Glen Nicolodi rappresenta la tradizione e l’eccellenza italiana all’estero. Nato in seno ad una delle più famose famiglie di acrobati, dopo la formazione all’Accademia d’Arte Circense di Verona, Glen vive e lavora soprattutto fuori dal nostro paese dove ha saputo raccogliere successi e diffondere il buon operato italiano nel mondo. Lo abbiamo intervistato.
Nicolodi è un nome legato soprattutto all’acrobazia. Raccontaci della tua famiglia.
Le radici della famiglia Nicolodi affondano indietro nel tempo, si parla di sette generazioni. Sin dalle origini la mia famiglia si è specializzata nella disciplina dell’acrobazia, strada che anche io ho percorso. Io sono nato nel 1973 in Spagna da mio papà Lucio che ha sposato una ballerina di flamenco, Lucy Gadea. All’epoca della mia nascita la mia famiglia era al circo russo di Angel Cristo e la mia infanzia è trascorsa tra vari circhi europei e americani, sempre perché seguivamo gli ingaggi di mio padre. Ho anche un fratello e una sorella, Ben e Laila.
Come hai iniziato?
Ho cominciato a quattro anni prendendo parte al numero di famiglia che consisteva nell’acrobatica mano a mano. Come sempre succede a noi ragazzi del circo si comincia da piccole partecipazioni, magari buffe, e poi via via si viene sempre più inseriti nei vari numeri. Nel mio caso, essendo piccolo e quindi leggero, si poteva giocare maggiormente sugli effetti del mano a mano. Poi con mio papà ho cominciato ad allenarmi seriamente quando avevo sette anni specializzandomi nell’equilibrismo sulle mani. Giorno dopo giorno, sempre seguito da papà, sono arrivato sino ai 17 anni quando è ufficialmente iniziata la mia carriera.
Hai imparato l’arte solo da tuo papà Lucio?
Io rappresento un caso un po’ particolare: ho imparato l’acrobatica sia al circo che all’Accademia del Circo. Mio papà infatti è stato il mio maestro anche quando sono entrato a far parte dell’istituzione voluta da Egidio Palmiri. Ho frequentato l’Accademia negli anni ‘90, per un quadriennio, dai 13 ai 17 anni. Mio papà, data la sua bravura nella didattica, era stato messo sotto contratto dall’Accademia dal 1988 al 1992 come maestro di acrobatica e così io ho potuto avere continuità di insegnamento potendo beneficiare delle lezioni dello stesso maestro che avevo sin da bambino nella troupe di famiglia. E’ stato così che insieme, dentro ad una struttura stabile e ben attrezzata, ho potuto costruire il numero di equilibrismo sul quale ancora oggi lavoro e che ho presentato anche in diverse occasioni ai festival.
Qual è l’insegnamento più importante che ti ha trasmesso tuo padre?
Al di là del giudizio tecnico, che per me è ovviamente superlativo, non posso dire altro se non che mio padre mi ha insegnato a vivere, è stato un eccellente istruttore che mi ha permesso di formarmi per ciò che oggi sono, mi ha dato un mestiere fantastico grazie al quale ho avuto tante soddisfazioni ed è un padre meraviglioso.
Che ricordi hai dell’Accademia del Circo?
E’ stato un momento bellissimo che ho potuto vivere, soprattutto per il fatto di essere insieme ai miei amici 24 ore su 24, così ne combinavamo di tutti i colori a cominciare dalle solite bravate che si fanno da giovani nei confronti di qualche povero malcapitato di turno. Si provava molto, mattina e pomeriggio, poi si poteva stare insieme a giocare a calcio o a svagarsi in sala giochi. Quando l’Accademia per me si è conclusa è stato un momento molto triste perché ho cominciato subito a lavorare e mi sono ritrovato da un giorno all’altro senza tutti quegli amici e quelle occasioni di svago. Ho tanti ricordi indimenticabili, forse il più buffo è che proprio là ho conosciuto mia moglie: suo papà era stato chiamato ad insegnare in Accademia e Flavia aveva solo sei anni, mi ricordo che mi diede una bella sassata sulla fronte perché la prendevo sempre in giro. E’ proprio vero che la vita è un destino. Poi ci siamo rincontrati nel 2002 e lì ci siamo innamorati.
La tua famiglia ha ottenuto riconoscimenti in importanti festival di circo. Hai percorso anche tu le medesime tappe?
I Nicolodi nel 1979 hanno vinto il Clown d’Argento al festival di Monte Carlo e si sono esibiti nei posti più prestigiosi del mondo come il circo Knie (nel 1970 e nel 1979), sono stati nel circo americano della famiglia Togni, undici anni al Moulin Rouge e hanno girato molto gli Usa. Anche mio zio Willer nel 2004 si è aggiudicato un Clown di Bronzo al festival monegasco, sebbene lui sia divenuto celebre come ventriloquo. Anche io ho scelto di mettermi alla prova con queste grandi vetrine che sono i festival internazionali, grazie alla preparazione ottenuta nei quattro anni di Accademia e al lavoro che insieme a mio papà avevo fatto praticamente per tutta la mia vita. La prima esperienza dopo l’Accademia è stata la mia partecipazione, nel 1995, al Festival du Cirque du Demain a Parigi dove ho conquistato un argento. Poi nel 2000 c’è stato il Bronzo al Festival del circo di Budapest. Nel 2010 sono approdato anche al Festival di Monte Carlo, importante per qualsiasi artista circense. Quello è un luogo molto ambito e prestigioso e se non si hanno i nervi saldi l’emozione può tirare brutti scherzi. Se dovessi dare un consiglio a chi sta per affacciarsi alla pista del Principato direi di provare a lavorare nel modo più tranquillo possibile. Non facile, ma possibile.
Nel tuo numero di acrobatica si vede un cagnolino. Come mai lo hai inserito?
Il piccolo Jack Russell che si vede è il mio cane, si chiama Boy. Mi permette di aggiungere una nota comica all’esibizione. Ora fa parte del numero perché mi piace che sia così, ma agli inizi l’idea di inserire un cane era stata di mio padre: quando ho iniziato ad allenarmi da piccolo non avevo abbastanza fiato per terminare tutto il numero, così mio padre ha inserito questo elemento in modo che io, interagendo con lui, potessi sfruttare quei secondi per prendere fiato. Oggi il fiato ce l’ho, ma Boy è a tutti gli effetti la mia spalla, un membro di famiglia che non può che fare parte della mia esibizione.
Da quando avevi 17 anni hai lavorato in molti complessi circensi. Quali sono i tuoi impegni futuri?
Ho avuto la fortuna di poter lavorare molto all’estero, solo per fare qualche nome Big Apple Circus negli Stati Uniti, Barum, Benneweiss, Arlette Gruss, Cirque d’Hiver, Bouglione, Knie ma anche in teatro e al varietà. In Italia invece ho fatto pochissime esperienze, quasi tutte legate ai miei primi debutti, ad esempio quando ero in Accademia e nei dintorni si fermava qualche circo mio padre mi faceva ottenere dei piccoli ingaggi per i fine settimana, come ad esempio era capitato con il circo di Miranda Orfei della famiglia Alessandrini. Sempre in quel periodo, gli anni ‘90, avevo anche avuto una piccola parte in “Sabato al circo” grazie a mio padre e a Palmiri. Oggi è molto difficile riuscire ad avere dei contratti duraturi a lungo termine, infatti per il momento sono ingaggiato al Circo Raluy in Spagna dove ho cominciato da poco tempo e per il 2015 ho un ingaggio al Circo Vazquèz in America del Nord dove avevo già lavorato due anni fa.
Riscontri delle differenze tra il circo italiano e straniero?
E’ una domanda difficile per me proprio perché avendo vissuto quasi sempre all’estero non riesco ad avere dei veri termini di paragone. L’unica cosa che posso dire dell’Italia è che mi piacerebbe tornare per via della nostalgia che mi lega ad amici, parenti e famigliari e comunque so per certo che all’estero l’artista gode di una considerazione che purtroppo in Italia manca. Solo per fare un esempio prendiamo Parigi: la mia base è sempre stata qui perché la mia famiglia ha lavorato tanti anni al Moulin Rouge e qui il circo è davvero un’istituzione, cosa che purtroppo non è in Italia.
Anche la famiglia che hai formato tu si sta dando all’acrobatica?
Come dicevo mi sono sposato con Flavia Vernuccio, ex compagna di Accademia, nipote di Cesare Togni e figlia di Viviana e Flavio Vernuccio. Lei lavorava in pista nelle piramidi equestri ma solo per poco tempo perché ci siamo sposati che lei era appena diciannovenne. Adesso abbiamo tre figli: Dylan è il più grande e ha nove anni, poi c’è James che ne ha cinque e il più piccolo, Aaron, ha sei mesi. Con loro mi alleno tutti i giorni, sto insegnando loro le basi dell’acrobatica in attesa che capiscano da sé che strada prendere.
E invece che progetti e che sogni hai per il futuro?
Vorrei vincere alla lotteria! Scherzi a parte il mio vero sogno è che i miei figli possano ottenere le stesse soddisfazioni che ho avuto io e che possano avere un numero di alto livello. Devo ammettere che un grosso traguardo raggiunto è stato quello rappresentato dal Circo Knie. Da piccolo ho sempre sognato di poterci lavorare e nel 2010 ho potuto coronare questo desiderio.
Qual è la cosa più bella di nascere dentro ad un circo?
Senza dubbio l’importanza che ha la famiglia, valore che ancora oggi è molto forte e ci permette di essere uniti. Inoltre si ha il vantaggio di poter viaggiare molto e conoscere culture diverse, cosa che io ho potuto fare sin da bambino e che continuo a portare avanti coinvolgendo con me la mia famiglia.
L’intervista compare sulla rivista Circo febbraio 2014.
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