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Carlo III Colla: umiltà di artigiano, creatività di artista

Carlo III Colla (a destra) insieme a Eugenio Monti Colla
Desidero aggiungere qualche riga a quanto si è detto in questa sede dopo la scomparsa di Carlo III Colla perchè, negli ultimi anni della sua vita, ho avuto l’opportunità di vivere con lui un rapporto di speciale continuità. Parlo di spettacoli marionettistici proposti, o riproposti, all’insegna della aristocratica creatività del cugino Eugenio Monti Colla e rivisitati con lui in conversazioni illuminanti dopo le rappresentazioni. Illuminanti perchè mi svelavano, dello spettacolo, squisitezze che talvolta erano sfuggite al mio sguardo o comunque non erano state colte nel loro autentico valore. Carlo III svolgeva il suo ruolo di uomo del ponte, cioè di colui che gestisce la danza sempre azzardata di fili che in ogni momento potrebbero intrecciarsi, non come un semplice realizzatore ma con l’animo di un creatore inesausto. Dalle sue dita scaturivano proposte d’arte, nell’ambito di una disciplina da troppi considerata al livello di un gioco per bambini, che lo collocavano all’altezza dei massimi nel mondo. E quanto era felice, quando l’azzardo gli riusciva. E come gli brillavano gli occhi quando io, nel dopospettacolo, mostravo – cosa che purtroppo non mi accadeva sempre – di avere colto la gemma passata magari sotto silenzio da tanta parte del pubblico. Gli amici circensi, che spesso si dannano la vita per realizzare un gesto acrobatico di cui pochissimi fra il pubblico intendono il reale valore, possono ben capire quanto vado dicendo. Dare un valore aggiunto a una proposta già così ricca di invenzioni quale era, ed è, lo spettacolo della Compagnia Colla richiesta in tutto il mondo, era ormai ciò che gli restava dopo che nella sua vita era entrato il dolore. Ne aveva parlato, a mia moglie e a me, come se ne parla ad amici di vecchia data. Uomo di quelli di antico legno, che considerano la famiglia un valore inestinguibile, era stato ferito a morte dalla scomparsa della moglie a causa di quello stramaledetto male che tanti fra noi porta via con sè. Le sue giornate, da allora, erano una fatica che neanche la felicità creativa del ponte riusciva a mettere a tacere. Fatica di vivere, fatica di guardarsi attorno, anche se l’amore delle figlie, anche se la fraterna presenza accanto a lui del cugino Eugenio, costantemente operavano perchè tornasse a vedere un futuro davanti a sè. Si è spento silenziosamente, a 76 anni, e chi è andato a visitare la sua salma, esposta al Fatebenefratelli di Milano, ha notato in lui un sorriso sereno che da tempo non c’era più. Ero fra i molti che, il giorno di giovedi 27 settembre, si erano radunati a Clusane, cittadina sul lago d’Iseo, per accompagnarlo in corteo fino a una cella muraria dove finalmente potesse riposare accanto alla moglie. Sino alla fine, niente gesti spettacolari e solo sobrietà d’affetti. Il giusto epilogo per salutare un uomo dello spettacolo che la sua attività aveva onorato con l’umiltà di un artigiano e con la creatività di un artista senza aggettivi.
Ruggero Leonardi