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Circo Reale: uno sguardo dai sovrani della pista

di Roberto Bianchin

Se il Circo ha potuto raggiungere i traguardi che hanno costellato la sua storia, continuando ad affascinare miliardi di persone, è grazie non solo agli artisti che lo hanno reso grande ma anche a chi lo ha amato e difeso. È il caso di Ranieri III, di sua figlia Stephanie e di tutta la famiglia reale monegasca, che col Festival Internazionale del Circo di Monte Carlo ha creato un appuntamento imperdibile che di anno in anno rinvigorisce la passione per il più grande spettacolo del mondo.

Nei lunghi, noiosissimi pomeriggi passati quand’era ragazzo alla Summerfields School di St Leonards-on-Sea nell’East Sussex, Inghilterra, aveva imparato a fare dei giochi di prestigio con le carte. Continuava a farli, per gli amici, anche quando non era più giovane. Quello che gli riusciva meglio era di far sparire una carta strofinandola sulla manica della giacca. Ma non voleva fare il mago. Nel suo cuore c’era il Circo. Sognava di fare il clown, “il mestiere più difficile”. Le altre sue passioni erano i domatori e gli acrobati. Fu questo grande amore per il Circo a spingere Sua Altezza Serenissima il Principe Ranieri III di Monaco, all’anagrafe Rainier Louis Henri Maxence Bertrand Grimaldi, scomparso a 81 anni nel 2005, a creare nel 1974 il Festival Internazionale del Circo di Monte Carlo, il più prestigioso al mondo. La vetrina più esclusiva. Quella che tiene vivi i valori e la cultura del Circo, che quest’anno festeggia i 250 anni dalla nascita, e che da 42 anni continua ad avere nel Principato di Monaco, oggi grazie all’impegno, alla passione e alla competenza della Principessa Stéphanie, il suo più alto, più importante, insostituibile punto di riferimento.

Rilanciare lo Spettacolo Popolare
Ranieri, che amava il più antico spettacolo del mondo “perché sotto lo chapiteau è vietato barare e devi mostrare ogni sera quello che sai fare”, ma anche perché “permette di ritrovare l’infanzia perduta”, aveva le idee chiare: “Quando ho creato il Festival, il Circo non era morto, ma stava diventando un’arte minore, svalutata. Era in pericolo a causa di un calo del suo valore artistico, e soffriva la disattenzione del pubblico. Per questo ho voluto offrire al Circo un riflettore. Per valorizzarlo. Per richiamare l’attenzione del pubblico.
Ho pensato che fosse giusto che anche il Circo, come altre discipline artistiche, avesse un proprio festival. E l’ho voluto festoso, pieno di colori, di sogni, di gioia di vivere, con i numeri migliori del mondo”. Un lavoro proseguito in modo perfetto dalla figlia Stefania Maria Elisabetta Grimaldi, semplicemente Stéphanie: “Grazie all’intuizione di mio padre, che mi ha trasmesso la sua passione, il Circo è tornato ad avere il posto che merita. Un bellissimo esempio di competizione tra Paesi, senza distinzione di razza e di religione, che premia il coraggio, l’audacia, l’ingegnosità e il lavoro”. “Del resto ci sarà un motivo – sosteneva Ranieri – se il Circo, spesso ritenuto – a torto – un genere desueto e minore, è riuscito a sopravvivere in un’epoca in cui proliferano gli spettacoli e le mode, ed è ancora capace di affascinare le persone più diverse, senza distinzione di età, di cultura e di posizione sociale”. La ragione, a parere del Principe, sta nel fatto che esso è “una scuola di creazione, di rigore e di perseveranza per gli artisti, e allo stesso tempo uno spettacolo di verità e di emozione per gli spettatori. Gli uni e gli altri vivono sotto lo chapiteau dei momenti unici, in cui si mescolano sogno e realtà, brivido e risate, stupore e complicità. Ma il soffio della pista è fragile ed effimero. Basta poco per vederlo svanire. È per sostenerlo e per farlo amare sempre di più che è nato il Festival”.

Di padre in figlia. Ranieri III e Stéphanie condividono
la stessa passione per il Circo (Foto: Lionel Nivier / Sipa)

Amare gli animali
Non avrebbe mai pensato che anni dopo sarebbe spuntato qualcuno che avrebbe cercato di fare del male al Circo pretendendo di togliergli gli animali. Inconcepibile, per lui. “Se non ci fossero gli animali, il Circo non sarebbe più Circo. Diventerebbe un music hall”. Lui era stato il primo animalista. Aveva preteso, molti anni prima che il problema venisse sollevato, regole rigidissime per i numeri con gli animali, ed era arrivato al punto da non far esibire un numero, pure ingaggiato, avendo constatato che gli animali non venivano tenuti nel migliore dei modi. La Principessa Stéphanie è sulla stessa linea. “Mi batterò fino all’ultimo perché gli animali restino nei circhi. Certi attivisti che si oppongono al lavoro degli addestratori, e che non vogliono più vedere degli animali sotto gli chapiteau, non sanno nulla del mondo del Circo. Non lo conoscono”. La Principessa è presidente del Comitato Organizzatore del Festival, si occupa di tutto, dall’organizzazione ai numeri e alle prove, è attenta a ogni dettaglio. Di fronte alle proteste delle associazioni che in vari Paesi d’Europa stanno facendo pressioni verso i governi per tentare di convincerli a varare leggi che vietino l’utilizzo degli animali nei circhi, la Principessa ha deciso di passare alla controffensiva. Quest’anno, in occasione del Festival, ha avviato, su un grande tabellone posto all’ingresso, una petizione in favore del Circo con gli animali, “Pour le cirque avec animaux”, destinata alle autorità competenti, che ha raccolto migliaia di firme. Stéphanie ritiene che le pressioni delle associazioni animaliste derivino da “una mancanza di informazione e di educazione”. “Trovo scandaloso, nei nostri Paesi democratici, che una minoranza di persone voglia decidere e imporre il proprio modo di pensare a una maggioranza”. “Il nostro chapiteau è sempre pieno perché noi abbiamo gli animali, e le persone hanno voglia di vedere dei numeri con gli animali. Siano grandi o piccoli, per gli spettatori il Circo è fatto dai clown, dagli acrobati e dagli animali. E non è un caso che ormai da parecchi anni il premio speciale che viene assegnato dal pubblico vada proprio ad un numero con gli animali”.

Foto Andrea Giachi

La Principessa dice che a Monte Carlo gli animali sono considerati come degli artisti veri e propri che fanno parte della grande famiglia del Circo. È per questo che tutti gli anni durante il Festival una giornata viene dedicata al tema dell’addestramento (porte aperte, ingresso libero), proprio per far vedere al pubblico, insieme agli addestratori e ai veterinari, come dei professionisti lavorano con gli animali. “Ma quelli che ci criticano non vengono a vedere come vivono gli artisti con i loro animali. È un’esistenza dedicata a loro, ventiquattr’ore su ventiquattro, senza mai un giorno di vacanza. Sono artisti che darebbero la vita per i loro animali. Gli animalisti possono fare le proteste che vogliono. Io mi batterò fino alla fine perché si continui a fare il Circo con gli animali. Questo fa parte del nostro patrimonio culturale da duecento e cinquant’anni”. Stéphanie ha promosso la nascita della European Circus Association e della Fédération Mondiale du Cirque, che si occupano della promozione delle arti circensi, ha ideato la Giornata Mondiale del Circo, che si svolge tutti gli anni in aprile, e ha dato vita all’Associazione Baby & Nepal, dal nome dei due elefanti che ha salvato
dopo che erano stati condannati a morte perché vecchi e malati, e che per cinque anni ha ospitato (fino alla scomparsa di Baby lo scorso maggio) in un terreno che le aveva messo a disposizione suo fratello, Sua Altezza Serenissima il Principe Alberto, sulle alture del Principato.

Foto Andrea Giachi

Verso il futuro
Animali a parte, Monte Carlo non ha solo donato un’aura di nobiltà alle arti circensi accendendo un riflettore sfavillante sull’aristocrazia del Circo, ma ha fatto di un Festival, che all’inizio durava solo un fine settimana, una manifestazione imponente, della durata di un mese, che nell’importante stagione monegasca è il secondo appuntamento più importante dopo il Gran Premio di Formula Uno. Infatti non sono soltanto raddoppiate le giornate di spettacolo ma è raddoppiato lo stesso Festival, con la nascita di un altro riuscitissimo “gemellino”, il Festival New Generation dedicato alle giovani promesse e guidato dalla giovane, ma già esperta, Pauline, figlia di Stéphanie. Tutto questo ha fatto di Monte Carlo l’indiscussa Capitale mondiale del Circo. Se il Circo sopravvivrà nonostante tutto – come credo – alle nuove e difficili sfide, molto lo dovrà all’impegno e alla passione di Ranieri e Stéphanie, due autentici Principi di un Circo davvero Reale.

L’articolo di Roberto Bianchin è stato pubblicato sulla rivista “Circo” speciale estate 2018