Roma, 12 gen. (Adnkronos) – La crisi non risparmia neanche il circo che, in Italia, accusa un fine 2013-inizio 2014 non particolarmente brillante. La mini-stagione che va da Natale alla Befana rappresenta il momento di maggior afflusso di pubblico nei circhi in Italia, “arrivando a pesare fino al 20% sul complesso del fatturato annuo”, sottolinea all’Adnkronos il presidente dell’Ente nazionale Circhi, Antonio Buccioni, ma quest’anno la percezione degli operatori è che le festività abbiano pesato meno dell’auspicato.
“Il 2013 non è stato un anno ottimo, ce la siamo cavata, e la stagione natalizia è stata in calo sugli anni precedenti -lamenta Flavio Togni, condirettore dell’American Circus- Credo sia un problema in particolare italiano, i colleghi tedeschi, ad esempio, mi hanno detto che gli spettacoli natalizi circensi sono andati meglio dell’anno scorso. Io ho percepito un calo, da noi, del 30%”.
Le cause? “La crisi! -risponde Togni- Una crisi che non è solo italiana ma che da noi ha portato un grande malessere, un crollo della fiducia nel futuro. Il nostro pubblico sono le famiglie e quando le famiglie navigano a vista, mese per mese, tagliano dove possono, dove non è essenziale”. Stessa percezione la fornisce Walter Nones, marito di Moira Orfei, alla guida del Circo Moira Orfei, sottolineando che “il 2013 è calato rispetto al 2012, già in discesa sul 2011”, mentre “per noi aumentano spese e burocrazia”. Per Elio Casartelli, direttore del Circo Medrano, “quello che si riesce a fare oggi non è il lavoro che si riusciva a fare tre anni fa. Il circo piace ancora ma manca la ‘materia prima’, i soldi! Noi facciamo parte del ‘superfluo’ e prima di spendere per andare al circo le famiglie sono costrette a pensare al necessario”.
I toni sono pacati ma l’allarme è percepibile, anche perché a fare da sfondo è una difficoltà più complessiva avvertita dai circensi in Italia, una “‘famiglia’ che a pieno regime comprende oltre seimila persone, al lavoro in un centinaio di circhi, stacca circa tre milioni di biglietti l’anno con una fatturato che oscilla dai 25 ai 30 milioni di euro di fatturato”, riassume Buccioni, lamentando che “in Italia il circo è sottovalutato”.
“Se si monta un circo a Ventimiglia o a Como si viene considerati quasi un fastidio, se si passa la frontiera, rispettivamente verso la Francia o verso la Svizzera, il fastidio si tramuta in valore per la comunità. Da noi -esemplifica Buccioni- le autorizzazioni sono concesse all’ultimo momento con l’inevitabile conseguenza che non si può pianificare alcuna promozione, non si possono comprare spazi pubblicitari. Cose che pesano sull’andamento del settore”. Andamento che complessivamente Buccioni definisce “in tenuta” nell’ultimo anno.
“Poi c’è filone animalista che va per slogan e assunti di carattere ideologico più che basarsi su verifiche concrete: basti pensare che oggi gli animali in forza ai circhi sono meno di 1.500, di cui oltre 500 equini”, aggiunge Buccioni in materia di ‘ostilità’ verso il mondo circense in Italia, lamentando anche “l’esiguità della contribuzione pubblica, solo statale, alle imprese, pari a meno di 2 milioni di euro l’anno, 10 volte meno che in Francia. Si va avanti esclusivamente perché c’è un abbraccio popolare verso il circo e, anzi, con tutti questi problemi la tenuta del settore è un risultato straordinario”.
Il settore coinvolge “circa 100 attività in Italia, 50 stabili che operano cioè per circa 365 giorni l’anno e in Italia, poi le arene estive e i circhi all’aperto, una quindicina, poi una dozzina di circhi ‘in esilio’, cioè stabilmente all’estero ormai da anni, e un’altra quindicina di circhi che sono in tournèe per sei mesi l’anno”, elenca Buccioni. La tentazione di arricchire le fila dei circhi ‘in esilio’ non sembra, nonostante il momento difficile, fare proseliti, anche se il richiamo delle piazze estere cresce: “Emigrare definitivamente no ma certamente la prossima estate faremo una tournèe all’estero”, dice Flavio Togni e Walter Nones ricorda che “all’estero siamo stati per tanti anni ma ora, da un po’, facciamo solo l’Italia e vogliamno continuare così, anche se in Francia e Germania le cose vanno meglio che qui”.
In Italia la tradizione circense, nonostante tutto resta forte e lo testimoniano i numeri di una delle poche scuole stabili di circo in Europa, l’Accademia d’Arte Circense con sede a Verona, nata nel 1988 a Cesenatico, presieduta da Egidio Palmiri, classe 1923, dell’omonima famiglia circense di acrobati. Cavaliere e Grand’Ufficiale della Repubblica, Palmiri sottolinea come attualmente l’Accademia abbia “un centinaio di allievi esterni e 24 interni, a convitto. Negli anni i numeri sono cresciuti, mai diminuiti, e abbiamo richiamato studenti anche dall’estero, in questo momento seguono i nostri corsi tre ragazzi spagnoli e due francesi”.
“Tutti seguono le normali scuole pubbliche e poi si dedicano alle discipline circensi, a tutte visto che le insegniamo tutte, tranne l’ammaestramento degli animali dato che per farlo serve una personalità e un carisma che ragazzi di 13, 14 anni non possono ancora avere. Fra i ragazzi abbiamo molti figli di circensi ma la maggior parte non lo sono: il pane del circo è un pane duro, o lo si fa con amore o non lo si fa per niente, ma nonostante questo non c’è crisi nelle ‘vocazioni'”, conclude Palmiri.
AdnKronos