Sono 130 le fotografie in mostra a Palazzo Magnani, Reggio Emilia, di Stanley Kubrick, e diverse riguardano il circo, un ambiente che il grande fotografo americano ha “ispezionato” a fondo durante la sua carriera.
Coprono il periodo che va dal 1945, quando a soli 17 anni venne assunto come fotoreporter dalla rivista americana Look, al 1950, e provengono dalla Library of Congress di Washington e dal Museum of the City
of New York. Il titolo è Visioni e finzioni (1945-1950). Cinque anni da grande fotografo e l’esposizione è l’ultimo appuntamento italiano – dopo Milano e Venezia.
Numerosi gli scatti che lasciano senza fiato: da “Crimini”, che testimonia l’arresto di due malviventi seguendo i movimenti dei poliziotti, le loro strategie, le loro furbizie, fino all’avvenuta cattura, a Betsy Furstenberg, giovane ragazza americana rappresentata come il simbolo della vivace vita newyorkese di quegli anni, cui fanno da contraltare le vicende dei piccoli shoe shine, i lustrascarpe che si trovavano agli angoli delle strade di New York, o ancora quelle che ritraggono l’epopea dei musicisti dixieland di New Orleans, fino al variegato mondo degli artisti del circo.
Il “metodo Look”, che era caratterizzato da una narrazione a episodi, non incontrava il gradimento dei più importanti fotogiornalisti. I responsabili della rivista volevano che il soggetto fosse seguito costantemente, che venisse fotografato in tutto ciò che faceva. Questo stile invadente esercitava invece un grande fascino su Kubrick, al quale piaceva creare delle storie partendo proprio da quelle foto. Per ottenere dai personaggi delle pose che fossero più naturali possibili, Kubrick metteva in atto una serie di stratagemmi per passare inosservato. Uno di questi consisteva nel nascondere il cavo della macchina fotografica sotto la manica della giacca e nell’azionare l’otturatore con un interruttore nascosto nel palmo della mano. Negli interni cercava di sfruttare il più possibile la luce naturale agendo opportunamente sul tempo di esposizione e sull’apertura del diaframma.
Gran parte del senso estetico che ritroviamo nei suoi film veniva già espresso dal suo lavoro fotografico di questi anni. Anche ricorrendo a tecniche e punti di vista particolari e mantenendo sempre un certo distacco riesce a far trapelare l’aspetto psicologico dei soggetti ritratti, permettendo così all’osservatore delle foto di costruire una personale interpretazione del carattere delle persone riprese.
“Nascono così le prime fotografie di Stanley Kubrick – scrive il curatore della mostra Rainer Crone -, realizzate nell’America dell’immediato dopoguerra, che sorprendono poiché non si limitano alla rappresentazione di un’epoca, come ci si potrebbe aspettare da un fotoreporter. Le sue istantanee, infatti, che stupiscono per la loro sorprendente maturità, non possono essere considerate come archivi visivi della gioia di vivere, catturata dallo spirito attento e pieno di humor di un giovane uomo, ma costituiscono un consapevole invito a confrontarsi con le risorse del mezzo fotografico, con le sue possibilità di rappresentazione e con la propria percezione della realtà: una costante dell’opera artistica di Kubrick che comincia con le fotografie e continua nei film”.
La si può vedere fino al 24 luglio dalle ore 16 alle 23, il biglietto intero costa 7 euro, ridotto 5 (under 18, over 65, gruppi, titolari di coupon e convenzioni, biglietto d’ingresso a Fotografia Europea 2011) e 4 euro per studenti e scuole.