Ana Juan (nata a Valencia nel 1961) ha legato la propria estetica di illustratrice a testate importanti, come il New York Times, The New Yorker o El Paìs, per il quali ha prodotto vignette, illustrazioni e copertine.
Ha lavorato in tutto il mondo, partendo dalla natìa Valencia, Madrid, dove ha condotto gli studi di illustrazione presso l’Accademia di Belle Arti e poi il mondo: Francia, Giappone, Stati Uniti.
Pochi mesi fa, nel settembre del 2010 è stata insignita del Premio Nazionale di Illustrazione che il ministero della Cultura spagnola attribuisce, insieme ad un contributo economico, a quegli artisti che compiono lavori di elevato profilo artistico congiuntamente ad una narrazione letteraria.
Ecco un modo per valorizzare i cervelli autoctoni, anziché metterli in fuga…
Al momento in Italia sono editi tre libri illustrati di Ana Juan: Sorelle, AMANTES e Circus.
Quest’ultimo raccoglie una quarantina di tavole realizzate a carboncino (quindi bianco e nero eccetto che per degli sprazzi di rosso qui e là) in cui bizzarri individui prendono vita, a partire da un albero che si trasforma in ragno e che conduce due ragazzine ad entrare in un oscuro circo, dove i personaggi rappresentano una danza macabra ma anche poetica. Elementi che se mescolati sapientemente incantano tutte le età.
Da questa pubblicazione è chiaro il riferimento al circo ma in realtà, sfogliando anche gli altri volumi, AMANTES in particolare, si nota un sottile fil rouge, che ritorna qui e là, un po’ come il violinista volante di Chagall. E non solo come rifugio fantastico, perchè l’artista ha realizzato dei manifesti anche per il Circus Price di Madrid negli anni 2007/2008.
E questo nonostante una lunga assenza dallo chapiteau; ma come accade a molti, il circo può tornare prepotentemente nella vita (artistica o meno) di chi lo sa accogliere.
Quando hai cominciato a disegnare?
Disegno da che ne ho memoria! Poi il passaggio verso il professionismo e l’arte è stato dopo aver compiuto gli studi di decorazione: mi sono trasferita da Valencia a Madrid e lì ho avviato la mia carriera come illustratrice. Da quel momento non ho più smesso.
Parlaci della tua relazione con il circo?
Quando ero piccola adoravo il circo. Ricordo che di solito, prima di Natale, il Circus Rippling o il Circo Americano venivano in città e mia madre mi portava almeno una volta all’anno a vedere gli spettacoli. Ma passata l’infanzia non mi sono più interessata a questo tipo di spettacolo, finchè più tardi, quando vivevo in Francia, sono stata catturata dalla scuola francese del circo, così poetica e suggestiva: La Voliér Dromesko, Zingaro, Bartabas hanno completamente cambiato il mio modo di vedere il circo e mi hanno aperto nuovi orizzonti.
Il tuo ultimo lavoro (Circus, ndr) è interamente dedicato al circo, ma sfogliando le pagine di un altro lavoro, AMANTES, un capitolo era dedicato ad amore e dolore sotto uno chapiteau. Che cosa ami del circo?
Il Circo è un universo chiuso, dove sotto quel tendone pare che ogni meraviglia possa aver luogo. Non ci sono regole o leggi, se non quelle dei binomi magia e tragicità, felicità e tristezza, crudeltà e tenerezza, poesia e durezza.
Quali sono le tue influenze?
Ci sono molti artisti che mi hanno ispirato, come Katje Koltwitz, Daumier, Max Ernts…
Ho ereditato molti dei miei libri da mia sorella; lei era più grande di me di diversi anni perciò i libri erano bizzarri rispetto a quelli della mia generazione. Ricordo, per esempio, una bellissima edizione delle Mille e una Notte oppure The Funny series of Just William di Richard Crompton. E poi anche vecchi libri degli anni ’30, quelli che trovi ormai dimenticati negli scatoloni in soffitta. Senza dubbio sono stati tutti quei libri con le loro illustrazioni ad aver costruito il mio modo di vedere, e disegnare, il mondo. Inoltre i miei studi d’arte mi hanno permesso di entrare in contatto con la storia dell’arte: adoro i vecchi maestri del Rinascimento, i pittori fiamminghi come Vermeer, oppure Chagall, e tanti altri ancora. Ad influenzarmi c’è stato anche il cinema, la fotografia….insomma, la vita!
A proposito di Circus: perché hai scelto di rappresentare una storia solamente attraverso le immagini?
Mi è sempre piaciuta la narrazione puramente iconografica, fatta solo di immagini. Per esempio, uno dei miei primi lavori, Requiem, era un fumetto senza parole.
Un paio di anni fa Lina Vergara, della casa editrice Logos, mi chiese di realizzare un libro che narrasse una storia fatta solo di disegni e io non ho potuto rifiutarmi. Una delle sfide della mia vita è stata proprio quella di raccontare qualcosa usufruendo di meno elementi possibili, dove pochi tratti potessero servire a suggerire ricordi, pensieri presenti e futuri e il circo, in questo senso, è stato un’ulteriore sfida.
Tra i personaggi che hai disgnato ci sono due gemelle, dei porcellini, una sirena, un ragno, una ballerina con un coltello che fuoriesce dalla sua testa…. Chi rappresentano?
Io vedo il circo come una favola che sa di vita e di morte.
Per esempio: le due gemelle sono le vittime, così come i due maialini: tutti subiscono il fascino del ragno che invita a entrare sotto il tendone e, come la morte, invita a giocare con il fuoco.
Tutti gli altri personaggi che sfilano come in una parata un tempo erano persone in carne e ossa, ma hanno incontrato la morte lungo il loro cammino: suicidi d’amore, incidenti (per esempio la sirena era una giovane donna annegata).
E tu sei una di loro?
No, per ora no. Ma sono sicura che un giorno mi unirò alla parata del circo e la seguirò per sempre.
Cosa vorresti che le persone vedessero nei tuoi disegni?
La vera magia sta nel fatto che ogni individuo ha un suo modo di vedere le cose e quindi di interpretarle.
Venite gente, lo spettacolo ha inizio!
Stefania Ciocca