Si è spenta questa mattina a Verona Ines Palmiri, un nome legato ad una pagina gloriosa del circo italiano e in particolare a quello degli “acrobati folli”. Quattro fratelli che fra gli anni 30 e 50 hanno lasciato l’Italia e l’Europa col fiato sospeso volteggiando nell’aria con numeri pericolosissimi, capaci però di attirare folle oceaniche e a farle rimanere col naso all’insù dall’inizio alla fine dello spettacolo. Ines (classe 1916), sorella del presidente dell’Ente Nazionale Circhi, ha dato vita insieme a Giovanni (1904), Egidio (1923), Eleonora “Rina” (1907) e Savina (1918) ad una troupe di artisti che ha lasciato il segno. Della affiatata famiglia nata da Angelo Palmiri e Albina Ferrua faceva parte anche Evelina, ma la terzogenita morirà prematuramente a causa della epidemia di febbre “spagnola” nel 1918.
I Palmiri aprono nel dopoguerra il circo Olimpico, che poi si trasforma in Arena Azzurra ed è con quella che la loro popolarità sale alle stelle. E’ l’esperienza dei numeri aerei, che si perfezionerà in quella che darà vita alle prodezze degli acrobati folli. Grazie ad un apparecchio girevole, una motocicletta poteva correre su una piattaforma circolare bilanciata con un trapezio su cui un’acrobata compiva le proprie evoluzioni.
Ines salì anche sulla “scala bilancia” a grande altezza insieme al fratello Giovanni nel celebre numero del “Mulino della morte” (ribattezzato Aerolite nel 1946), che debuttò nel 1932 con Giovanni e Rina.
Nel 1936, quando lo spettacolo della Arena Azzurra fu scritturato per animare la Fiera campionaria di Torino, la fama dei Palmiri ebbe il riconoscimento di tutta la stampa nazionale e l’Istituto Luce filmò quelle prove di abilità e di coraggio. Divennero vere e proprie vedettes europee, coronando un lungo successo soprattutto in Germania. E da Barum lavorò anche Ines insieme a Giovanni e alla moglie Mafalda, e poi anche Egidio si unirà al gruppo prendendo il posto di Ines. Una vicenda artistica, quella dei Palmiri, segnata da diversi incidenti, il primo dei quali costò quarantasette frattue a Giovanni e una ingessatura dal bacino al collo. Era il 1940, terzo anno della tournée con Barum. Due anni dopo toccherà a Egidio precipitare nel vuoto, riportando serie conseguenze ad entrambi i polsi. Nel 44 a farne le spese è ancora Giovanni. Nel 1946 una nuova attrazione accende l’interesse sugli uomini volanti, è quella del “bolide umano”, un tuffo nel vuoto con le caviglie legate a due lunghe funi, ma non si pensi a quelle elastiche dei giorni nostri. Erano cavi d’acciaio resi un po’ più “morbidi” da grandi molle. Ma le copertine dei rotocalchi non si fecero mancare lo scatto storico: Giovanni Palmiri, nell’agosto del 1947, appeso con le gambe ad un trapezio fissato nella parte bassa di un biplano, a testa in giù, depone un mazzo di fiori alla Madonnina sul Duomo di Milano dopo avere eseguito alcuni esercizi in volo.
Nel 1949 i Palmiri inaugurano l’Original Palmiri, un’arena gigante con 2 mila posti a sedere ma arriva anche la tragedia: la sera del 30 giugno, a Mestre, Giovanni compie l’abituale rincorsa sulla pedana a enorme altezza per salire sulla moto, ma forse il piano leggermente bagnato lo fa scivolare e piomba a terra. Nel 1951 un altro imprevisto costò la vita a Mafalda, esattamente due anni dopo la morte del marito Giovanni e compiendo lo stesso esercizio.