di Stefania Ciocca
Ma cominciamo dall’inizio.
Dopo la mattinata dedicata al primo approccio degli studenti con la giocoleria nel laboratorio tenuto da Daniel Romila e Alberto Fontanella, e con l’assistenza di Marco Miglia, si è aperta ufficialmente la quinta edizione delle Giornate di Studio sull’Arte Circense, nell’aula al primo piano di via Noto (la sua grandezza è il doppio delle aule occupate sino ad ora) con la benedizione istituzionale del prof. Inghilleri, direttore del dipartimento di Beni Culturali e Ambientali, congiuntamente al prof. Alessandro Serena, “patron” delle Giornate.
Che cosa fa un clown in università? Racconta di sé, del circo ma soprattutto di un uomo-clown.
E inizia con una curiosa affermazione: “Il circo è una Babele al contrario”.
Rifacendosi alla biblica Babele, la torre che per punizione divina raccoglie tutti gli uomini costringendoli alla non comunicazione perché portatori di lingue diverse, Larible definisce il circo sì come una Babele, cioè un luogo dove tutti hanno nazioni diverse, ma che funziona al contrario, cioè dove tutti riescono a comunicare perché uniti dal comune idioma della passione e del circo.
Racconta di essere stato scelto da un clown, perchè è così che questa entità benefica si manifesta sulla terra. Il clown sceglie l’uomo attraverso cui si proporrà agli altri uomini, e un bel giorno il clown ha scelto un David bambino che mentre era a tavola con i famigliari ha sentito quel tocco sulla spalla e ha comunicato la decisione. Eugenio Larible, papà di David, inizialmente ha pensato che fosse solo un capriccio di bambino o, peggio ancora, la scelta di uno scansafatiche. Perché la clownerie non è il ripiego di chi non sa fare il giocoliere, l’acrobata o il domatore. Quando il clown entra in pista e parodizza il giocoliere o il domatore deve conoscere la loro arte e poi farci dell’ironia. E così David, su spinta del padre, inizia a prendere lezioni di balletto e a studiare duramente per essere un giorno un clown famoso al mondo, il primo a coinvolgere il pubblico in scena, a saperlo far sentire a suo agio e a sapersi adattare ad esso; il primo clown occidentale ad avere uno show interamente a lui dedicato al Circo Bolshoj di Mosca. Il primo clown di pista ad entrare nello star system americano di Barnum. Tanti gli aneddoti, ad esempio quello in cui racconta che in America il rischio di montarsi la testa è enorme ma lui questo rischio lo ha sventato una notte in metropolitana: “Finita l’esibizione sono sceso in metro al Madison Square Garden. Una vecchina seduta davanti a me mi fissa e mi dice You are a Genius! E io penso Caspita! Ce l’ho fatta! Se mi riconosce così senza trucco ormai sono arrivato! Poi la vecchina si gira, fissa un altro, e gli dice You are a Genius! In sostanza era una pazza ma questa sua follia mi ha rimesso subito a posto!”.
E ancora aneddoti americani, italiani e russi, dimostrazioni su come si debba agire in pista o in teatro ovvero come nei due luoghi sia necessario esprimere le emozioni; e poi altre importanti lezioni di arte e non solo in cui David spiega che il clown è un giocoliere di emozioni. Porta in scena le emozioni e in scena si svuota le tasche, poi il pubblico decide cosa farsene, sta alle persone sapere di che cosa hanno bisogno, se della risata o della malinconia. Ciò che conta è portare in scena amore, è questo che secondo David Larible il clown deve saper fare. Il pubblico deve potersi innamorare del clown, deve avere la sensazione di essere amico.
Amore e amicizia sono alla base del clown dei clown David Larible: ha raccontato che da bambino la voglia di far ridere i compagni di classe era più grande della paura di essere buttato fuori dall’aula (cosa che poi puntualmente avveniva). Oggi il meccanismo è lo stesso solo che non ci sono più dieci amici ma centinaia o migliaia. La sensazione è sempre quella di essere in mezzo a degli amici da divertire e la sensazione più bella è quella di vedere il teatro che “ondeggia”, cosa che succede quando le persone ridono tanto da piegarsi in due, ridendo di gusto e “di pancia”. Un’altra cosa sottolineata è la differenza tra fare poesia ed essere poetici: paragonando la poesia al clown, non ci si può autoproclamare clown o poeti. Sono gli altri, il pubblico, a stabilirlo.