Ieri, giovedì 3 novembre, presso la 7 Commissione Cultura del Senato, è iniziato l’iter del Ddl n. 2287-bis. Se le regole del gioco parlamentare hanno imposto tecnicamente la riproposizione dell’art. 34 nella versione immutata rispetto alla precedente (“revisione delle disposizioni in tema di attività circensi, specificamente finalizzate alla graduale eliminazione dell’utilizzo degli animali nello svolgimento delle stesse”), la trasversale maggioranza parlamentare e il clima palesemente ostile al Circo e più in generale alle attività dello Spettacolo Viaggiante, allo stato, nulla fanno presagire di buono ed impongono una presa di coscienza e comportamenti consequenziali fra i circensi che, dagli esiti dei lavori, vedranno disegnati plausibili o meno spazi e ambiti di attività.
Riponiamo considerazione e fiducia nell’opera di redazione che si accinge a svolgere la senatrice Rosa Maria Di Giorgi; riaffermiamo tuttavia senza la minima possibilità di equivoco, le sacrosante motivazioni di indignazione, allo stato, del Circo italiano.

La norma che vorrebbe introdurre la progressiva dismissione degli animali è lo specchio di una abissale, raccapricciante distanza tra il Parlamento, ovvero il paese legale, e il Popolo, cioè il paese reale. Il Circo si alimenta di un abbraccio popolare radicato nei decenni indisponibile a prescindere dalla presenza degli animali negli spettacoli, abbraccio popolare fonte pressoché unica di sopravvivenza dei complessi.
Lo Stato, com’è noto, dopo avere dispensato al circo – con la legge 163/1985 – l’irrisoria aliquota dell’ 1,5%, ovvero l’elemosina, da dividere poi con lo Spettacolo Viaggiante, non si è vergognato negli anni di ridurre ulteriormente l’aliquota all’1,1%, beneficiando smisuratamente e in particolare un settore come la Danza, certamente nobile, di eccelsa tradizione, ma quanto nessun altro fruito da élite intellettuali e anni luce lontano da un seguito autenticamente popolare.
Regioni, Province, Comuni e altri Enti locali, hanno ancora nei decenni elargito e spesso sperperato pubblico denaro in favore delle più svariate attività, talvolta indegne di essere classificate spettacoli, con l’unica esclusione dalla distribuzione della torta, del Circo e dello Spettacolo Viaggiante. Valga il vero: se oggi cessasse qualsiasi forma di intervento finanziario pubblico in materia di spettacolo, il circo, lo spettacolo viaggiante ed i parchi di divertimento e parte della produzione cinematografica, continuerebbero la propria attività. Tutti gli altri non so.


Alla data di oggi, 4 novembre, e a quasi mezzo secolo dalla promulgazione della legge, a Roma come a Milano, a Napoli come a Firenze, non si è in grado di prevedere dove nel prossimo Natale troveranno precaria e comunque inadeguata dimora i nostri complessi. E in proposito il benessere degli animali passa inesorabilmente attraverso l’adeguatezza dei siti. Le responsabilità storiche e purtroppo attuali della Repubblica al riguardo appaiono obiettivamente colossali.
Di altro, di molto altro, si potrebbe rivelare ma forse oggi, consentendolo i tempi, se ne può rinviare l’illustrazione. Certo ad oggi e comunque fin da oggi, per chi non lo ha ancora colpevolmente compreso, i circensi, particolarmente quei giovani tenuti a difendere il futuro che a loro appartiene prima degli altri, sono tenuti a mobilitarsi nel rispetto della storia della propria famiglia per la tutela di valori naturali di civiltà e di esigenza di rispetto, contro il tentativo di affermazione della dittatura del pensiero unico, per la perpetuazione di una nobile arte, per la difesa vitale di un posto di lavoro.
Antonio Buccioni
