Dimitri, il clown poetico
“Se la semplicità fosse un fiore, il clown assomiglierebbe a un erborista”.“Il clown è un eterno buffone del re, che desidera semplicemente far ridere le persone, e divertirle donando loro qualcosa di se stesso”.
“I clown sono un poco i bambini del paradiso perché sono eternamente alla ricerca della felicità”.
Pillole di saggezza di un clown, ma anche mimo e attore, che ha fatto scuola e che risponde al nome di Dimitri Müller.
Nasce in Svizzera, ad Ascona, il 18 settembre 1935. Il genio creativo lo assorbe in casa: il padre è pittore e scultore, la madre confeziona poetici oggetti in stoffa. Quando è ancora un ragazzino mette piede al circo Knie ed è forse questo incontro che lo segna per la vita portandolo sulla strada dell’arte. Vede in azione un clown di nome Andreff e ne rimane colpito. Il clown è fatto per il pubblico e Dimitri lo comprende bene. Dirà da grande: “Il clown è come se dipingesse, o componesse musica, col suo stesso corpo. D’altronde, egli si dipinge il volto ed è a quel punto che si esprime col corpo, e con l’anima. Ecco ciò che rende l’arte del clown una delle più pubbliche: sarebbe infatti assurdo immaginare un clown fare il clown da solo, in una foresta… L’idea sarebbe molto bella, è vero, e talvolta sono stato tentato di fare il clown per il mondo, per gli alberi, per gli spiriti o per il paradiso; ma non è quello, evidentemente, l’obiettivo. L’obiettivo consiste nel divertire le persone, nel farle ridere e piangere. Il nostro ruolo è quello di emozionare il pubblico e mostrargli, e dimostrargli, in modo poetico le debolezze umane. Al di là dell’attualità, al di là del tempo”.



“Il nostro critico è il pubblico, sono gli amici – forse innanzitutto loro, e poi, ovviamente, il ridere”, ha scritto Dimitri. “Il ridere e non gli applausi, perché applaudire lo si può fare sempre, non fosse altro che per gentilezza, per educazione, per non offendere troppo l’artista. Ma scommetto che, riguardo il ridere, non si è mai arrivati a suscitare artificialmente le risate di un intero teatro. Il ridere non lo si suscita se non si costruiscono le cause per scatenarlo. Non esiste la claque delle risate”.
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