto un volo e gli sono caduto davanti. Nel rialzarsi con il corno lui mi ha preso sotto la gamba e io sono rimasto bloccato per terra senza riuscire a muovermi. Li ho pensato che mi uccidesse. Perché l’animale, trovandomi davanti e non vedendo bene, pensavo che mi desse un colpo. Invece si è fermato, ha fatto un salto sulle quattro zampe, ed è incredibile perché pesa tanto ma ha un’agilità incredibile, si è girato e se n’è andato via. Ha dato il tempo ai ragazzi di venire in pista a soccorrermi. Se a quell’animale avessi fatto del male, quella era l’occasione per colpirmi e farmela pagare, perché il rinoceronte, come gli elefanti, ha una grande memoria.
E quando invece sei rimasto particolarmente soddisfatto?
Provavo da tempo un esercizio con un elefante, che non riusciva a farlo. Alle prove assisteva anche un altro elefante che a un certo punto, dopo alcuni mesi, si è mosso lui e ha fatto l’esercizio per avere il premio, il cibo che usavo durante le prove. Ed è ancora lui che esegue l’esercizio oggi. Non si può usare la forza con gli animali.