Caro Ettore,
che paradosso la vita terrena!
A forza di rimandare perché i pretesi impegni non possono attendere, si fa passare il tempo massimo per conoscersi veramente, per confidarsi nell’intimo, per apprezzarsi di più.
Così è stato tra noi e, da credenti, il nostro rendez-vous lo celebreremo un dì in un contesto di luce, di serenità, di pace.
Non hai concesso a nessuno un saluto, un cenno, un segno. Hai preferito molto probabilmente addormentarti all’improvviso tra le tue tigri, compagne inseparabili nella tua parabola terrena.
Ti siamo tutti grati per il tuo esempio di marito e padre affettuoso, di artista limpido e coraggioso, di Circense nell’accezione più nobilitante del termine.
Una Repubblica irriconoscibile che ha tradito la Gente del Viaggio negandogli il promesso e condannandola ad operare in uno stato psicologico permanente di ansia, vorrei dire stress, e di intimidazione, ha fatto il resto e non fugge ad un’inesorabile sentenza di corresponsabilità e di condanna.
“Il pane del Circo è un pane duro: e tu, caro Ettore, l’hai mangiato fino in fondo”.
Non sono miei pensieri ma parole pronunciate dall’immenso Ercole Togni in morte di Giovanni Palmiri.
Le faccio mie e a te le dedico con la promessa di continuare a combattere anche nel tuo nome.
Antonio Buccioni