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Andrea Togni: un “angelo bianco” all’Accademia del Circo

Volare. Andrea Togni ai tessuti sopra la piazza di Bologna in "La notte degli elementi" (foto Fabio Marino)

 

Andrea Togni da circa sette anni è il direttore dell’Accademia d’Arte Circense di Verona. La sua esperienza artistica nasce però da lontano ed ha avuto varie tappe: alla fine degli anni 80 è stato direttore di pista del Festival di Monte Carlo e questa è stata sicuramente un’avventura molto formativa per lui. Si è cimentato anche con un grande circo americano, il Ringling Bros. and Barnum & Bailey, dove è stato in pista con Flavio Togni. Si è esibito più volte davanti a papa Wojtyla in Vaticano, in occasione delle udienze del mercoledì quando spesso i circhi che passano da Roma rendono omaggio al Santo Padre. Attualmente, oltre a dedicare gran parte delle sue energie per far crescere i nuovi talenti del circo, Andrea Togni lavora con i tessuti, creando dei numeri dove appare nelle vesti di un “angelo bianco”.
Quando è iniziata la sua preparazione circense?
“Sono nato nel circo, vengo dalla famiglia Togni. Da bambini, una volta non si riceveva una vera e propria formazione ma tutto iniziava come un gioco. Ci si allenava con i genitori degli artisti che si esibivano, ma principalmente era un divertimento. Poi verso i dodici anni l’approccio si faceva più serio ma eravamo già pronti perché avevamo delle solide basi”.
A cosa le piaceva giocare nel circo?
“Quelli che in genere un bambino ama fare sotto il tendone: il domatore, il trapezista, il trampolino. Per me, almeno, è stato così. E i nostri istruttori, essendo genitori di artisti di primo livello, erano preparatissimi, come ad esempio i Nicolodi e Don Martinez”.
Ma chi è il bravo insegnante nel circo?
“Per la mia esperienza potrei dire che bravo insegnante è solo chi ha fatto molta fatica per ottenere alti risultati e riesce veramente spiegare come ha fatto”.
Quali discipline circensi ha praticato?
“Essendo il più piccolo tra i maschi della mia famiglia ho dovuto scegliere tra quello che era rimasto. Gli altri si erano già “accaparrati” le arti che i genitori tramandavano. Ho iniziato in pratica come direttore di pista, seguendo ed aiutando i miei parenti. La mia passione principale però è stata il trapezio, ed era anche il mio sogno da bambino. Poi il trampolino elastico, alcune volte ho sostituito mio cugino con i cavalli in libertà e gli elefanti, ed ho avuto anche qualche esperienza come clown. Dopo essermi sposato ho iniziato ad occuparmi più della parte organizzativa, ma volendo passare più tempo con la famiglia che mi sono formato, mi sono staccato dal circo. In seguito sono tornato e ho iniziato ad occuparmi dei tessuti aerei, avendo già esperienze con gli anelli e le cinghie”.
Come è nata la passione per i tessuti aerei?
“Dopo aver visto nel 1986 al Festival di Monte Carlo un numero moderno di cinghie che mi è piaciuto molto. Da quel momento ho iniziato ad allenarmi con impegno. Mi ha affascinato il volo del tessuto e la possibilità di creare un numero non solo tecnico ma che assecondasse la leggerezza e l’eleganza del tessuto”.
Quando era piccolo come faceva ad unire gli impegni scolastici con gli allenamenti?
“Lo studio erano molto meno impegnativo un tempo. La mattina si andava a scuola, dopo pranzo si dedicava un’oretta allo studio e poi si era liberi di fare quello che si voleva. Quando andavamo in tournée all’estero c’erano dei maestri privati che venivano a farci lezione. Però non è mai stato un problema unire l’allenamento allo studio, anche perché potevamo allenarci in ogni momento e ovunque volevamo. I cancelli del circo non servono solo a non far entrare gli sconosciuti ma anche a non far uscire i bambini, nel senso che si tratta di un mondo molto protetto per i più piccoli”.
E per i suoi figli ora a che avvenire pensa?
“Ai miei figli voglio dare la possibilità di scegliere il loro futuro. Io non avuto la possibilità di farlo, ma non ho nessuno rimpianto. Ho avuto una giovinezza meravigliosa anche perché mi ha dato una grande lezione di vita. Ho girato l’America e l’Europa conoscendo tantissime tipologie di persone, entrando a contatto con stili di vita molto differenti tra loro. Però il circo di una volta, purtroppo, non esiste più”.
In che senso?
“Una volta c’erano le famiglie che si univano fra loro creando vari livelli di spettacolo. Adesso questa unità non la vedo più, mi pare che si punti maggiormente a fare numeri singoli per avere un maggiore profitto. Molti artisti contemporanei non sono neanche di famiglie circensi ma fanno questo mestiere come se ne potrebbe fare uno qualunque, perché dà un reddito. Mi sembra che anche il rispetto per l’anziano, che insegnava le tradizioni, sia scemato. Il direttore spesso si trova da solo a dover risolvere una serie di problemi e questo è un po’ triste”.

Le foto dell'Accademia sono di Diambra Mariani
Quando è diventato direttore dell’Accademia d’Arte Circense di Verona?
“Ero a Francoforte e il presidente Palmiri aveva chiuso l’Accademia a Cesenatico, per una serie di ragioni, non ultima la difficoltà a trovare il giusto ascolto dalle istituzioni locali e non solo. Io mi sono reso disponibile dicendogli che l’avrei aiutato perché volevo portare avanti questa tradizione di insegnamento e non farla finire delle mani di qualcuno che voleva solo prendersi i contributi. Così ho lasciato da parte l’attività artistica e mi sono dedicato all’organizzazione dell’Accademia. Finito il mio lavoro al Tiger Palast, nel 2004, sono venuto a Verona e con il signor Palmiri abbiamo allestito le strutture dell’Accademia. Da quel momento io mi dedico alla parte artistica e tecnica della formazione degli allievi, mentre della scolarizzazione dei ragazzi e della loro migliore permanenza in Accademia se ne occupa magnificamente Ivana Gottani”.
E dell’Accademia del Circo torneremo a parlare in un prossimo servizio.
Erika Forlani