di Flavio Michi
Davis, è difficile diventare un bravo clown da giovane: che giudizio dai di te?
Fare il clown è difficilissimo e non solo da giovane, tutti hanno un lato comico, ma pochi riescono a tirarlo fuori. Non basta avere talento, bisogna anche saperlo esprimere. Per quanto mi riguarda, faccio molta autocritica, mi riguardo in video e non sempre mi piaccio (anzi quasi mai), sono consapevole di poter e di dover migliorare.
Quando hai pensato di fare il clown e come sei riuscito a diventarlo?
Mio nonno Francesco Vassallo (in arte Ciccillo) è stato un ottimo clown, molto conosciuto nel sud Italia, dove all’epoca si esibiva la famiglia Vassallo. Mio padre dopo aver lavorato come acrobata in vari numeri insieme ai suoi fratelli e sorelle Lucia, Salvatore, Eugenio, Edoardo, Clara e Riccardo, cominciò a seguire le orme di mio nonno, diventando un bravissimo clown. Anche i miei zii, Salvatore ed Eugenio, avevano lavorato come clown; credo dunque fosse nel mio dna. Ho iniziato giocando, imitando le gag di mio padre e ascoltando i racconti delle gag di mio nonno. Giorno dopo giorno mi sono reso conto che era quello che volevo fare.
Pensa che la mia prima apparizione in pista è stata a soli due anni in braccio a mio padre nel finale dello spettacolo. Naturalmente non me ne rendevo conto. Mio padre però disse che ero a mio agio in pista in mezzo agli altri artisti, così ci ritornai parecchie volte con mio padre, per gioco, in piccole gag.
Il mio vero debutto però fu a otto anni nel circo di Vienna Roller (il circo dei fratelli Vassallo) con mio padre e mia madre in una entrata musicale.
Il pubblico migliore e quello peggiore, secondo te?
La differenza tra quello italiano e quello estero secondo me non è una questione di pubblico migliore o peggiore. Alcune volte un clown che ha successo in una nazione non ne ha in un’altra, incolpando magari il pubblico, ma non sempre dipende dal pubblico. Bisogna saper adattare il proprio stile alla nazione o all’ambiente in cui si lavora. Non è facile, ma è questo che rende un clown bravo.
Credo che il pubblico italiano sia differente da quello francese, come anche il francese da quello tedesco. Sono tutti diversi. Alcuni dimostrano il loro apprezzamento in maniera diversa da altri. Bisogna trovare la chiave per far funzionare la propria comicità in tutte le nazioni.
Vieni dal Circo di Vienna Roller, un bel circo italiano. Chi è stato il tuo maestro più importante nella tua formazione?
Un clown deve essere poliedrico, ho avuto tanti maestri da piccolo e non so dire quale sia il più importante. Ognuno di loro mi ha insegnato cose diverse. Da Bianco Zamperla, che mi ha fatto provare i miei primi flic flac e andare a cavallo, a Sandy Barnea, che ha perfezionato la mia tecnica. Pasquale Roccuzzo mi ha insegnato a suonare la tromba, Roberto Navas, insieme a mio padre, mi ha insegnato il “bal di corda”. Nani Colombaioni mi ha dato grandi consigli su come usare la mimica e tanti altri mi hanno aiutato nella mia formazione artistica. Non li ho menzionati tutti e chiedo scusa per questo, ma sono stati tanti, tutti molto importanti per me.
Chi sono i tuoi idoli?
Non ho un idolo in particolare: Mi ispiro a tutti grandi comici della storia: Chaplin, Benny Hill, Totò, Alberto sordi, Mr Bean e tanti altri. Un comico a cui mi ispiro in particolare è Antonio Albanese che mi ha sempre fatto ridere con i suoi personaggi fin dai tempi del programma televisivo di “Mai dire goal”.
C’è qualcosa che non rifaresti?
In passato mi è capitato di fare qualche scelta sbagliata, ma sbagliare fa parte della vita e da ogni errore si trae insegnamento, quindi preferisco concentrarmi sul futuro.
Quanto pensi sia stata e sia importante la tua famiglia nella tua carriera?
Penso sia stata fondamentale. Ho avuto un maestro, mio padre, che da clown è diventato una fantastica “spalla”, insegnandomi tempi comici e guidandomi nei comportamenti dentro e fuori dalla pista e mia madre che è sempre presente. Quando si ha la fortuna di avere una famiglia così tutto diventa più facile.
La nascita di mia figlia Adriana poi ha cambiato molto il mio modo di lavorare, oltre a impreziosirmi la vita. Ora lei è la mia fan numero uno, non si perde uno spettacolo e questo mi dà un’energia incredibile.
Le fasi importanti della tua carriera sono sicuramente quelle dove hai lavorato al Florilegio, al Circo Americano, Circo Massimo in tv, il Festival di Latina. Cosa ti hanno dato in termini di esperienza e di soddisfazioni?
Lavorare in questi ambienti cosi diversi tra loro e cosi importanti ha formato il mio carattere sia come artista, sia come uomo. Lavorare a fianco dei migliori artisti del panorama circense, oltre ad essere stata una immensa soddisfazione, è stato anche un grande insegnamento. Dai migliori si può solo imparare. Poi all’estero sono stato da Giovanni Haltoff, Gerry Cottle, Billy smart, Arnardo, Fovarozy Nagy Zirkus a Budapest, al Zircus Probst, al Karlzrhue Winter Circus, al Festival di Grenoble, al Festival dei Clown di Yekaterinburg. E ho constatato che ogni circo ha il proprio sistema, indipendentemente dalla nazionalità. Alcuni sono più organizzati, altri meno. Ho lavorato in circhi stabili, senza mai cambiare città quindi, e in circhi dove si viaggiava tutti i giorni.
Tra qualche mese inizierà la tua esperienza al Ringling Bros. and Barnum & Bailey Circus, il più grande circo del mondo. Era uno dei tuoi sogni o non l’avresti mai pensato?
Quale artista non sogna di lavorare nel più grande circo del mondo? Fin da bambino ho guardato le foto e i video del Ringling e non avrei mai pensato un giorno di potermici esibire. Provo una grande soddisfazione, ma cerco di non pensarci troppo.
So che dovrò lavorare sodo e non vedo l’ora di iniziare. So di certo che voglio cimentarmi in qualcosa di nuovo, pensato appositamente, anche se senza mai allontanarmi dal mio personaggio. Ho già lavorato in qualche building con il Circo Americano di Enis Togni. Più o meno so quello che mi aspetta. Sicuramente è più difficile lavorare in ambienti cosi grandi, ma lo trovo molto stimolante. Voglio migliorare come artista e in America penso di avere una grande opportunità in tal senso.
A parte tua moglie e tua figlia se dovessi portare con te in America un’altra persona chi sceglieresti e perché?
Mio padre Valter, perché oltre ad essere stato un ottimo clown credo che sia la “spalla” migliore che io abbia mai avuto. Naturalmente assieme a lui mia madre Annemarie. È la prima volta che ci dividiamo per così tanto tempo e distanza. So che mi mancheranno tantissimo, compresa mia sorella Doina. Insomma, fosse per me porterei tutta la famiglia.
Cosa vorresti poter dire al pubblico americano?
Ci sto pensando: non appena sarò là qualcosa da dire là troverò!
L’intervista a Davis Vassallo è contenuta nel numero di ottobre della rivista Circo in distribuzione in questi giorni.