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Al circo, sulle ali di Fevvers

Va in scena da ieri sera, al Teatro Belli di Roma e fino al 13 novembre (www.teatrobelli.it) La Donna alata, intensa e fascinosa performance per attrice sola, liberamente ispirata a Notti al circo, il magnifico romanzo di Angela Carter che racconta le avventure di Fevvers, straordinaria donna uccello che è al tempo stesso freak, trapezista e nuova Eva.
Vale la pena di rivolgere qualche domanda a Raffaele Latagliata, fondatore e direttore della compagnia Ars.Creazione e Spettacolo, nonché regista di La Donna alata.
Da quali sollecitazioni nasce uno spettacolo come questo?
Da un caso un po’ particolare: l’attrice, Federica Restani, si è laureata in letteratura inglese proprio con una tesi su Angela Carter, dunque mi ha fatto leggere il romanzo ed è nata l’idea di una sorta di adattamento teatrale. Ci è parsa più interessante la prospettiva di prendere in considerazione solo la figura di Fevvers; era questo personaggio che ci interessava raccontare all’interno di un monologo.
Nel romanzo Fevvers racconta la sua storia al giornalista Walzer. Al suo posto, sul palco, c’è una sedia vuota. Ci siamo interrogati sul rapporto tra illusione e realtà, sul confine tra ciò che percepiamo come reale e il prodotto di una nostra proiezione mentale, che ci è sembrato centrale nella storia di Fevvers. Potrebbe essere frutto di una sua illusione la presenza di questo giornalista, che comunque è funzionale al racconto della sua vita, e potrebbero essere frutto di una illusione anche le sue ali, che forse sono solo gobbe deformi che lei, per sopravvivere a se stessa, ha trasformato in ali meravigliose.

Raffaele Latagliata

Quali accorgimenti, quali tecniche per ricreare l’atmosfera del circo in teatro?
È talmente immaginifico il circo raccontato dalla Carter, che si doveva scegliere tra due diverse prospettive: uno spettacolo estetico e fortemente visivo con tanti attori in scena o un monologo in cui tutto viene restituito dal valore evocativo delle parole. È stata questa la nostra scelta: scommettere sul potere delle parole, sul tono della narrazione.
Ce l’ha anche lei una storia da raccontare, sul circo?
Io sono uno di quegli ex bambini che davanti agli spettacoli del circo rimanevano a bocca aperta. Sono uno dei più grandi appassionati del Cirque du Soleil e di tutto quel mondo che continua a restituire bellezza attraverso l’arte circense che comporta una tecnica sofisticatissima, sempre più rara nel mondo dello spettacolo. Forse ancora di più che altre discipline artistiche come il teatro e il cinema, il circo richiede un’elevatissima competenza tecnica che si trasforma in un vero e proprio atto poetico nel momento della rappresentazione.

Federica Restani e Raffaele Latagliata

C’è un grande risveglio d’interesse da parte del cinema, del teatro, della narrativa, della musica nei confronti del circo. Quali possono esserne le motivazioni, a suo giudizio?
Oggi siamo bombardati da mediocrità, viene spacciata per artisticità qualcosa che non le assomiglia affatto, si diventa famosi per tutt’altre ragioni che non il merito. È in un contesto simile che torna come un’esigenza pienamente attuale il desiderio di un mondo che esercita un grande fascino proprio per l’elevatissima competenza tecnica che diventa bellezza, la straordinarietà, la capacità di stupirci.
E poi il circo è anche l’ultimo baluardo di un mondo girovago, da carrozzone, di un mondo che ruota e porta lo spettacolo nelle città. Il circo trasporta tutto di se stesso per poi aprirsi al mondo. Ci sono rimasti il circo e il teatro, ad offrire spettacolo itinerante: e questo, secondo me, continua ad esercitare un profondo fascino.
Maria Vittoria Vittori

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