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Andrea Loreni: “Guardo il cielo negli occhi”


“Inizio a ripetermi sono vento sono vento sono vento… perché è inutile cercare di opporsi, come si fa a combattere il vento?”. Questa frase l’ha scritta Andrea Loreni sul suo blog per descrivere la sensazione precedente l’esperienza da record dello scorso 4 giugno, la passeggiata nel cielo che ha unito i due castelli dei comuni di Penna e Billi.
Nel funambolismo c’è un che di magico, e sicuramente di metafisico e filosofico, forse molto più che in altre discipline circensi (senz’affatto sminuirle).
Un funambolo filosofo: Andrea Loreni non è solo artista di strada, perché per lui camminare sul filo racchiude in sé pensiero e tecnica, concretezza e astrazione. La conoscenza può essere davvero rischiosa e meravigliosa insieme, può elevare a grandi altezze, ma bisogna essere in grado di sapersi muovere là in alto, o per lo meno avere il coraggio di recarsi fin là: “Così come il sapere mi ha spinto a studiare filosofia, allo stesso modo il cavo a grandi altezze è per me ricerca di equilibrio e di conoscenza: prima di te stesso e poi, tramite quello che di te condividi con gli altri, conoscenza del resto degli esseri e infine dell’Essere in generale”.
All’università si è laureato in filosofia teoretica, ma i semi erano già insiti nel suo essere da tempo, dagli anni del liceo: “Il professore di filosofia che ho avuto per due anni, Franco Bisio, mi ha segnato: con l’esempio mi ha fatto apprezzare la cultura e l’amore per la Conoscenza”.

Foto di Erica Fortunato

Un sapere a tutto tondo, culturale, lo si può fare sui libri ma senza l’esperienza resta incompleto, bisogna anche provare, toccare, vedere, percorrere una strada. E qui, alla lettera, Andrea Loreni rimane affascinato dall’arte di strada, la cui origine è da ritrovarsi nell’infanzia: “Da ragazzino vidi un giocoliere in tv e guardando bene capì come far girare tre palline. Quest’abilità, come un seme, rimane lì incustodita per lungo tempo. Valutando ora mi rendo conto che l’esempio di lavoro offerto dal mio contesto sociale non mi aveva mai convinto ed è stato un altro aspetto che mi ha avvicinato all’arte di strada. Infatti assistendo ad uno spettacolo in strada a Milano rimasi interessato dalla novità che un simile “lavoro” poteva rappresentare: è uno scambio onesto in cui l’artista dà ciò che vuole e il pubblico restituisce quello che gli sembra giusto”. Ad affascinarlo quindi non è solo la tecnica, ma anche il sentimento, l’umanità, come dice lui stesso: “E’ richiesta onestà e responsabilità da entrambe le parti. Inoltre, e soprattutto, lo scambio include del materiale emotivo. Le tecniche circensi sono un mezzo per la comunicazione tra l’artista e il pubblico, in un attimo si abbattono delle barriere in altri contesti invalicabili”.
La traversata di Pennabilli ha chiaramente dimostrato che nulla è invalicabile, se si ha la forza o la curiosità di intraprendere una strada. Forse sono solo le emozioni che rischiano di essere invalicabili, soprattutto quando mettono in gioco più individui: “Mi viene in mente la traversata dell’Arco Olimpico di Torino: finito il mio transitare sul cavo mi raggiunge col cestello un gruista per portarmi giù, e io in preda alla solitudine che ti cade addosso sul cavo l’ho abbracciato teneramente. Se lo avessi abbracciato per strada avrebbe ricambiato un po’ timidamente come ha fatto o mi avrebbe allontanato con modi bruschi tipici dell’uomo che manovra macchine enormi”.
Il primo passo in cielo, o forse un po’ più basso, comunque dove noi altri esseri umani non siamo ammessi, avviene anche grazie a un amico: “Antonio è un amico, esperto arrampicatore, che agli inizi mi incitava. Mi rivolgevo a lui per le domande tecniche e lui mi rispondeva “si, è possibile”, infatti fu lui che mi trovò un prato con alberi dove montai il mio primo filo alto. Lui abita in Valle d’Aosta e fu lì che iniziai: lunghezza del cavo 36 metri, altezza massima 6 metri. Tra quegli alberi, là nel comune di Guaz, avvenne la prima di ARIA n°3, uno spettacolo di funambolismo e danze aeree in compagnia delle Baccanti”. Poi sempre più su, sempre più sete di conoscenza, sempre più necessità di respirare un’aria diversa: “Attraversai il fiume Po vicino a Torino, altezza 12 metri e lunghezza 120 metri. Capii subito che la sfida era allenarsi su un cavo, magari a 6 metri, ma per prepararsi a qualsiasi altezza. Poi ci furono i 25 metri dell’Arco Olimpico, i 40 metri di Firenze, e i 90 metri di Pennabilli. Ora mi alleno su un cavo alto 2 metri inclinato e molto molle. Mi preparo al peggio meglio che posso”. Un’ottima e sempre efficace filosofia del pessimista.
Da quaggiù noi guardiamo là in alto, pensiamo alla difficoltà, a quanto possa essere faticoso mantenere equilibrio e calma, a quanta tecnica ed esercizio servano per camminare su quella linea sottile che separa terra e cielo: “La tecnica è tanto imprescindibile quanto semplice. Camminare su un filo non è un obbiettivo complesso, il difficile è farlo a 50 o 90 metri, è una situazione del tutto innaturale, sono richiesti concentrazione e nervi saldi. Io mi alleno soprattutto per la saldezza dei nervi, ricerco con piacere la capacità di concentrazione; e tuttavia questi sono mezzi che mi permettono di provare ciò che provo sul cavo, di conoscere nuove dimensioni, di poter guardare più a fondo nei volti delle persone che mi aspettano all’arrivo, di vedere i loro occhi più profondi e i loro sorrisi più luminosi”.
Qualcun altro, più sognatore ed idealista, non vede subito la tecnica e le capacità richieste, ma vede la libertà di elevarsi, la metafora meravigliosa insita in un’azione così semplice (camminare) ma che può rivelarsi simbolica e portare a nuove esperienze. Quell’idealista e sognatore potrebbe domandarsi cosa si pensa quando si è lassù: “Succede di tutto eppure regna la calma. Non ci sono scelte possibili eppure vivo la libertà più ampia. Succede che i pensieri passano ma non attaccano, le emozioni trattengono il fiato per esplodere all’arrivo, quando finisce l’apnea. Ho tremato dal terrore e ho pianto dalla gioia, ho visto le cose con colori più vividi, ho incontrato sguardi profondi, ho riso con il miglior sorriso guardando il cielo negli occhi”.
Quanto più le emozioni sono così vivide, anche se si tratta solo di una descrizione, tanto più si sta schiudendo una strada che non può che essere meravigliosa, difficile, ma ricca di soddisfazione.
E vengono in mente queste parole: Chi è fiero della propria paura osa tendere cavi sui precipizi; si lancia all’assalto dei campanili; allontana e unisce le montagne. Ecco il viaggio da fare: alzati quando il filo si mischia alla carta del cielo. Le ha scritte un altro funambolo filosofo, Philippe Petit.
Stefania Ciocca
Foto tratte da Il funambolo

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