E’ un’esperienza curiosa quella che si vive entrando in un circo. Non solo entrare e fruire lo spettacolo per un paio d’ore, ma entrare davvero, varcare quell’ingresso usato solo dagli artisti per accedere e uscire dalla pista e vedere cosa accade là dietro: i cavalli, maestosi, pacati e composti, che attendono di entrare in pista per eseguire il loro numero di alta scuola. Il clown che controlla che tutto sia a posto, l’equilibrista che si veste e sistema tutto quanto di tecnico debba essere tenuto sotto controllo, l’artista ai tessuti aerei che si prepara alla scena rendendo le sue mani più facili all’attrito, la ballerina che smette gli stivali infangati per indossare tacchi vertiginosi. E’ un’altra realtà, non meno vera di quella che appare sulla pista, ma senza dubbio scandita da ritmi e necessità impellenti.
Si prova a scoprire qualcosa di come sia la vita là dentro e se ne chiede testimonianza a chi per molto tempo è stato alla guida del circo prima di passare il testimone al figlio Jessy, Enis Franchetti. E dopo poco ci si può sentir domandare “Ma tu che sei là fuori com’è?”. E lo scambio, almeno per chi viene da là fuori, è sempre prezioso.
Il Circo di Barcellona si trova attualmente sulla piazza di Corsico. E’ un po’ difficile parlare di piazza vera e propria, piuttosto si tratta di un’area non molto grande. Fangosa per giunta, perchè solitamente i circhi vengono fatti posizionare in ampi spazi erbosi che con le abbondanti piogge tipiche degli inverni nel Nord Italia diventano delle paludi e alle volte questo può anche scoraggiare il pubblico. Ma il circo si adatta da secoli e nonostante tutto la famiglia Franchetti e il suo circo rimarranno a Corsico fino al 13 novembre.
La successiva piazza avrebbe dovuto essere quella di Sesto San Giovanni ma, come racconta Enis Franchetti “proprio pochi giorni fa hanno comunicato che c’è una nuova ordinanza comunale secondo la quale i circhi possono fare domanda per sostare nel comune di Sesto San Giovanni per un periodo di massimo dieci giorni compresi tra il primo di dicembre e il 28 febbraio”. La capacità di adattamento è dunque fondamentale in queste come in altre situazioni: il circo di Barcellona lo sa fare benissimo, si adatta ad ogni circostanza e in ogni periodo dell’anno, come ad esempio nel periodo estivo quando la famiglia lavora soprattutto nel settore delle tensostrutture, dei palchi e delle piste da ballo da fornire per tutte le varie manifestazioni della bella stagione. Questa flessibilità non manca ma il problema resta sempre uno: “Non ci sono le aree attrezzate”. Continua Enis Franchetti: “Se ci dessero la possibilità di fare i nostri lavori con certe condizioni sarebbe tutto diverso per noi e per il pubblico; se ci fosse un parcheggio comodo per il pubblico, se ci fossero i tombini per evitare di trovarsi nel fango sarebbe sicuramente una situazione migliore. La questione delle aree è davvero il nostro problema principale e che caratterizza la maggior parte dei comuni italiani”.
Al di là della gestione e della logistica, ovviamente dipendente da fattori esterni, c’è la realtà contrastante con gli animalisti: “Io non sono assolutamente contrario al fatto che gli animalisti vogliano dare un proprio punto di vista. Ciascuno di noi deve avere una propria opinione, ma quando questo si traduce nell’avvicinarsi più del dovuto alle persone in visita al circo ed inveire contro di loro allora no, non è il modo giusto”.
Non è il modo giusto ma qualcosa, seppur nel piccolo, si cerca di farlo. Il solo fatto di aver istituito un corso universitario che tratta di storia delle arti circensi serve ad aprire al dibattito, aprire gli orizzonti e aprire la mente (quando c’è). Qualcosa per cercare di comunicare la realtà, quella vera, lo si fa.
“Pensa noi che ci siamo nati!” ribatte l’equilibrista Derek Coda Prin, “fino alla settimana scorsa a Forlì mi davano dell’assassino”. Ed effettivamente a pochi eletti e illuminati che hanno modo di conoscere il circo e la sua realtà corrispondono molte più denigrazioni nei confronti della pista e dei circensi, e che hanno luogo spesso nelle scuole elementari.
Elvis Coda Prin nel circo ha fatto di tutto ma da una decina di anni a questa parte lavora con gli animali, soprattutto quelli esotici. In questo caso, oltre all’adattabilità tipica dei circensi, si deve sviluppare anche una profonda dote di pazienza: “Gli animali sono come noi esseri umani, può esserci la giornata che non hanno voglia di fare nulla, come quella in cui sono particolarmente agitati. Per ogni giorno di lavoro con loro si può raccontare un aneddoto, guarda soltanto cosa è successo con Del Piero (la zebra, ndr) l’altro giorno!”. E non si deve dimenticare la dedizione: la giornata di chi lavora con gli animali comincia sempre pensando prima a loro, alla loro colazione, alla loro pulizia; continua in loro compagnia con le prove e termina comunque con la loro priorità.
E poi sotto lo chapiteau del Circo di Barcellona ci sono tante altre piccole realtà interne, quelle di ciascun artista e individuo: Enis Franchetti prima di diventare il clown Banana era un cavallerizzo che eseguiva numeri di coppia con la moglie Luana Franchetti, ma le cose cambiano “noi facevamo passi a due, jockey, un mestiere duro; quando il cavallo ti butta giù e sei giovane, cadi, ti rialzi e continui, ma l’età avanza e arriva un momento che le cadute cominci a sentirle diversamente e in maniera più pesante per cui è meglio farsi da parte”. Con rimpianto? “Si certamente, ciascuno di noi ama la pista, ama il suo numero e ama avere l’applauso del pubblico, è la cosa più bella”. Si continua anche se il pubblico è poco, anche se tutto sembra più “triste”, ma il sorriso va sempre conservato.
Poi c’è David Kost, artista italo austriaco al trapezio washinghton, circense da quattro generazioni, da un mese insieme al Circo di Barcellona dopo quasi vent’anni trascorsi all’estero e che conferma quanto altri circensi in passato hanno detto: che all’estero il ruolo dell’artista di circo gode di una stima molto diversa da quella che spesso ha in Italia. David Kost che ha ripreso a fare il trapezio washinghton dopo una brutta caduta durante una tournée in Tunisia: tre anni senza salirci più sopra ma diventando clown di serata e scoprendo quanto sia più difficile catturare il sorriso della gente, coinvolgendola e stupendola perchè “sul trapezio sali e fai il tuo numero quasi a memoria ma fare il clown e avere successo durante una serata dipende tutto dal pubblico e da mille altre variabili”.
Anche Miss Maghie, figlia dell’ammaestratore Alex Franchetti, la cui specializzazione non sono solo i tessuti aerei ma anche numeri all’hula hoop dal sapore iberico, ha all’attivo una brutta caduta avvenuta due anni fa: tre vertebre fratturate e uno stop forzato. Poi? “Non ho più fatto il cerchio aereo, ma adesso lavoro ai tessuti che sono più difficili”.
In fondo sono tutti consigli validi là dentro come qui fuori: sapersi adattare, lavorare, lottare, sorridere e soprattutto cadere e rialzarsi.
Stefania Ciocca