|

L’ultima prova

Si è concluso con un buon riscontro il concorso Letteralmente Circo promosso dal Circo.it ed Ente Nazionale Circhi, e che ha messo in palio 500 euro per il vincitore. Diciotto i racconti pervenuti (fra cui uno illustrato), alcuni di notevole spessore. La giuria formata da Paolo Bosisio (presidente), Matteo Colombo, David Larible, Claudio Monti, Egidio Palmiri, Maurizio Porro, Maurizio Scaparro, Alessandro Serena, Maria Vittoria Vittori, sta valutando i racconti ed entro breve decreterà il vincitore, che ovviamente comunicheremo all’interessato e su questo sito.
Su Circo.it pubblicheremo tutti i materiali pervenuti, cominciando oggi da quello di Erica Balduzzi, dal titolo “L’ultima prova”. Venticinque anni, laureata in Lingue e Letterature Straniere, studentessa in Diritti dell’Uomo, Erica così si descrive: “Vivo per scrivere … oppure scrivo per vivere, dipende dai punti di vista. Collaboro con L’Eco di Bergamo e con il magazine on-line Diritto di Critica, ma scrivo anche fiabe, racconti e poesie: mi piace tornare bambina, guardare il mondo attraverso l’innocenza dell’infanzia … E se anche tutto ciò non mi porterà da nessuna parte, almeno mi sarò divertita un mondo in questi viaggi!”.

L’ultima prova

Era stata la musica ad attirarla. Anzi no, prima erano state le risate, calde e piene come frittelle appena sfornate, avvolgenti coperte di buonumore in un angolo di sera cittadina strappata alla luce livida dei lampioni.

«Non fermarti, non deviare lungo strade che non conosci, non dare retta agli sconosciuti!».

Le raccomandazioni della mamma le risuonavano nelle orecchie e la bambina obbediva, le manine strette sulle cinghie della sacca di ginnastica. Ma quelle risate, che danzavano al ritmo di tamburelli e nacchere, avevano strappato il lenzuolo dei non steso davanti ai suoi occhi: adesso c’era un non che rimbalzava contro un chissà, un punto esclamativo contro un punto di domanda. La bambina si volse verso quegli angoli che non conosceva: un lampione si accendeva a intermittenza, un gatto spariva furtivo. Lì, nell’ombra, un richiamo. E una risata si arrampicava lungo gli angoli e le solleticava il mento, birichina. «Solo una sbirciata», promise allora tra sé e sé la bambina, il cuore colmo di curiosità. Attratti da un centro di gravità nuovo o forse per sfuggire al terrore del buio, i suoi piedini quasi corsero lungo l’asfalto disconnesso.
Ecco, un’altra risata! E ancora musica! Un violino miagolava lamentoso nell’aria notturna, voci adulte crescevano come onde d’oceano contro le scogliere di cemento della città e si ritraevano poi sulla battigia di rifiuti e bottiglie rotte, chiamando la bambina con la loro eco morbida. Un altro passo, un angolo da svoltare. Uno sguardo furtivo alle spalle per accertarsi che la solita strada fosse ancora lì, rassicurante: vi sarebbe tornata subito, «e non dico alla mamma che mi sono allontanata» pensava la bambina, zampettando verso quei suoni variopinti con tutta la quieta saggezza dei suoi dignitosissimi otto anni (e qualche mese).

Infine sbirciò.

E trovò il Mondo delle Fate.

Colori e luci si spingevano l’un con l’altro per trovare posto nel piazzale stretto tra gli edifici abbandonati, mentre elfi e fate dagli abiti sgargianti danzavano a piedi nudi non tra fiori e alberi, ma tra roulotte e camion parcheggiati. Ecco, laggiù! Laggiù un ragazzo camminava con le mani su un grosso pallone, dritto e morbido come un giunco, mentre una giovane donna con i capelli neri d’inchiostro faceva volare palline scintillanti, che scivolavano su per l’aria notturna e tornavano poi docili e obbedienti nelle sue mani. «No, non così! – esclamava allora un uomo poco più in là, avvicinandosi ai due – Non deve esserci sforzo nei vostri movimenti, la gente non vuole vedere la fatica: vuole la magia! Provate ancora, forza, stasera l’ultimo spettacolo deve essere perfetto!». E quello, cos’era quello? Un figlio di drago forse? Non aveva coda o squame, ma con un ruggito accendeva le ombre di lingue di fuoco, su, su verso quel cielo dove infine le fiamme si smorzavano per cedere di nuovo il passo alla sera tumefatta di neon e smog. Per lui erano applausi, risate e inchini da chi era seduto sull’uscio dei camion sgargianti e da chi suonava, da chi mangiava davanti al fuoco e da chi non smetteva di provare numeri e acrobazie. «Un altro numero, forza! Stasera è vicina e lo spettacolo anche!». E com’erano belle quelle fate, vestite di veli e truccate d’azzurro, che volteggiavano su un filo teso tra due roulotte! Che fossero magari sirene? Liquidi erano i loro movimenti nel cerchio di luce e parevano galleggiare, lì, un passo sopra il mondo dei comuni mortali. Anche quando perdevano l’equilibrio e balzavano a terra, agili come gatti azzurri: anche allora erano belle, pure allora l’aria pareva spostarsi per lasciarle passare. «Sbaglio, sbaglio sempre – diceva allora una all’altra, sconsolata, e le sue parole rimbalzavano fino all’angolo in cui si nascondeva la bambina -: dimentico di dimenticare me stessa durante l’acrobazia. Ascolto troppo cosa vogliono fare il piede, il mano, la gamba, ogni volta. Non riesco a lasciarmi volare».
La bambina guardava e continuava a guardare, gli occhi trasformati in due stelle. Guardava le roulotte illuminate da festoni di luci colorate e l’enorme tendone là, nell’angolo del parcheggio, ammantato di buio che sprofondava i suoi pennacchi in una pozza di ombre color rosso cupo. Era come affondare nelle pagine di un libro illustrato, di quelli vecchi e odorosi di storie lette e rilette, che restano sugli scaffali più alti della biblioteca custodendo gelosamente i loro colori e la loro vibrazione magica. Più la bambina guardava, più dimenticava le raccomandazioni della mamma o la strada buia che la attendeva: c’era solo quell’angolo di universo popolato da aggraziate figure e da colori e risate accese, che sbiadiva nell’oblio tutto il resto. Era un sogno, era realtà: ma che importava?

Fu Elio il Clown a vederla per primo.

Fu lui a scorgere due occhietti e un cuore curioso di bambina, in bilico tra l’al di qua e l’al di là del muro, tra l’al di qua e l’al di là del circo. La scorse da lontano, la salutò con la mano, la vide ritrarsi intimidita. Allora bastò un cenno ai compagni, un inchino improvvisato: e tutti capirono che ecco, la sera aveva regalato loro una spettatrice inaspettata. E come diceva sempre Marcel, il capo della compagnia, «ad ogni spettatore, uno spettacolo!». E se lo spettatore era soltanto uno, per giunta piccolo e timido come quella bimbetta nascosta? «Più è piccolo, più lo spettacolo deve essere grande! Ché con noi i bambini diventano signori e gli adulti tornano fanciulli, e signori anch’essi!». Si aprirono allora acrobati e clown, mangiafuoco e domatori: si aprirono attorno al centro del piazzale. Non c’era tendone in quel momento, non effetti di fumo o applausi d’apertura, e nemmeno
la tanto sudata ed amata pista di segatura ad attendere le loro acrobazie. Ma c’era una bambina che voleva vedere l’anima del circo, e tanto bastava.
Per primo Elio il Clown entrò nel cerchio di luce: portava buffe scarpe giganti, una ciliegia di naso rosso, una parrucca variopinta ed un grande sorriso sbilenco dipinto sulla faccia, un sorriso che parlava di lacrime e stelle. «Un dono per questo piccolo folletto della sera!»: porse alla bambina nascosta un fiore, si inchinò a lei e ai suoi stessi compagni con movimenti goffi, eppure aggraziati…. Ma inciampò nell’orlo della giacca troppo grande, ruzzolando a terra: e finalmente la bambina ebbe il coraggio di tuffarsi in quel sogno colorato e rise. Rise la bambina, mentre Elio il Clown la prendeva per mano e la sedeva su un grosso cuscino rosso, rise mentre lo guardava arrabattarsi attorno ai suoi compagni senza imbroccarne una, un grosso elfo pasticcione di arcobaleno vestito.
«Uno spettacolo tutto per te, piccola grande spettatrice! – esclamò allora Marcel, orchestrando quelle ultime prove della giornata in uno show in miniatura, un minuscolo regalo della compagnia per quella bimba comparsa all’improvviso – Un po’ di magia, da portare via nella notte!». Continuò a guardare, ridere, sorridere e spalancare gli occhioni la bambina, battendo le manine al ritmo dei tamburelli e del violino che come per sortilegio avevano iniziato ad accompagnare i numeri, mentre in quella pista improvvisata si susseguivano contorsionisti ed equilibriste, il drago sputafuoco e piccoli buffi cagnolini acrobati.
Non durò a lungo quello spettacolo sospeso sul tramonto cittadino, ma alla bambina parve una vita intera, un angolo di fiaba rubato e dispiegatosi davanti ai suoi occhi per magia: e fu solo quando gli artisti le si inchinarono davanti, allegri complici di quell’illusione regalata per caso, che si accorse che era finito. Allora si alzò in piedi, batté le manine con tutta la forza che aveva: «bravi! Bravi!» gridò emozionata, con le guance rosse come il naso di Elio e la sacca di ginnastica penzoloni dal braccio. «Grazie a te, folletto!» la salutarono i circensi, con il cuore allietato e l’animo rinfrancato da quel fuoriprogramma inatteso, da quella piccola spettatrice innocente ed entusiasta che mai aveva conosciuto il circo prima e ne era rimasta conquistata. Si dispersero leggeri gli artisti, certi che dopo quell’innocente improvvisazione sarebbe andato tutto per il meglio: ora c’era infatti da preparare il tendone, spazzare la pista per lo spettacolo vero, l’ultimo, quello che di lì a poco sarebbe iniziato e anche finito, quello dopo il quale avrebbero preso per sempre il volo dalla città di cemento.
Solo Elio il Clown rimase con la bambina ancora per qualche istante. Un pagliaccio anziano e bonario ed una bimba che aveva scordato le raccomandazioni della sua mamma restarono immobili
in un angolo di piazzale, con il cuore ancora danzante nei ritagli di ricordi. «Devo andare a casa, la mamma mi aspetta» disse infine la bambina. Poi parve pensarci su un attimo. «Mi è piaciuto il circo» aggiunse. E appoggiò un bacio infantile sulla guancia truccata del vecchio clown.

Quella notte i suoi sogni ebbero colori nuovi.

E a lungo nella sua vita la bambina custodì in un angolo di cuore la magia che quella sera,

quell’ultima prova del circo di passaggio le aveva regalato.

Short URL: https://www.circo.it/?p=19459

Comments are closed

Archives

Comments recenti