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Forse “ultima raffica”: non faccio sconti

Intervista al presidente dell’Ente Nazionale Circhi, Antonio Buccioni.

Presidente, andiamo verso la metà di un anno drammaticamente eccezionale per la storia del circo italiano, qual è il suo stato d’animo?

buccioni-home-antonioIo sono un integralista, forse un talebano, nel frasario dei già militanti della Repubblica sociale italiana potrei venir definito “l’ultima raffica del circo” e ciò al di là del tratto del pormi, viceversa, metodologicamente aperto al dialogo e al confronto, ma tant’è.
Colgo questa occasione di dialogo con la categoria imponendomi il meno delle locuzioni possibili, la chiarezza spietata del messaggio.
Difenderò le ragioni del circo classico fino in fondo, dovessi farlo anche abbandonato dall’ultimo direttore, dall’ultimo addestratore, per l’elementare motivo che credo nella bontà, in particolare nella bontà morale, delle proprie ragioni.
Sui sentimenti non ho mai mediato: non sono un sostenitore della Lazio ma, riconosciuto pacificamente da tutta Roma biancoceleste, sono il primo laziale del mondo. Il mio credo politico è granitico: ho rispedito al mittente per almeno tre decenni, inebrianti melodie di sirene che mi volevano nella loro scuderia, oltretutto confortato e radicato nel mio convincimento dal deprimente spettacolo offerto da 70 anni di repubblicano regime.
Anche sul piano dei più personali e intimi dei sentimenti, non sono uso a ipocriti atteggiamenti di facciata, compromessi o rese.

Eppure non è un mistero che da qualche parte perfino la sua lealtà sia stata sostanzialmente messa in discussione.

L’indignazione sacrosanta più profonda non si pone nei confronti di chi ha elaborato questa inaudita tesi, assumendosi la gravissima responsabilità di seminare zizzania nell’ambito di una categoria già oppressa da preoccupazioni di fondo, quanto nei confronti di tutti coloro che hanno nutrito dubbio, senza che la mia condotta passata e attuale ne fornisca un minimo di motivo. Demenziale poi il teorema: mi sarei venduto all’animalismo quale apripista degli interessi della famiglia Casartelli che da siffatta operazione non ricaverebbe alcunché di più di quanto già non abbia, e della famiglia di Enis Togni, che non sarebbe disposta a rinunciare, una volta nell’organico degli animali in forza, neanche a due sorci (in italiano topi o ratti) catturati in una discarica. E se quanti hanno nutrito dubbio non mi conoscono compiutamente, altrettanto sicuramente dovrebbero conoscere, forse da più di un secolo, l’opinione e la radicalità delle posizioni dei Casartelli e dei Togni in materia. Ma sic est.

Ma la situazione oggi qual è?

Stiamo combattendo una battaglia difficilissima, non supportati né all’estero né sul territorio nazionale altro che da un modesto gruppo di leali e irriducibili, quanto me, sostenitori. Una battaglia combattuta con le mazzafionde contro arsenali atomici. La sortita comunicativa del Ringling Bros. and Barnum & Bailey per certi versi ha prodotto più danni essa in 48 ore che 20 anni di campagne animaliste. Il modus operandi del colosso nordamericano è stato contrabbandato quale scelta ideologica quando, viceversa, la scelta di finalizzare l’esistenza degli elefanti alla ricerca scientifica e alla sperimentazione, costituisce una opzione radicalmente in contrasto con le ideologie animaliste. Sulla Germania e sulla Francia si levano nuvole all’orizzonte per nulla confortanti. In Italia credo di poter affermare, prudenzialmente e con tema di smentita, di essere alla vigilia del cosiddetto stralcio del Ddl n. 2287 nella parte che concerne le attività dello spettacolo dal vivo (teatro di prosa, musica, danza, circo, spettacolo viaggiante) e che la prospettiva che la competente VII Commissione ministeriale concentri la propria attenzione per il prossimo mese e mezzo esclusivamente sul cinema, lungi da essere motivo di conforto, deve essere considerata circostanza che consenta a noi, e confido non solo a noi, di sensibilizzare quanti di buona fede e onestà intellettuale, circa le nostre giuste e sacrosante ragioni.

Ma il circo italiano cosa fa?

L’ho già detto: avverto la solidarietà, anche inesorabilmente concreta, di alcuni, non molti direttori. Oltre lo zoccolo duro di chi condivide e segue da sempre, do atto – anche qui all’insegna di lapidaria chiarezza – a direttori quali Daris Martini, Pietro Coda Prin, Daviso Montemagno, Ronny Denji – e chiedo scusa se me ne dimentico qualcuno, di aver messo significativamente mano al portafoglio, nell’ambito delle proprie possibilità, e ribadisco, pur non volendo essere monotono, per prevenire la caccia alle streghe che spesso in queste settimane si è sostituita alla elementare esigenza di compattezza, che ho citato dei nomi oltre lo zoccolo duro di chi è da sempre vicino all’Ente e che quindi ritengo superfluo rammentare. Molte telefonate rassicuranti mi sono arrivate, pregne di impegni ma senza seguito, alcune sinceramente grottesche, tanto grottesche da rendere evidente la buona fede dell’interlocutore. Nel corso di una conversazione telefonica di mezzanotte, mi si è assicurato un conforto di 100 euro quale partecipazione ad una fantomatica colletta non si sa bene da chi promossa. Ho sorriso in silenzio sapendo che il complesso di appartenenza del mio interlocutore deve all’Organizzazione, in gran parte riferibili alla precedente presidenza, qualche decina di migliaia di euro. Aggiungiamo gli scettici, coloro che non vogliono “farsi fregare”, e gli “ossessionati da improbabili complotti”, non si capisce bene a scapito e/o vantaggio di chi.
Due conclusioni da questo punto di vista: sia inequivocabile la responsabilità della condotta di ciascuno e in ogni senso, sia indiscussa e indiscutibile la piena avvertenza – resa di pubblico dominio fin dal mese di gennaio – circa ciò che potrà accadere, dal sottoscritto e dall’Enc.

E allora?

Continuerò, confortato da chi mi è vicino, questa lotta impari, oltretutto cristianamente consapevole che talvolta Davide distrugge Golia. Seguo con interesse e sposo con entusiasmo idee che palesano la volontà di scendere in campo costruttivamente accanto a me e all’Ente: se il 23 maggio a Milano vedrà la luce una organizzazione di professionisti, in particolare di addestratori, nell’intento di meglio ancora tutelare le proprie posizioni, non potrò che rallegrarmi. Importante, anche qui, riaffermare due circostanze: gioco a calcio da mezzo secolo e so perfettamente che l’importante è vincere l’incontro, per nulla segnare 1, 2 o 3 gol se la partita si perde. Sarò ammirato sostenitore di tutti coloro che abbracceranno la religione del “facere”, tenace e irriducibile avversario degli assertori del “dicere”, del “dividende”, del calunniare senza motivo e senza senso.

15 e 16 giugno Giubileo della Gente del Viaggio: a che punto siamo?

E’ un tema che non può prescindere da quanto abbiamo esaminato fino adesso, pur essendo la sfera spirituale di ciascuno di noi altro, diverso e più alto delle miserie del mondo. Tranquillizzo immediatamente tutti, anche in queste ore turbati oltre il necessario e per certi aspetti l’ovvio, da affermazioni e articoli di stampa. Il 15 e il 16 giugno il circo italiano è chiamato ad un prestigiosissimo ruolo di leader, leader del circo mondiale perché il Giubileo si svolge nel pieno centro di Roma, a qualche metro virtuale dalla Repubblica italiana; leader altresì dello spettacolo popolare italiano e internazionale: giostre e luna park, teatrini di figura, teatro e arte di strada, bande musicali e musica meccanica, gruppi folcloristici, cori, madonnari, vetturini delle Botticelle, falconieri e lavoratori a contatto con gli animali, convergeranno in piazza San Pietro dal circo guidati, non in forza di una sterile, arrogante libidine di potere ma come locomotiva morale e spirituale, ancor prima che artistica, dell’intero convoglio. In detta ottica evidente ed ovvio motivo di serenità e tranquillità per tutti, gli alti messaggi da testimoniare al Sommo Pontefice unificanti e di portata universale, non possono che individuarsi:

1) nell’aspirazione a essere universalmente riconosciuti non quali figli di un Dio minore, emarginati e collocati all’estremo confine della società civile;
2)nella rivendicazione ad un pezzo di terra degno di questo nome in ogni contrada del mondo, dove poter vivere, lavorare, concludere dignitosamente la pagina terrena dell’esistenza;
3)nella riaffermazione, per quanto sta particolarmente a cuore al nostro mondo, dell’uomo quale essere vivente collocato da Dio al centro dell’universo e nel circo quale Arca di Noè per la salvezza e la conservazione dei fratelli animali dell’era contemporanea.

Vado a concludere riaffermando tuttavia l’impegnativo valore della piena avvertenza. Il 15, 16 e forse 17 giugno il circo italiano può far parlare di sé, e positivamente, la chiesa, l’Italia, il mondo. Basta volerlo; regalando al popolo di Roma uno spettacolo mi auguro memorabile, la sera di mercoledì 15 giugno, se, come auspichiamo, ci verrà concessa la splendida piazza di San Silvestro a cento metri da Palazzo Montecitorio, sede della da tempo da noi poco amata Camera dei Deputati, ad un paio di chilometri dall’altrettanto poco amato Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica; giovedì 16, intervenendo da protagonisti principali del corteo, dello spettacolo e dell’Udienza con il Santo Padre Francesco, badando – e lo dico fin d’ora per prevenire inutili polemiche – ad affermare il circo come tale, oltre le storie, oltre i nomi, oltre i particolarismi; venerdì 17 (che brutto scherzo del calendario!) se strettamente necessario, direi quasi indispensabile e mi auguro che tale non sia, nell’esternare nelle forme previste dalla legge, disagi, preoccupazioni, angosce, che da troppo tempo e particolarmente negli ultimi mesi, stanno accompagnando immeritatamente la nostra esistenza di lavoro.

Allora non si molla…

No, avanti più risoluti che mai. Non sarei “l’ultima raffica”.