Estrinseco questi brevi pensieri oggi, 9 dicembre, confidando dal profondo del cuore che, con la velocità di una Ferrari ai tempi di platino condotta da Michael Schumacher, giunga, con l’alba dell’anno nuovo, la fine di una stagione dolorosa e tristissima dell’attività del circo nella nostra disastrata Italia.
Sono cattolico e quindi volontariamente obbligato a disdegnare ogni forma di superstizione; l’anno bisestile che sta per lasciarci, tuttavia, all’insegna della cattiva nomea propria di dette periodicità temporali, rimarrà indiscutibilmente difficile da dimenticare.
Struggente e inaccettabile si mantiene a mesi di distanza dalle tragedie intervenute, il ricordo di Alessandro e di Dudi, due sacrifici incredibili ed inauditi. Lieta, viceversa, si ripropone l’immagine candida e dirompente di papa Francesco che, dopo un attimo di perplessità, accarezza il tigrotto perforando tv, iphone e tablet disseminati per l’intero pianeta.
Nel cuore e nel ventre: un anno passato in trincea ed una corsa che nei mesi si sta rivelando orgogliosamente ma desolatamente solitaria. Con tempestivo e ben informato anticipo ho allertato la categoria fin dal mese di gennaio della presentazione, da parte del governo Renzi, di un disegno di legge, il 2287, di riforma del cinema e dello spettacolo dal vivo, che, in materia di circo, nulla innovando in positivo, prevedeva soltanto la progressiva dismissione degli animali dagli spettacoli e dagli ambienti circensi.
Ho invocato sostegno e forza, anche in termini necessariamente materiali. Sono fortemente tentato di pubblicare gli esiti tanto con riferimento alla solidarietà militante, quanto all’entità delle risorse messe a disposizione. Fa niente. Combatterò la mia guerra fino alla fine della legislatura fondamentalmente per amore del circo, per la tigna antica (o per dirla in italiano corretto, irriducibilità) del teppista di Curva, soprattutto per un senso profondamente avvertito di giustizia. Ma so fin da adesso a chi, veramente pochi, dovrò non porgere ringraziamenti, perché, fino a prova del contrario, circhi, animali da conservare e comunità di lavoro alle quali assicurare un futuro dignitoso, ad essi appartengono, bensì doverose rese d’atto allo sparuto numero di direttori che, nel limite delle proprie possibilità, mi ha messo a disposizione conforto umano, sostegno categoriale e qualche mezzo materiale.
Come noto, in un contesto tanto problematico a livello parlamentare, quanto desolante e per certi aspetti incredibile a livello categoriale, anche con la nostra azione si è pervenuti dapprima a separare le sorti del cinema da quelle del resto, ed ora, nell’imminenza di quel Natale che doveva recarci in sgradito “regalo” la privazione progressiva dei nostri compagni di lavoro, a predisporci a fasi della guerra decisive con la grinta e la risolutezza di chi è pronto a tornare dalla lotta con lo scudo o steso sopra lo scudo, certamente non privo dello scudo.
Ho partecipato nel corso di questo 2016 a qualche matrimonio, a qualche festa religiosa o anagrafica. Costantemente sono stato assalito da un sentimento di angoscia tracimante nell’osservare centinaia e centinaia di nostri meravigliosi giovani sereni, gioiosi, irrefrenabilmente spensierati, sognando nel contempo una quasi utopica strada per assicurare a loro, a tutti loro, un dignitoso futuro di lavoro.
Questa potrebbe essere l’ultima malinconica edizione di detta gloriosa pluridecennale testata giornalistica. Nelle prossime ore e comunque prima di Natale, prenderò le mie personali decisioni circa la permanenza al vertice dell’Ente e ciò a prescindere dal consenso e dalla volontà dei soci, quelli, peraltro, giuridicamente corretti ad essere definiti tali.
Arriva Natale, in ogni caso, e il mio augurio si rivolge comunque indistintamente a tutti. Alle poche e generose motrici e ai troppi indifendibili rimorchi. Su quella che è stata, è e confidiamo sarà la parte sulla scena circense italiana dell’Ente Nazionale Circhi, giudicherà la storia.
Antonio Buccioni