Mario De Biasi, classe 1923 e una curiosità che si esprime attraverso la fotografia da far invidia ai più giovani (e non solo). Compirà a giugno 88 anni ma nessuno lo ferma: ama raccontare di sé, dei propri lavori, dei progetti e, naturalmente, delle fotografie. E come solo i più grandi sanno essere, non risparmia il giusto suggerimento ai più giovani.
Nacque nel 1923 in un paesino del bellunese e bizzarro è il suo incontro con la fotografia.
Quando la guerra scoppiò De Biasi lavorava nel settore radiotrasmissione della Magneti Marelli. Dopo qualche tempo giunse l’accusa (quelle accuse che in tempo di guerra venivano accampate per aria) di servire la Patria in maniera poco adeguata, venne quindi mandato in un campo di prigionia nel nord della Germania. Fu lì, quando la libertà fece capolino, che De Biasi trovò tra le macerie di Norimberga una macchina fotografica. Fu l’inizio di una passione e di un lavoro che fruttarono moltissime soddisfazioni.
Il lavoro vero e proprio iniziò nel 1953 con la celebre rivista Epoca, che contribuì ad annoverare molti importanti fotografi italiani tra le proprie pagine, e ci rimase per trent’anni. Nello stesso periodo una rivista dedicata al cinema, la Bolero Film, stava conoscendo un periodo di magra e chiese così “in prestito” il fotografo De Biasi per la realizzazione di un reportage che avesse per protagonista una ragazza in giro per una città.
La ragazza era Moria Orfei, la città in questione Milano, e il fotografo De Biasi consegnò alla storia della fotografia una delle sue immagine più belle, simboliche e significative.
Fu il frutto di una giornata di lavoro iniziata al mattino in piazza San Babila: Moira Orfei doveva camminare, entrare e uscire dai negozi, essere naturale, e De Biasi faceva il suo lavoro. Nel frattempo i curiosi, senza ancora sapere nulla, domandavano a De Biasi chi fosse la donna fotografata, i più temerari (o previdenti?) azzardavano a chiedere un autografo: i passi prima di diventare la Moira Nazionale andavano ancora compiuti, ma la strada era quella giusta.
Le foto proseguirono lungo tutto Corso Vittorio Emanuele sino a giungere in Piazza del Duomo, dove De Biasi disse a Moira di andare verso la Galleria: lui stava dietro mentre la scena che davanti si presentava era quella di un folto gruppo di uomini la cui attenzione non era chiaramente attratta dal fotografo.
Ecco l’Italia del 1953: una Lambretta, il quotidiano La Notte che spunta da un taschino e gli uomini che ammirano una donna passare con passo sicuro in quello che è considerato il salotto mondano milanese per eccellenza. Infatti questa fotografia, intitolata Gli Italiani si voltano, così simbolica, venne ospitata insieme ad altre due fotografie di De Biasi al Guggenheim di New York per una retrospettiva dedicata all’Italia, The Italian Metamorphosis 1943-1968. A oggi è diventata un’icona (così come il fotografo e il soggetto fotografato) e si spera di poter vedere un giorno, raccolte in unico volume, anche le altre immagini che raccontano di quella giornata che proseguì poi sul tram in giro per Milano, per giungere a Lambrate dove si trovava il circo di Moira Orfei. Anche lì De Biasi scattò fotografie di Moira in mezzo ai carrozzoni, davanti alla gabbia delle tigri e vicino allo chapiteau, per concludere la serie alla sera: uno scatto di Moira trapezista.
Questa è solo la storia di uno scatto. Mario de Biasi in più di cinquant’anni ha visto luoghi e persone, ha fotografato fatti storici e di costume, ha catturato la quotidianità e l’ha riproposta in immagini di grande poesia. E ciò che davvero è meraviglioso vedere è la freschezza con cui prosegue la sua strada, arrivando a sperimentare e utilizzare in fotografia il linguaggio dell’astrattismo.
Ai giovani dice sempre che bisogna nutrirsi del lavoro dei Grandi senza però imitarli; suggerisce di studiare sempre, e soprattutto quando si lavora con i soggetti umani per poter entrare in sintonia e cogliere l’attimo in cui si è più rilassati (o semplicemente se stessi); e dice anche che la fotografia si impara solo fotografando: lui ancora non ha smesso, e finché ci sono cose nuove da scoprire e imparare ci saranno anche nuove immagini che ci faranno stupire.
Stefania Ciocca