La storia del Circo è anche la storia degli italiani che lo hanno reso grande. Artisti richiesti in tutto il mondo, imprenditori all’avanguardia e, in tempi più recenti, imprese ed aziende leader nel settore dei servizi per i circhi. Dagli albori pionieristici, quando viaggiare era una vera e propria avventura, sino ai giorni nostri fatti di nuove tendenze e recupero della tradizione, i nostri connazionali hanno dato un contributo fondamentale allo sviluppo ed alla diffusione del Circo nel mondo.
di Alessandro Serena
Il Circo ha un padre inglese, ma è cresciuto coi parenti italiani. Essi lo hanno fatto diventare grande e gli hanno permesso di viaggiare in tutto il mondo. Tra i pionieri del Circo spiccano proprio tre nostri connazionali. Se Astley è il Messia, loro sono gli evangelisti, che hanno diffuso in ogni continente la Buona Novella dello Spettacolo Popolare. In Francia è soprattutto Antonio Franconi (1737-1836) ad imporre il nuovo intrattenimento al pubblico, portando sulla pista di tredici metri di una sala coperta pantomime equestri, acrobati, saltatori e funamboli. Gaetano Ciniselli (1815-1890) viaggia in tutta Europa (Francia, Germania, Olanda, Svizzera) coi suoi cavalli. Forte del titolo di Cavallerizzo Onorario di S. M. il Re d’Italia ottenuto da Vittorio Emanuele, nel 1871 porta il suo Real Circo Italiano in Russia, dove fonda un circo stabile sia a Mosca che a San Pietroburgo. Quest’ultimo è attivo ancora oggi ed è dedicato proprio a lui. La Trinità Circense si chiude con Alessandro Guerra (1790–1856), proprietario e direttore di un importante complesso artefice di ottime tournée all’estero. Impetuoso in pista e all’esterno, gestisce il circo con piglio autoritario e grintoso guadagnandosi il soprannome di “Furioso”.
Nella seconda metà dell’Ottocento gli artisti conseguono uno status invidiabile, complice la diffusione dei teatri di varietà che li consacrano a vere e proprie celebrità. Da subito gli italiani sono fra i più richiesti, al punto che molti stranieri prendono dei soprannomi nostrani per ammantarsi di una sorta di esotismo prossimo e vendersi meglio: Cinquevalli, Corradini, Salerno. Anche l’attività imprenditoriale non conosce tregua ed ottiene risultati clamorosi.
Menzione particolare la merita Giuseppe Chiarini (1823-1897) che con le sue tournée ha visitato praticamente ogni angolo della Terra: Nord e Sud America, Australia, Nuova Zelanda, India, Indonesia, Giava e Sudafrica.
Novecento made in Italy
Entrando nel Novecento raggiungiamo definitivamente l’epoca del divismo. Sono italiani molti dei nomi che il pubblico trovava sui giornali di ogni nazione, artisti seguiti tanto nelle loro imprese in pista quanto nelle vicende amorose; il gossip, allora, non riguardava i calciatori ma i circensi. Tra i più celebri citiamo il leggendario trasformista Leopoldo Fregoli, il trapezista Genesio Amadori, primo europeo a eseguire il triplo salto mortale e Hugo Zacchini, l’uomo proiettile. Si distinguono poi i clown Fratellini, che insegnano al Vieux Colombier di Jacques Copeau e sono ammirati da artisti del calibro di Jean Cocteau. Nel Ventesimo secolo l’Italia regala alcuni tra i più importanti artisti di sempre. Enrico Caroli è probabilmente il più talentuoso cavallerizzo di tutti i tempi; coi fratelli Ernesto e Francesco stupisce il pubblico d’Europa. Sul fronte della giocoleria è Enrico Rastelli (attivo soprattutto negli Usa, in Francia e in Germania) a stabilire record di virtuosismi ineguagliati, quali la giocoleria di otto piatti con un vaso tenuto in equilibrio sulla fronte, saltando la corda con una gamba mentre l’altra fa roteare un cerchio.
Nella seconda metà del Novecento si afferma il tendone come luogo per eccellenza del Circo. In Italia nasce una vera e propria comunità viaggiante e si disegna una mappa di parentele intrecciate. L’itineranza, impressa nel dna del Circo, viene confermata, soprattutto nel dopoguerra, durante gli anni del boom economico. In quel periodo il nostro Paese aggiunge al ruolo di punto di riferimento artistico che già deteneva quello di leader nei settori “paralleli” allo spettacolo, ovvero tutte quelle attività necessarie alla realizzazione degli show. Fra i tanti bisogna ricordare almeno i più rilevanti.
La ditta Canobbio, con sede a Pavia, diventa la principale fornitrice mondiale di tensostrutture d’avanguardia.
Le famiglie Calcide e Anceschi si occupano invece di tutto ciò che sta sotto il tendone: molte delle tribune, dei carri e degli attrezzi di pista utilizzati nei più importanti circhi internazionali sono di fabbricazione italiana. Se siete tra quelli che rimangono a fissare affascinati i cartelloni dei circhi, locandine pittoresche dalle quali sembra già di sentire l’odore di segatura e popcorn, dovete ringraziare Roberto Fazzini, titolare dell’omonima ditta che da anni, come recita il suo slogan, “stampa emozioni” per i complessi di tutto il mondo.
Si tratta di un esercito silente, un artigianato made in Italy che non gode delle luci della ribalta, ma che proprio quelle luci (assieme a tutto l’occorrente per offrire al pubblico uno spettacolo perfetto) mette a disposizione.
Le grandi famiglie del Circo
Il clima favorevole degli anni Sessanta contribuisce al consolidamento di prestigiose dinastie. Il caso più eclatante di emigrazione all’estero rimane forse quello di Orlando Orfei (1920-2015), il quale si trasferisce nel 1968 in Brasile, dove fonda coi figli il Circo Nazionale Italiano e gestisce un grande parco di divertimenti; passerà praticamente tutto il resto della sua vita in Sudamerica, dove verrà celebrato con enorme affetto alla sua morte, ricordato come uomo di circo “dei due mondi”. Una curiosa esperienza all’estero vede come protagonista la Regina del Circo, Moira Orfei (1931-2015), che aveva iniziato a far tournée fuori dall’Italia già nel 1975 (in Jugoslavia, Spagna, Bulgaria e Libia); due anni dopo la compagnia, guidata dal marito Walter Nones, si trova in Iran quando scoppia l’insurrezione popolare, bloccando il rientro della troupe. Sono momenti di apprensione la cui eco arriva ai nostri media che riportano la notizia e si appassionano alla sorte dei cento artisti e cinquanta animali che attendono il momento propizio per tornare in patria.
Una forte vocazione all’estero la ebbe senza dubbio Leonida Casartelli, artista poliedrico che in seguito si affermò anche come impresario, diventando uno fra i più importanti direttori del secondo dopoguerra. Sotto la sua guida, i Casartelli formano lo zoo viaggiante più grande d’Italia, passando l’inverno nel nostro Paese e l’estate all’estero in nazioni come Grecia, Israele, Turchia. Fra i tanti nomi che presero i tendoni ed i relativi spettacoli in Europa, sicuramente il più celebre è il Medrano, che esordisce nel 1972 e consacra definitivamente la famiglia Casartelli-De Rocchi.
Partiti con un minuscolo tendone da quaranta posti grazie ad Aristide, i Togni daranno vita alla più potente industria italiana dello spettacolo circense. Nel 1976 Livio porta in auge il Florilegio, un complesso che si afferma in tutta Europa (nel 1990 riscuote grande successo a Parigi). Questo ramo dei Togni è sicuramente uno dei gruppi circensi che ha viaggiato maggiormente toccando tra le altre nazioni Francia, Belgio ed Irlanda e spingendosi in Africa del Nord, in Ghana e in Brasile. Vanno ricordati anche il Circo Americano di Enis Togni (responsabile anche della direzione tecnica del Festival di Monte Carlo) e le performance del suo primogenito Flavio che si distingue fra le maggiori stelle dell’ammaestramento di animali esibendosi in quasi tutti i paesi europei oltre che negli USA (nella stagione 1991-1992 del famosissimo Ringling Bros. Barnum & Bailey).
Nato in seno alla famiglia Bellucci, il complesso Embell Riva ha visitato l’estero frequentemente e con successo;
tra le tournée più recenti, quelle in Albania e soprattutto in Egitto, dove ormai la compagnia è di casa. Anche i Bizzarro continuano ad esibirsi nel Nord Africa, terra che è sempre stata accogliente nei confronti del nostro Circo.
Vi sono poi famiglie che hanno trasformato le stagioni fuori dal nostro Paese in una permanenza fissa: i Rossi,
i Macagi e i Faggioni, ad esempio, si sono trasferiti in Spagna praticamente naturalizzandosi in quella nazione.
La rinascita del nuovo millennio
Dopo il periodo luminoso dei kolossal circensi negli anni Settanta e la flessione del decennio successivo, i Novanta e il più recente passato confermano la centralità del Circo del nostro Paese. Italiano è l’artista considerato il più grande clown classico dei nostri giorni, David Larible. Inizia intrattenendo il pubblico prima dello spettacolo al Circo Krone. È notato in Sudamerica da Kenneth Feld che lo vuole, primo pagliaccio della storia di Ringling Bros. Barnum & Bailey, come star della pista centrale. Negli USA partecipa anche a Kaleidoscape, un elegante show la cui regia è affidata ad un altro italiano, Raffaele De Ritis, pioniere del nouveau cirque tricolore. Nel 1999 Larible è il primo pagliaccio a vincere il Clown d’Oro in gara a Monte Carlo. Innumerevoli da allora le sue esibizioni all’estero, capaci di penetrare anche mercati generalmente autarchici come Cina e Russia. Una storia simile a quella di un altro grandissimo interprete della risata, Gianni Fumagalli Huesca. Nel 1994, mentre lavora al Circo Nazionale Austriaco, viene visto da Bernhard Paul, direttore del celebre circo tedesco Roncalli, che lo scrittura immediatamente. Il riscontro è strepitoso, gli apre le porte del Big Apple Circus di New York e gli vale un Clown d’Argento al quale seguiranno diversi contratti internazionali e finalmente, nel 2015, il meritato primo premio al festival del principato.
Per quanto riguarda il lavoro con gli animali, oltre al già ricordato Flavio Togni va citato certamente Giuseppe Nones, il primo ammaestratore di felini (dodici tigri al Circo di Moira Orfei) ad aver vinto l’Oro a Monte Carlo. Suo erede è Stefano Orfei Nones, figlio della Regina del Circo e Walter Nones; vincitore di numerose statuette a Monte Carlo, nel 2016 è stato scelto come artista dell’anno durante la seconda edizione del Premio Internazionale Master a Sochi, in Russia.
Tra gli acrobati vanno segnalati i fratelli Pellegrini, che hanno lavorato da Ringling e al Lido di Parigi, si sono aggiudicati il primo premio a Monte Carlo nel 2008 e da più di trent’anni calcano le scene senza che il tempo abbia scalfito la loro statuaria eleganza. Gli Errani (Clown d’Oro nel 2004 coi giochi icariani) hanno deciso di stabilirsi all’estero (nella vicina Svizzera) quando al Circo Knie è scoccata la scintilla tra Maycol e Geraldine, discendente della più importante dinastia elvetica. Nel 2009 i due convolano a nozze e da quel momento Errani assume un ruolo centrale nella gestione del tendone, portando un po’ di ruvida esperienza italiana.
Il fenomeno del nuovo circo, che ha iniettato nel settore linfa giovane e idee innovative, è vastissimo e meriterebbe una trattazione specifica. Qui ricordiamo solo le esperienze che si accostano al Circo classico nella scelta di avere un tendone.
Molte delle nuove compagnie sembrano infatti voler riproporre con forza l’itineranza. Ecco allora che formazioni
come Circo Paniko, El Grito, MagdaClan, Side Kunst Cirque, La Capra Grassa (ma l’elenco è per forza incompleto) scelgono di dotarsi di un proprio, piccolo chapiteau, votandosi al viaggio.
Quello degli artisti italiani all’estero è dunque un fenomeno congenito al Circo, che si è potuto diffondere nel mondo anche grazie ai nostri connazionali che hanno tentato la fortuna fuori dal proprio Paese. Senza il contributo degli italiani la storia del Circo mondiale non sarebbe la stessa.
L’articolo di Alessandro Serena compare sul periodico “Circo” speciale estate 2018.