E’ giovane e preparato Marco Di Giuseppe. Fa il veterinario e abita in Sicilia. Si è specializzato in animali esotici e da zoo, perché questa è stata sempre la sua passione, poco importa se oggi come oggi un veterinario che si occupi di gatti e cani, probabilmente avrebbe un “mercato” più ampio e dunque guadagni più alti.
E’ abilitato alla professione di medico veterinario da soli tre anni, ma ha già partecipato a decine di corsi di specializzazione teorici e pratici, seminari e convegni, in Italia e all’estero (anche come relatore). E soprattutto è già salito alla ribalta delle cronache nazionali grazie a questa predilezione per le specie esotiche e per la sua ferrea volontà di curare gli animali come fosse una missione. Circa un anno fa, era il mese di agosto, un circo si trovava sull’isola con un leone che aveva una malformazione congenita all’anca. Un po’ tutti gli esperti avevano consigliato al proprietario, Roberto Caroli, di abbatterlo quel leone, compresi alcuni veterinari americani. Ma lui non si era dato per vinto e aveva avuto la fortuna di imbattersi in Marco Di Giuseppe, il quale è riuscito a coinvolgere altri colleghi e a convincerli ad intervenire nell’unica clinica veterinaria della Sicilia. Ne diede notizia Lazampa.it, il portale di informazione sugli animali che fa capo al quotidiano La Stampa di Torino. Si chiama Masai quel leone, che oggi sta bene e cammina con le sue zampe. “Ho portato questo caso in un congresso internazionale a Lisbona, qualche mese fa, e per me è un bellissimo ricordo. Quell’animale per il circo è stata solo una spesa, senza alcun ritorno, perché era chiaro da subito che non sarebbe mai potuto tornare ad esibirsi. L’opzione chirurgica che è stata individuata, gli ha dato una dignità di vita e gli ha permesso di tornare a correre e a muoversi al meglio. Eppure quel circense ha speso dei soldi e non si è dato pace fino a quando Masai non è tornato a camminare”, dice il veterinario. E non è una sottolineatura da poco di questi tempi in cui gli animalisti dipingono i circensi come aguzzini interessati solo a lucrare sugli animali e sfruttarli per i loro spettacoli.
La competenza di questo veterinario spazia da conigli e roditori, uccelli e rettili, fino ai felini che solitamente si vedono sotto ai tendoni.
“La prima volta che sono entrato in un circo è stato per dei pappagalli, poi per leoni e tigri e sporadicamente anche qualche dromedario. Ho curato anche zebre e primati ma non nei circhi”, dice il veterinario.
Dottore, ma lei che nei circhi ci ha messo piede, che idea si è fatto degli animali che ha visto e visitato?
Nei circhi ho trovato gli animali in condizioni mediamente migliori rispetto a quelle di certi parchi zoologici, che paradossalmente hanno anche alcuni animali che sono stati sequestrati ai circhi. Chi non è esperto e va a visitare lo zoo non se ne rende conto, ma un veterinario lo vede bene. Il problema è che il circo è una vetrina sotto i riflettori, e per questo facilmente giudicabile. I leoni, ad esempio, nei circhi stanno in recinti piccoli, però si esibiscono e ogni giorno fanno la loro attività fisica e hanno le loro gratificazioni emozionali. Quelli che ho visto io sono tenuti con cura anche perché la riuscita dello spettacolo poggia anche sui loro numeri e quindi sulla loro salute.
Già che ci siamo, negli zoo che tipo di problemi ha riscontrato?
Gruppi sociali assolutamente non idonei, cioè convivenza di più maschi, mancanza di arricchimento ambientale… Mentre per un animale che si esibisce nel circo l’arricchimento ambientale è dato dallo spettacolo, questo nello zoo non avviene e più in generale la mancanza di interazione con l’uomo dà luogo a comportamenti stereotipati: c’è chi si strappa il pelo, chi si automutila ed altro. Ho visto le splendide giraffe del circo Medrano, che stanno benissimo, mentre ne ho viste in certi zoo che hanno gli zoccoli distrutti, con un accrescimento podale imponente.
Per quali cause?
Andrebbero studiate. Forse il substrato che non va bene, forse qualche problema metabolico, però questa è la realtà.
Dunque è vero che lo spettacolo e la convivenza fra uomo e animale nel circo aggiungono un elemento che fa la differenza e procura alle specie utilizzate sotto ai tendoni un benessere maggiore rispetto a quelle presenti negli zoo?
Non si può affermare in maniera apodittica ma in un certo senso è così, a condizione che si stia parlando di animali ben tenuti e ben socializzati. Le faccio un esempio.
Prego…
Ho avuto modo di vedere anche strutture con animali che lavorano nella pubblicità. Anche questi vivono in installazioni piccole, ma si esibiscono ogni giorno e ricevono stimoli e sollecitazioni che vanno a beneficio del loro benessere. Ecco perché dire che un animale è recluso e soffre perché non vive nella savana ma in uno spazio contenuto, è un’affermazione che non ha senso. Dipende da come impiega il proprio tempo quell’animale, e da tanto altro. Anche questi animali non potrebbero essere messi altrove perché sin da piccoli sono stati addestrati a lavorare in questo modo. Nel circo, poi, lo spettacolo è una fonte ancora maggiore di stimolo mentale e di socializzazione.
Eppure c’è chi dice: via gli animali dai circhi, senza se e senza ma.
Purtroppo chi ragiona così è abituato a vedere tutto bianco o tutto nero e denota una grave ignoranza in fatto di animali. Direi che non ne capisce nulla. Davanti ad una realtà storica, consolidata, con animali nati in cattività da più generazioni, il tema non è quello di pensare di sottrarli al loro ambiente “naturale”, ma riuscire a farli vivere nel modo migliore. D’altra parte non potrebbero essere collocati in natura perché non sarebbero in grado di procacciarsi il cibo o di scappare in caso di necessità. Andrebbero incontro ad una fine atroce, quella che non avrebbero comunque restando nei circhi.
Gli animalisti preferirebbero probabilmente sottrarli ai circhi per farli vivere nei bioparchi…
Vediamo che gli animali provenienti dai circhi, che vengono collocati negli zoo, non riescono a relazionarsi col gruppo.
Non mi dica che ci sono problemi di relazioni sociali e incomunicabilità anche fra scimpanzé…
Un po’ sì. Uno scimpanzé che ha vissuto con gli uomini sviluppa una mimica e una gestualità particolari, incomprensibili ai suoi simili cresciuti invece anche nel migliore dei bioparchi.
E allora lei riesce a spiegarsi perché una battente propaganda vorrebbe farci credere che, chiusi i circhi, torneremmo ad avere il paradiso terrestre in questo mondo?
A parte, come le ho già detto, una buona dose di ignoranza per cui pensano di agire nell’interesse degli animali ma non ci riescono, penso lo facciano per sentirsi con la coscienza pulita o per “fede”, e davanti alla fede non si discute.
Senta, noi non abbiamo il prosciutto sugli occhi, come certi animalisti d’assalto, e dunque le chiedo: le sarà capitato di imbattersi in qualche animale mal tenuto anche nel circo, immagino…
In qualche caso si, ma soprattutto per mancanza di competenze. Ci sono casi che vanno sanzionati, anche severamente. Però è sul miglioramento della qualità di vita degli animali nei circhi che dovrebbero concentrarsi gli sforzi, non sulle battaglie punitive a danno – fra l’altro solo – dello spettacolo viaggiante.
Cosa intende per miglioramento della qualità?
Io indurrei i circhi a osservare precisi protocolli vaccinali, antiparassitari, dietetici, eccetera, stabilendo così il rispetto di standard di qualità delle varie specie. La strada è quella di lavorare insieme per il benessere degli animali, non ne vedo un’altra. Si può condividere o meno il circo con gli animali, ma questo è un altro discorso. Sono tanti altri i “valori” di riferimento che ognuno di noi fa propri e che altri non condividono. Ma gli animali convivono con il circo da sempre e bisogna cercare di farli stare il meglio possibile.
Lei avrà anche clienti che sono degli animalisti accaniti: non teme di perderli?
No. Io ho clienti animalisti che mi portano il coniglietto per le cure di cui ha bisogno, e magari sono gli stessi che fanno sequestrare i serpenti dai negozi per poi farli morire…
Cioé?
Guardi che il serpente mangia il coniglio o il ratto, dipende dalla taglia. E dunque, o aboliamo tutti i serpenti dalle delle case degli italiani, oppure fino a che ci sono dobbiamo nutrirli con ciò che i serpenti mangiano.
Torniamo ai circhi: ci sono specie animali meno compatibili con la vita del circo?
Sicuramente i primati, i quali riescono a fare divertire moltissimo il pubblico ma non hanno condizioni etologiche che si conciliano con la vita itinerante. E poi gli orsi, i lupi, anche se questi ultimi non sono stati quasi mai presenti nei circhi. I grossi felini non hanno problemi, sicuramente questo vale per leoni e tigri. Un po’ diverso il discorso per ghepardo, pantera e puma, direi meno compatibili rispetto ai primi due.
E infatti sono specie che non si vedono più nei circhi, così come gli orsi e i primati… e per decisione dell’associazione di categoria dei circhi. Ce ne sono altri che sconsiglierebbe?
Gli ippopotami. E considerato che sono coinvolti in esibizioni più di impatto visivo, nel senso che fanno scena, che artistico e dunque lo spettacolo non verrebbe troppo penalizzato, penso sarebbe opportuno non utilizzarli più. Così come una certa attenzione andrebbe posta nella convivenza fra specie che in natura sono prede e specie che sono invece predatori: zebre e cavalli, ad esempio, con i felini. Non è semplice ma soluzioni si possono trovare per evitare il più possibile il contatto visivo e olfattivo.
Dunque lei dice: se si affina ulteriormente la scelta delle specie più compatibili e poi il “parco animali” dei vari circhi lo si gestisce nel modo corretto da ogni punto di vista (alimentazione, igiene, eccetera eccetera), ragioni scientifiche, razionali, per abolire gli animali non ce ne sono. Giusto?
Assolutamente sì. E così come negli zoo si sta cercando di standardizzare la dieta, di seguire protocolli precisi, non vedo perché non si possa fare anche nei circhi. Questa dovrebbe essere la battaglia di chi ama gli animali. Non quella di far sequestrare gli animali, com’è accaduto nel caso del Victor Show, dove la maggior parte di quegli animali sono andati a vivere in condizioni peggiori rispetto all’ambiente nel quale si trovavano prima. Ma questo l’opinione pubblica non lo sa, l’informazione purtroppo è a senso unico. E non sa nemmeno che gli enti che ospitavano quegli animali venivano pagati, tanto, con i soldi dei cittadini.
Claudio Monti