di Nicola Campostori
Come molti circensi prima di lui, Bruno Meggiolaro è praticamente nato sulla pista di segatura. Classe 1980, figlio degli artisti Clara Gambarutti e Sandro Meggiolaro, trascorre l’infanzia sotto il tendono di suo zio Nando Orfei. Un periodo da fiaba, come racconta lui stesso: “Passavo la maggior parte della giornata nelle scuderie con i miei amici; ho sempre amato tutti gli animali e sognavo di lavorare con loro”. In un contesto come quello, Bruno non deve aspettare molto per cimentarsi in prima persona come artista: a otto anni lavora già in pista quotidianamente in un numero di acrobatica col fratello Massimiliano, ma la sua vocazione è diventare un grande domatore come Nando e Paride Orfei (suo cugino) e soprattutto come suo padre. Quando il genitore acquista un rettilario, il destino del giovane Bruno è segnato: a 17 anni debutta al circo di Vienna col suo primo numero coi rettili.
Oggi, a distanza di quasi vent’anni da quell’esordio, Bruno ha perfezionato il suo spettacolo: “Il mio show consiste nell’esibire varie specie di serpenti (pitoni, boa, anaconde) di varie misure, alcuni molto aggressivi, che creano tra il pubblico una grande suspense e a volte un po’ di paura”. Nel corso dell’esibizione si assiste anche ad alcuni ragni e scorpioni che camminano liberi sul corpo di Meggiolaro, una performance decisamente non adatta agli aracnofobici. Il finale, ovviamente, è lasciato al pezzo forte: il domatore tiene una tarantola all’interno della bocca per qualche secondo. Questi lunghissimi attimi in cui l’animale velenoso sosta pericolosamente sul suo palato sono valsi all’artista il Guinness World Record per due volte, regalandogli anche la partecipazione a Lo show dei record, il programma di Canale 5 dedicato ai vincitori del premio.
“Non ho mai avuto nessun modello da seguire, ho cercato di inventare il mio personaggio e tutto quello che segue: musiche, coreografie… Non mi è mai piaciuto copiare”. Nei video presenti su Youtube, si può vedere Meggiolaro esibirsi in routine in cui tutto, dalla colonna sonora alla scenografia passando dalle movenze sceniche di Bruno e delle artiste che gli fanno da spalla, è pensato per esaltare la sua forza e mettere in evidenza la straordinaria peculiarità degli animali in scena: quei serpenti che, come la tigre della poesia di Yates, incutono contemporaneamente terrore e fascino e quei ragni che mantengono il loro ancestrale mistero anche nel terzo millennio. Pur essendo preparati e sapendo cosa sta per succedere, vedere coi propri occhi Meggiolaro “mangiare” la tarantola, aggirarsi per l’arena circense con l’aracnide in bocca e poi lasciare che esso gli esca dalle labbra muovendo le sue otto zampe pelose lascia un brivido di paura e stupore, il frutto più puro ed immortale dell’arte circense.
La Russia ha avuto un rapporto stretto col circo sin dagli esordi moderni di questa forma di spettacolo: in particolare gli artisti italiani emigrati in quel paese in cerca di fortuna hanno ottenuto subito un grandissimo successo, a cominciare dai Ciniselli che nella seconda metà dell’Ottocento assunsero la direzione dei più importanti circhi russi. Solo dopo la rivoluzione del 1917, col passaggio del circo sotto il controllo statale, fonte di restrizioni e condizionamenti ma anche di finanziamenti consistenti, si assiste ad un progressivo cambiamento di tendenza, con la nascita di una vera e propria scuola capace di imporsi a livello internazionale coi suoi artisti: da quel momento è Mosca ad esportare talenti circensi in tutto il mondo. Soltanto negli ultimi anni la situazione è mutata nuovamente: la crisi ha colpito anche il settore dello spettacolo dal vivo, ma la Russia ha continuato ad essere una nazione attenta al circo, ricca di possibilità e disponibilità economiche, attirando molti artisti che stanno così ricalcando i passi verso est dei Ciniselli e degli altri illustri predecessori. Bruno Meggiolaro è tra questi: arrivato in Bielorussia col Circo Dziva di Serge Bondarchuk e della famiglia Gartner, ha fatto poi tappa al Circo dei Grandi e Piccoli Animali del Sokolniki Park di Mosca, esperienza che lo ha portato sino alle regioni più settentrionali della nazione, dove le temperature raggiungono i 35 gradi sotto zero. Le cose sono sicuramente cambiate rispetto al periodo epico ottocentesco, ma questo mestiere, girovago per natura, conserva ancora un alone di avventura che ne sancisce l’eterno fascino: “Ho affrontato viaggi di migliaia di chilometri in mezzo a tormente di neve ma ringraziando il cielo e il mio camion tutto è andato per il meglio”.
In questo momento Bruno lavora al circo stabile di Minsk, assieme a diversi artisti che come lui hanno ottenuto il riconoscimento del Guinness e a compagini del calibro della Troupe Nazionale Coreana di Pyongyang, vincitrice del clown d’oro alla trentanovesima edizione del Festival di Monte Carlo. “Qua la cultura circense è molto più considerata che da noi, purtroppo; molte città dispongono di circhi statali meravigliosi, e il pubblico ama il circo”.
Com’è la vita di tutti i giorni di un ammaestratore così particolare? “La cura dei rettili è abbastanza complicata, specialmente se, come faccio io, si lavora in posti molto freddi. Hanno bisogno di una temperatura di almeno 20 gradi, per questo devo continuamente controllare i termometri; ogni mattina alle otto ci si sveglia e si va a controllare se tutto va bene e ogni tre, quattro ore si ritorna. È un bell’impegno, che occupa tutta la mia giornata. Inoltre, essendo anche allevatore, mi ritrovo molto spesso con moltissimi cuccioli: quest’anno mi sono nati 32 cuccioli di anaconda”.
La nascita dei piccoli serpenti non è stato l’unico lieto evento di questi dodici mesi per Bruno Meggiolaro: sua moglie Fellon Rossi, circense anche lei, ha avuto una bambina. Si chiama Mia. Chissà se, guardando i cartoni animati Disney, farà il tifo per Robin Hood e Mowgli o per Sir Biss e Kaa.
Il servizio è pubblicato sulla rivista Circo giugno 2015.