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Ambra Orfei: “Nel circo conta la meritocrazia, in tv no”

di Stefania Ciocca

Ambra Orfei e Luisa Corna

Ambra Orfei è un nome noto, non solo nel mondo del circo, grazie all’immagine mediatica che negli anni ha saputo crearsi, merito di un periodo d’oro per il circo italiano, di un’intraprendenza tutta circense e di una piccola grande coincidenza che segna la carriera di Ambra: l’esordio davanti a Papa Paolo VI a 11 anni e la recente udienza papale davanti a Papa Benedetto XVI. Tra questi due eventi una vita che si dipana tra circo, spettacolo, televisione, musica, produzioni circensi e intrattenimento per le famiglie. Incontriamo Ambra nella sede della A.O. Entertainment.

Lei è una delle donne di spicco del circo italiano. Anche nel suo ufficio lo staff è quasi del tutto femminile. Un caso?
Una scelta, perché nei colloqui che abbiamo fatto ci siamo resi conto che le donne sono efficaci e precise. Io sono una specie di femminista, cerco di tutelare il nostro sesso un po’ bistrattato. E’ una consapevolezza che ho da sempre, forse grazie anche alla provenienza dal mondo del circo dove le donne hanno grande responsabilità, portano avanti la famiglia e partecipano allo spettacolo. L’unico uomo presente qui in ufficio è mio marito, che è anche il capo.

È nata in una grande famiglia negli anni dei kolossal. Cosa ricorda di quel periodo d’oro?
Dico sempre che sono nata nel paese dei balocchi, in un’epoca d’oro del circo in cui si potevano fare grandi produzioni, quando c’era la possibilità di avere più dipendenti poiché il lavoro costava meno. Come tutti i bambini del circo ho iniziato a lavorare prestissimo e mi sono divertita molto. In quel momento di grande successo venivano al circo Gassman, Sordi e gli attori americani che giungevano in Italia per girare a Cinecittà. Ho dei ricordi bellissimi di quelle grandi produzioni a tre piste, con un centinaio di persone in scena, i costumi di Danilo Donati, la regia di Gino Landi, le musiche fatte ad hoc per lo spettacolo. Quello che oggi è il Soleil avveniva già in Italia negli anni ’70.

Quando è stato il suo debutto e quale il percorso artistico?
Ho iniziato a 11 anni nel Circo delle mille e una notte poi ho proseguito con il Circo delle Amazzoni, il Circo delle Meraviglie e la Pista dei Sogni. Prima con un numero di colombe, poi sono stata acrobata a cavallo e in seguito cavallerizza di alta scuola. Da mio padre Nando ho ereditato la passione per la giocoleria. Lui era molto bravo e arrivava a giocolare sino dieci cerchi. Crescendo mi sono occupata anche della direzione artistica del circo scegliendo i numeri per gli spettacoli. Poi c’è stata la tv e da qualche anno mi occupo di creazione e produzione di eventi con il circo come ingrediente principale.

Quelle grandi produzioni come scandivano la sua giornata di bambina?
La mattina la scuola, poi i compiti una volta tornati. Da bimbi restavamo incantati a guardare gli spettacoli. Si faceva a gara con le amichette a copiare l’artista preferito. E poi c’era molto da provare. Soprattutto dopo lo spettacolo, dopo la mezzanotte. Al mattino si facevano prove tecniche e allenamenti acrobatici. La sera prove sullo spettacolo. Questa delle prove “notturne” rimane una tradizione della famiglia Orfei. Con Gino Landi, che creò il Circo delle mille e una notte, provavamo anche fino alle quattro del mattino. Quella di un circo con un regista è stata una prova incredibile, la prima in assoluto e con un regista così importante.

Come avveniva questo scambio tra mondo del cinema e del circo?
Mia zia Liana frequentava molto quel mondo. Non solo il cinema, per esempio con Totò, ma anche il teatro dove aveva fatto anche Masaniello con Modugno. Inoltre conduceva programmi sulla Rai come Senza Rete o Oplà il circo. Così importava professionisti del teatro e del cinema al circo. Faceva il contrario Federico Fellini che prendeva i personaggi del circo mettendoli nei suoi film. Per lui il nostro mondo era la metafora della vita.

Questa fusione fra circo e spettacolo è stato un fatto irripetibile.
Oggi è più difficile perché i costi sono più alti. Inoltre prima le istituzioni erano più elastiche. E non dimentichiamo la polemica animalista che crea ostruzioni e chiusure. Ci sono bambini che non vanno al circo perché i genitori non li portano a causa della presenza degli animali, questo ha penalizzato anche quelle persone che gli animali li trattano bene. Io sono sempre stata dalla parte degli animali e in un certo senso mi sento offesa perché ho lavorato con cavalli ed elefanti, ho visto i miei genitori addestrare gli animali e nessuno di loro ne ha mai maltrattato uno. Ci sono persone che magari hanno fatto errori e le associazioni animaliste ci hanno marciato. A ciò si aggiunge che il mondo del circo talvolta non è abbastanza coeso. Soffre e non ha più l’immagine di una volta, quando il fatto di andare al circo era un lustro. Ci sono circhi belli ma che non vengono premiati per i sacrifici che fanno.

Lei va al circo?
Certo. Anche perché spesso c’è da imparare. Ciò indipendentemente dalla grandezza del circo poiché qualità e serietà possono trovarsi tranquillamente in un piccolo complesso che però sa essere gradevole, serio e di buon livello senza prendere in giro il pubblico.

Ambra Orfei saluta Benedetto XVI in occasione della Udienza in Sala Nervi dello scorso 1° dicembre, dove ha presentato le esibizioni degli artisti

Lei dal 1988 ha creato un’agenzia che prende il suo nome. Per questi eventi si serve di artisti di circo?
Sicuro. Prendiamo artisti provenienti da complessi di ogni dimensione: il circo italiano è sempre un ottimo bacino a cui attingere. Il Cirque du Soleil in fondo fa la stessa cosa, prende un numero semplice e di ottima qualità dopodiché gli dà un’impostazione diversa e lo inserisce in un impianto che tu non riconosci più. Se c’è un numero bello l’artista deve sapersi rendere malleabile poiché oggigiorno le migliorie possono essere piccolissime ma bisogna saperle accettare.

Ambra con il marito Gabriele e la figlia Ginevra

Come è avvenuto il passaggio dalla pista alla televisione?
La prima esibizione la devo a Papa Paolo VI davanti al quale, in occasione dell’udienza del 1976 per il popolo viaggiante, mi esibii con le colombe. Tutti i telegiornali ne parlarono. E’ strano come a distanza di anni mi sia ritrovata a presentare l’udienza di questo grande evento. Poi è arrivata la tv. I primi tempi è stata dura imparare a propormi in modo più energico: nel circo conta molto la meritocrazia, in tv no. E l’ho capito dopo, ma ho capito anche che i compromessi e le proposte non le avrei mai accettate. Ho la testa dura e sono sempre stata determinata nelle mie scelte.
In tv poi ho fatto tutto, come nel circo: ho presentato programmi, ho fatto l’acrobata e la ballerina ma anche la cantante. Ora è un periodo difficile ma nonostante tutto ho un programma dove partecipo come inviata esterna, si chiama A come avventura e va in onda la domenica mattina su Raidue da ormai tre anni. Faccio l’inviata di sport avventurosi per cui una volta mi fanno fare una scalata, un’altra mi mettono su un deltaplano e così via. E’ un ruolo tosto perché io sono sempre stata grintosa ma non ho più vent’anni e alcune cose mi pesano ma lo faccio perché probabilmente da me ci si aspetta qualcosa in più.

Ci racconti della sua esperienza davanti al Papa, Paolo VI anni fa e Benedetto XVI recentemente, e che impressione ne ha tratto.
La prima volta ero così piccola da non avere emozioni; mi sono esibita una volta per Papa Paolo VI e tre per Giovanni Paolo II. Ma per Benedetto XVI avevo la consapevolezza di condurre un evento importante che rappresentava tutto il mondo del circo. Un grande onore e una grande responsabilità. E a tale proposito voglio ricordare Sua Santità come l’ho visto il giorno che abbiamo fatto l’evento: un uomo minuto ma con questi occhi brillanti, quelli di un bambino che vede per la prima volta uno spettacolo. Un viso luminoso che ricorderò per sempre.

La televisione come è cambiata?
Oggi sono più preparati, se ad esempio vedi Amici noterai che ci sono ragazzi bravi davvero. Ma non è migliorata la qualità sulla scelta dei programmi. Fanno audience quelle trasmissioni dove il pubblico diventa protagonista, si prende un gruppo di persone anche becere e le si mettono lì. Non insegnano molto ma garantiscono quello share per cui lo sponsor paga, a scapito della qualità.

Anche i programmi di circo sono scomparsi.
Però nei “talent show” vincono i circensi. In un’epoca in cui i valori si sono abbassati, la vita è cambiata e le famiglie sono diverse, dietro ad un acrobata di circo tu ti immagini la sua storia, la sua vita con la famiglia, i suoi valori. Ti incuriosisce e ti appassiona. Perché devi andare a scoprire un mondo sconosciuto ai più. Sul lato tecnico sono bravi ed il lato emotivo affascina. Le due cose insieme vincono.

Al circo ci tornerebbe?
Non l’ho mai lasciato. Lo faccio a modo mio, me lo produco, faccio la regia degli spettacoli che mi commissionano presentando elementi sempre circensi anche se modificati per l’occasione. Le aziende mi chiedono eventi privati e io organizzo spettacoli di circo. Diventa così un momento in cui ritrovo gli amici e il mio mondo che non ho perso, non ho dimenticato e che non ho intenzione di lasciare.

L’intervista ad Ambra Orfei è pubblicata sulla rivista Circo di marzo 2013.

Short URL: https://www.circo.it/?p=29080

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