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Il veterinario: “Sotto il tendone gli animali non fanno esercizi contronatura”

Alex Giona

Indipendentemente dalle valutazioni che ognuno di noi può fare sulla validità e sulla correttezza dell’addestramento degli animali e del loro impiego in spettacoli, la prima domanda che è lecito porsi è: perché il divieto interessa solo circhi e spettacoli viaggianti? Queste non sono le uniche forme di spettacolo che utilizzano animali. Anche il cinema, il teatro (seppur raramente), gli spot pubblicitari (oggi molto di moda) fanno spesso uso di animali, la cui “recitazione” deve ovviamente essere preceduta da un addestramento, le cui modalità non sono certo diverse da quelle utilizzate per gli spettacoli circensi. Le scene con animali di molti film celebri sono state girate utilizzando proprio gruppi di animali provenienti dai circhi. Negli Stati Uniti e in Inghilterra alcune famiglie circensi si dedicano all’addestramento di animali che vengono poi utilizzati indifferentemente da circhi o da troupe cinematografiche e televisive.

Come veterinario voglio tentare un approccio tecnico al problema, sfruttando elementi di valutazione che trovano radici nella nostra cultura professionale. Partendo in primo luogo dal concetto di benessere. Concetto che negli ultimi dieci anni ha polarizzato sempre più l’attenzione dei veterinari, ed ha subito le dovute evoluzioni dovute all’avanzamento delle cognizioni scientifiche in materia. In effetti oggi non si parla più di benessere in senso lato, ma si tendono a distinguere tre stadi dello “star bene” di un animale.

Il primo è quello della salute, inteso come assenza di sofferenza, e sovrapponibile al concetto di benessere fisico. Tale stato è valutabile su base clinica, e la relativa mancanza determina nell’animale una serie di alterazioni organiche abbastanza ben riconoscibili.

Il concetto di benessere psicologico rappresenta una tappa più evoluta e si ricollega con la sfera psichica dell’animale. In tal senso esso risulta correlato con quello che è lo sviluppo dei centri nervosi delle varie specie animali, e quindi della complessità delle loro esigenze psichiche. Esigenze psichiche che, più di recente, sono state anche definite emozioni, utilizzando un termine solitamente riservato alla specie umana. Non è comunque un azzardo parlare di emozioni animali, in quanto i meccanismi fisiologici e neurologici che presiedono alle emozioni sono sostanzialmente identici nell’uomo e negli animali.

Sulla definizione di benessere si sono cimentati diversi autori. Una definizione che crediamo particolarmente pertinente per il concetto di benessere psicologico è quella di uno “stato in cui l’animale riesce a soddisfare i propri bisogni”. E’ questo un concetto evolutivo del benessere animale, che viene individuato non nell’assenza di bisogni, situazione che comporta un’inevitabile passività, quanto in una realtà attiva dove l’animale è soggetto a stimoli di diversa natura, e proprio la possibilità di riuscire a rispondere positivamente a questi stimoli crea una situazione di benessere.

Questo concetto è importante per la valutazione relativa all’impiego nello spettacolo, anche circense, in quanto, come sottolineato anche da svariati autori, l’addestramento e l’effettuazione degli spettacoli rappresentano per l’animale in cattività stimoli molto importanti e vantaggiosi. Già da tempo infatti gli esperti del settore avevano puntualizzato che gli animali dei circhi, seppur detenuti in spazi necessariamente inferiori a quegli degli zoo, presentavano comunque un comportamento più attivo ed un “benessere psicologico” maggiore, proprio per trovarsi in un ambiente più ricco di stimoli. A questo proposito va ricordato che già a patire dagli anni ’60 in alcuni dei principali e più stimati zoo del mondo, alcuni animali vengono addestrati e presentati al pubblico in esibizioni di stampo circense, proprio per arricchire la loro condizione psicologica attraverso nuovi stimoli.

Un terzo stadio di valutazione del benessere animale è quello introdotto di recente dagli animalisti d’avanguardia, è cioè la felicità animale. Termine di valutazione che riesce di difficile impatto per una valutazione scientifica, in quanto non si può valutare scientificamente un parametro che non si è prima ben definito. In altre parole, come facciamo a dire se gli animali godono di felicità, quando dopo duemila e passa anni non siamo ancora riusciti a trovare una definizione generale per la felicità umana?

Alcune motivazioni animaliste sull’impiego di animali nello spettacolo prendono spunto da altri aspetti, che nascono non tanto dalla situazione intrinseca dell’animale, quanto da un complesso di valutazioni riconducibili a quella che si può genericamente definire come “reazione psicologica” dello spettatore.

Si sente spesso parlare di esercizi contronatura o lesivi della dignità animale. Restando sul piano della valutazione scientifica, come esercizi contronatura possiamo e dobbiamo identificare soltanto quelli che determinano a livello fisico, o anche psichico, delle sollecitazioni esagerate e a cui un determinato organismo animale non è preparato. Il tutto senza comunque scordare che, l’animale come l’uomo, con un adatto allenamento può eseguire determinate performance certo non alla portata di qualunque individuo della propria specie.

Il concetto psicologico di esercizio contronatura, ovvero di lesione alla dignità animale, rappresenta piuttosto una traslazione della sensazione dello spettatore-uomo sull’animale. In altre parole l’uomo-spettatore considera lesiva una situazione in cui si trova l’animale ed in cui egli non vorrebbe trovarsi. Anche la natura dell’animale viene spesso valutata non in base alle sue caratteristiche fisico-etologiche, ma piuttosto in base ad una certa idea, più o meno stereotipata, che ci facciamo di una certa specie animale.

Più importante è semmai la valutazione del messaggio culturale trasmesso da uno spettacolo con animali. Certamente l’evoluzione del rapporto uomo-animale e la maggiore sensibilità nei confronti degli stessi ha reso gli spettatori esigenti di un modo diverso di rapportare l’addestramento e la presentazione degli animali-artisti. Innanzitutto oggi lo spettatore è più preparato ed attento a cogliere segni di effettivo malessere dell’animale, quali un mantenimento non corretto a livello di esigenze organiche, o un addestramento basato su metodi violenti (che comunque sono i meno produttivi a livello artistico).

Lo spettacolo con gli animali in passato tendeva, più o meno palesemente, a esaltare la superiorità dell’uomo nei confronti degli animali, per cui l’addestratore si poneva nel ruolo di chi riusciva a far fare all’animale cose che altrimenti non avrebbe fatto. Una tale concezione artistica è oggi scomparsa: lo spettacolo diventa rappresentazione di una nuova comunanza fra uomo ed animali, una risposta all’animalismo estremo che vorrebbe il distacco fra uomo e animale, assegnando a quest’ultimo un’improbabile autonomia e imponendo all’uomo il dovere di non interferire in un ancora più improbabile svolgersi naturale della vita degli animali.

Ettore Paladino

Veterinario

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