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Dialogo sul circo e altro

Il presidente Enc, Antonio Buccioni

Il presidente Enc, Antonio Buccioni

“La tragedia accaduta a Siena, dove un bimbo di 18 mesi è stato sbranato dai cani lupo della nonna, oltre a farci riflettere sul significato del dolore innocente e a tentare di condividerlo con una famiglia straziata, mette una pietra tombale sui vaneggiamenti dell’animalismo radical chic, direi meglio: sulla brutale ideologia di chi si ritiene arbitro in terra del bene e del male”. Chi parla è il presidente dell’Ente Nazionale Circhi. Parte da qui, da un fatto di cronaca successo quattro giorni fa, l’intervista ad Antonio Buccioni, che spazia su temi esterni ed interni alla categoria, non senza affondare la lama da entrambi i lati.

Cos’ha provato davanti a quel fatto?

Prima di tutto un sentimento profondo di pietà nei confronti di una creatura morta in quel modo, e di compassione – nel senso letterale di condivisione del dolore – per la mamma, il papà, i familiari. In secondo luogo c’è da inorridire, anzi da vomitare, nel constatare come la tragedia che si è consumata a Siena sia già finita nell’archivio delle informazioni non utili, non interessanti mediaticamente. E la rabbia aumenta se ripenso alla vergogna mediatica di episodi come il doppio delitto di Lignano Sabbiadoro con la gogna mediatica che si è abbattuta sul circo Bellucci e su tutto il circo italiano, o alle paginate e ai lunghi servizi dei tg sulla morte della giraffa uccisa una volta che era stata fatta fuggire dal circo. Se si potesse seguire l’esempio del piccolo principe narrato da Saint-Exupéry, veramente verrebbe voglia di salire sull’astronave e cercarsi un mondo diverso e più giusto.

In quel caso tutti a condannare la “prigione” del circo, stavolta nessuno che dica una parola sulle dorate prigioni in cui vivono gli animali da compagnia, spesso tenuti senza la minima conoscenza del loro “carattere”.

Ha tutto il mio disprezzo chi si atteggia ad arbitro del bene e del male, una posizione mentale che è all’origine di tanti disastrosi fanatismi. E mentre gli animalisti si perdono dietro al nulla e accentrano il proprio impegno nel dare la caccia ai circhi, le tragedie si consumano con gli animali domestici. Un cane (nel caso specifico due) che è stato per anni oggetto delle attenzioni dei proprietari e improvvisamente si vede arrivare un “fagottino” che lo fa retrocedere inevitabilmente nelle attenzioni, può reagire anche in questo modo. E purtroppo sono frequenti gli incidenti mortali e non, ma comunque gravi, che vedono protagonisti i cani. Gli animali da compagnia rappresentano anche un grande business, e quindi quasi nessuno si preoccupa di fissare regole, insegnare un minino di educazione e ad applicare il buonsenso. Tutto questo a fronte di poco più di mille animali presenti negli oltre cento circhi italiani (di cui quasi un terzo equini) che non danno in genere nessun problema, che sono soggetti a controlli quasi quotidiani dalle Asl, che vivono in cattività da generazioni e quindi hanno ormai fatto del circo il loro ambiente naturale. Ma il delirio del fanatismo animalista è riuscito a stravolgere la realtà al punto da creare allarme dove pericoli non ci sono e a far abbassare la guardia dove invece i rischi sono sempre in agguato, perché comunque un cane non è un peluche.

Eppure gli animali domestici sono una ricchezza, se ben vissuti, soprattutto per un bambino.

Sicuramente si, ma un bambino che nasce in una famiglia che ha al proprio interno degli animali, deve essere educato, sia per evitare drammi e sia per evitare shock di proporzioni catastrofiche all’animale: se non educato saggiamente, appassionatamente e con impiego di tempo e di pazienza, il bambino diventa un competitor dell’animale.

Nel circo invece gli animali sono parte di un contesto particolare ma nel rispetto di regole precise.

Quello che per ignoranza, grettezza o prevenzione ideologica, i nostri poco nobili avversari animalisti – anzi nemici, farei loro un regalo immeritato a chiamarli avversari – non riconoscono, è che la stragrande maggioranza dei circensi, così come i veterinari, gli etologi, gli ammaestratori che si prendono cura degli animali presenti nei circhi, sono persone splendide. Come constato de visu da tempo, i nostri operatori circensi hanno una cura degli animali che condiziona duramente la loro stessa esistenza, perché sono così coinvolti nel condividere coi loro animali l’intera giornata, che in nome di questo rapporto sacrificano il loro privato e il loro pubblico, le loro potenzialità artistiche e non solo artistiche. Ecco perché dovrebbero avere anche il rispetto di chi si definisce amante degli animali.

A proposito di animali, l’Ente Nazionale Circhi ha portato a termine un Regolamento molto ambizioso e anche decisamente innovativo.

Flavio Togni, vicino al dottor Maurizio Chiesa, a Livio Togni e alla onorevole Goisis alla conferenza stampa promossa dall'Enc alla Camera dei deputati (foto Circo.it)

Flavio Togni, vicino al dottor Maurizio Chiesa, a Livio Togni e alla onorevole Goisis alla conferenza stampa promossa dall’Enc alla Camera dei deputati (foto Circo.it)

Il Regolamento per l’utilizzo degli animali nei circhi mi suscita un sentimento di grande soddisfazione, soprattutto se penso a quella che è stata la cavalcata di un anno di impegnativo ma entusiasmante lavoro. E’ stata una esperienza gratificante perché nell’equipe che si è coinvolta ho visto entusiasmo, appunto, padronanza e perizia, amore, abnegazione, sacrificio. Sono poi rimasto particolarmente stupito nel vedere l’atteggiamento dei veterinari, i quali hanno portato un contributo determinante. Nonostante impietosi pronostici, hanno fatto squadra e che squadra, direi da Champion! E mi ha sorpreso la collaborazione che hanno saputo concretare, niente invidie ma anzi massima condivisione. Vorrei poi sottolineare la dedizione, l’impegno, la competenza e le doti di leader dimostrate da Flavio Togni. Così come il ruolo giocato da Ettore Paladino, coordinatore appassionato e tenace di tutto il lavoro del Regolamento, e quello dell’Associazione di categoria, che ha sposato questa esigenza, ben sapendo che comporterà sacrifici ma che per i grandi obiettivi si affrontano anche i sacrifici.
Il lavoro della commissione mi è molto piaciuto anche per un altro motivo.

Quale?

Per il metodo di lavoro, che guarda alla sostanza: chi ha voluto ha trovato le porte spalancate ed ha avuto modo di valorizzare in tanti modi la propria presenza, arricchendo tutti. L’Enc si è mostrato per quello che è: una casa di vetro aperta a chi vuole lavorare, senza preconcetti, sbarramenti aprioristici o altro. Se qualcuno ancora pensa che a fare la differenza siano la storia e la pretesa nobiltà circense, con me ha sbagliato di grosso.

Visto che stiamo parlando di iniziative importanti promosse dall’Enc, un’altra non meno significativa è stata l’incontro al Viminale con il Viceministro Filippo Bubbico.

E’ stato un incontro davvero importante quello che si è tenuto il 29 maggio. Il Viceministro dell’Interno ci ha dedicato un’ora e mezza, alla presenza di due prefetti e di altri funzionari del suo staff… penso che a livello di quel ministero mai si era visto qualcosa del genere. Ci è stata data la possibilità di evidenziare tutto quello che avevamo inserito nel documento che abbiamo consegnato, spiegando ad una interlocuzione estremamente attenta, quale carattere di inaudita sistematicità abbia assunto oggi il boicottaggio degli spettacoli circensi da parte di gruppuscoli minoritari e violenti. Ed è stato questo il momento più alto di quella riunione, alla quale tutti hanno avuto la possibilità di dire la loro.

Interessante anche la composizione della delegazione…

Da sinistra nella foto, Elio Casartelli, Lino Orfei, Pino Piu, Antonio Buccioni, il Viceministro Bubbico, il prefetto Romano, mentre il primo da destra è il prefetto Priolo

Da sinistra nella foto, Elio Casartelli, Lino Orfei, Pino Piu, Antonio Buccioni, il Viceministro Bubbico, il prefetto Romano, mentre il primo da destra è il prefetto Priolo

Direi all’insegna dei tempi nuovi: era composta da direttori di circhi di prima categoria insieme a quelli di piccoli e medi complessi e non necessariamente consiglieri. I toni anche dei nostri interventi sono stati anche accalorati, spiegando cosa succede ogni giorno nelle piazze d’Italia. E’ stata una opportunità di grande rilevanza e un ringraziamento particolare va agli ingegneri Carlo e Antonio Barillari che hanno permesso questa riunione. Ovviamente sono anche altre le tematiche sulle quali siamo impegnati, a partire da quella dei trasporti, delle vertenze legali e così via, che ogni giorno ci vedono impegnati.

Qual è invece la situazione all’interno della categoria? Dall’esterno non sembrerebbero in corso stravolgimenti clamorosi.

E’ nel silenzio che si consumano le vere e proprie rivoluzioni. Non coi proclami e gli slogan ma nel silenzio e nei comportamenti quotidiani. Quando dico che ci troviamo di fronte ad una rivoluzione, so quello che dico.

Può spiegare concretamente a cosa fa riferimento?

Partiamo da un dato meramente sindacale: io ho una cultura generalista e corporativa per cui il “tutti dentro” è stato sempre il mio cavallo di battaglia. In linea di principio e teorica lo è tuttora, poi però questo tipo di posizione deve fare i conti con la realtà. Nonostante il mio approccio generalista e corporativo ritengo che si debbano comprendere e cavalcare i movimenti che si stanno verificando nella categoria, particolarmente tra i giovani, tra gli under 40 sostanzialmente. Vorrei parlare senza ipocrisie, che non aiuterebbero a comprendere pienamente.
Oggi la scommessa per chiunque voglia disegnare un futuro per sé così come per la propria azienda, si pone in termini di credibilità e di percezione del senso storico del cambiamento. Se una persona nel 1950 entrava da uno dei più grandi sarti di Roma, ad esempio Brioni, e si faceva confezionare un abito su misura e poi ci andava a spasso per le strade più importanti della città, plausibilmente destava l’ammirazione di quanti lo incrociavano. Se oggi quel signore togliesse dall’armadio quel medesimo vestito e lo indossasse andando a passeggio nel centro di Roma, probabilmente qualcuno gli direbbe che il carnevale è finito. Quello che è stato è stato. Il mondo è cambiato, e non è che stiamo parlando del punto di vista di un presidente protempore di una organizzazione sindacale, ma è lo stato delle cose. Occorre rendersi conto che certi modi operandi vanno tolti definitivamente di mezzo.

Qualche esempio?

L’atteggiamento nei confronti dei Comuni, dei vari enti erogatori delle utenze, del pubblico, dell’ambiente stesso, va modificato e adeguato ai tempi. Se per decenni in alcune zone del paese ci hanno esentato di fatto dal pagamento delle piazze, a volte delle utenze, sgravati da controlli di varia natura (dipendenti, animali, ecc.) e questo può aver dato risultati positivi dal punto di vista dei bilanci, ormai però questa mucca è stata munta fino all’ultima goccia di latte disponibile e forse anche qualcosa di più. Oggi non comprendere che i tempi sono cambiati significa addossarsi una patente di pochezza mentale e intellettuale, ancora prima che morale.

E a suo parere quanti sono coloro che non hanno ancora compreso che i tempi sono cambiati?

Ho rapporti quotidiani e trasversali nell’ambito del mondo del circo, passo ormai qualche ora ogni giorno al telefono con direttori, artisti, segretari, tecnici, qualche volta perfino con attrezzisti, ed avverto nella maniera più evidente che una parte della categoria sta comprendendo la necessità di improntare in modo nuovo la propria azione, e non per soddisfare stupide istanze di perbenismo del presidente o per far si che qualcuno venga additato come associato o associata modello. Ma adeguarsi ai tempi per amore della propria azienda, del proprio lavoro e per la consapevolezza che non c’è alternativa a questo tipo di scelta. Vorrei tanto sbagliarmi, ma chi rapidissimamente non seguirà questa strada, ho l’impressione che sarà travolto perché in qualche caso arriverà troppo tardi.

I segnali più vivaci da dove arrivano?

circo-millennium-bellunoSicuramente da tutti quei giovani che hanno ormai una certa metodologia di rapporto con me e con l’organizzazione Ente Circhi. L’ingresso nel consiglio direttivo Enc di direttori e coprotagonisti della vita di alcuni complessi giovani e meno giovani, sono lo specchio della volontà di avere un futuro da protagonisti e in termini di dignità e rispetto nei nostri confronti da parte delle istituzioni. Mi riferisco ad esempio a persone come Alberto Vassallo, Sandy Medini, Derek Coda Prin, Danilo Dell’Acqua, Jody Bellucci, Ronnj Denji e altri.
L’esperienza dimostra, a partire da quella di Roma, che il rispetto più puntuale delle regole viene premiato e si rivela una strategia vincente.

Perché cita Roma?

A Roma sono state riaperte al circo e, sottolineo, al circo che ostenta anche negli slogan dei manifesti la presenza degli animali, non una ma una serie di piazze interdette ai nostri complessi da 10 o 20 anni, e questo è un metodo che trova applicazione un po’ in tutta Italia.

Eppure non mancano le situazioni critiche, le piazze lasciate sporche, le aree non pagate, gli strascichi legati ad affissioni abusive e così via.

Chi non si adegua e innova la propria metodologia e non sa cogliere il senso della storia, è già dentro una bara. Sugli animali questo discorso perviene alle estreme conseguenze. Farebbe uno sgarbo alla mia personale intelligenza, e la cosa mi disturberebbe non poco, chi ritenesse anche solo per un attimo che non mi sia chiaro come nell’ambito della nostra famiglia circense ci siano delle realtà – ora grandi, ora medie, ora piccole e ora piccolissime – che fanno del rapporto con gli animali una religione che li porta a compromettere e in qualche caso a mortificare la propria esistenza, della qual cosa ci sarebbe poi da porsi un diverso interrogativo circa la giustizia di questa esasperata posizione. Tali realtà da un punto di vista affettivo, scientifico e, da ultimo, commerciale, non tralasciano nessun tipo di attenzione verso gli animali, lavorando 24 ore al giorno, privandosi delle ore di riposo e fin anche del proprio sostentamento, in nome della migliore qualità della vita degli animali. Sono poi perfettamente a conoscenza che accanto a questi ci sono tuttora, sia pur estremamente limitate nel numero, delle tristi realtà nelle quali l’animale è considerato meno che un bene strumentale dell’azienda. Piuttosto un qualcosa di intercambiabile, di utile alla pronta cassa, una esclusiva fonte di guadagno sempre più ingombrante nella misura in cui i controlli aumentano. Tra questi due mondi, a brevissimo non ci potrà essere più comunicazione, anche perché è mio dovere fare di tutto per preservare, per quanto possibile, i primi dal delirio infernale nel quale sono destinati a cadere i secondi.

Il suo sembra un messaggio molto chiaro: saranno i comportamenti a fare la differenza e la sopravvivenza dei circhi.

Piazze, animali, utenze, rapporti con le istituzioni: su tutti questi fronti la rivoluzione è in corso. Si è inaugurata una nuova era e chi si è incamminato seriamente su questa strada ha già raccolto i frutti. C’è invece chi continua a non capire che qualche migliaio di euro ben speso per mettersi in regola alla perfezione, anche dal punto di vista di tutta la documentazione che deve accompagnare un circo, va considerato come un investimento. Mi consta dolorosamente che ancora c’è gente che pensa di riuscire a risolvere il problema della documentazione collezionando “pezze d’appoggio” di altri circhi, pensando così di farla franca: ma ancora per quanto e nei confronti di chi? Il consiglio spassionato che mi sento di dare è che è molto meglio spendere 5 mila euro oggi e mettersi a posto piuttosto che perderne 30 o 40 mila quando interviene il fermo dei mezzi e delle strutture, che fa perdere settimane di lavoro, spese ingenti, e ti appioppa addosso un marchio di cattiva qualità che per essere rimosso impegna a dismisura, non solo finanziariamente.
La gente del circo deve andare a testa alta e a testa alta uscire dai controlli ai quali sempre più sarà sottoposta insieme ai propri mezzi, al parco animale e al personale. E un ultimo messaggio in questo senso mi sento in dovere di lanciare: la gente del circo deve essere orgogliosa di vivere con i proventi del circo e cioè del pubblico pagante. Leghiamoci saldamente alle antenne dei nostri chapiteaux, facciamoci legare dalla famiglia, dai collaboratori, dalle persone che ci vogliono bene, resistendo alle tentazioni di sirene troppo facili e troppo lontane dalla nostra autentica cultura e vocazione artistica di viaggiatori dello spettacolo. A buon intenditor …

Come vede invece il quadro politico, sociale ed economico italiano?

Una lettura molto epidermica e superficiale di quello che è successo e sta succedendo, potrebbe destare grandissime preoccupazioni. Non sono certo io a celare la problematicità del quadro politico e la problematicità che comunque discende da una visione minimale e negativa – quando addirittura non del tutto negata – del ruolo del circo nel contesto socioculturale del nostro Paese. Ma tutto sommato io considero questo modo di vedere i tempi che corrono molto epidermico. In realtà gli antichi schemi sono superati e io credo che dobbiamo ragionare in termini di uomini. Da questo punto di vista il lavoro e le opportunità ci stanno facendo scoprire, accanto a dei nemici che sono sempre più logori nelle loro deliranti teorie e miserabili nelle loro imbarazzanti gestioni, anche una folta schiera di persone che disinteressatamente si sono avvicinate a noi.

Qualche nome?

Il senatore Carlo Giovanardi davanti a Montecitorio con Vittorio Sgarbi e tanta gente del circo (foto Silvia Ottaviano)

Il senatore Carlo Giovanardi davanti a Montecitorio con Vittorio Sgarbi e tanta gente del circo (foto Silvia Ottaviano)

Oltre al più noto a tanti circensi, anche per aver partecipato a iniziative pubbliche da noi promosse, come il senatore Carlo Giovanardi, mi piace ricordare l’onorevole Giorgia Meloni, Vittorio Sgarbi, Alessandro Meluzzi, l’europarlamentare Marco Scurria (del raggruppamento politico Fratelli d’Italia, come Giorgia Meloni), il mondo cattolico. Io credo che occorra capillarmente coltivare rapporti trasversali. Del resto non è un mistero che il mondo del circo, che in passato veniva contestato da un certo schieramento politico, il che è anche legittimo, poi in tempi più recenti da quelle forze politiche che sembravano invece più vicine sia stato anche vilipeso, e questo invece in nessun caso può risultare legittimo.
Una canzone meravigliosa di quel capolavoro che è stato Scugnizzi di Nanni Loy, dice che “parlanno parlanno parlanno quanti ccòse se pònno accuncià…” Non dobbiamo avere paura e con la più grande umiltà del mondo dobbiamo rappresentarci per quello che siamo: un’isola limpida e pulita, perché poi anche le eccezioni non possono che confermare la regola, un popolo che con dignità e fierezza chiede di poter lavorare in condizioni dignitose. Perseguiamo la strada di un confronto a cielo aperto perché non dobbiamo certo nasconderci così come non dobbiamo nascondere la nostra storia, i sacrifici eroici che ci vedono protagonisti ogni giorno su ogni piazza d’Italia e non abbiamo certo da dover rendere conto in termini morali ad un mondo politico che il senso del recupero di una moralità diffusa se lo deve porre doverosamente.

Quale collaborazione l’Enc sta avendo dal mondo politico?

Tanto alla Camera, per iniziativa di Fratelli d’Italia, quanto al Senato per iniziativa di Giovanardi, a breve saranno presentati due disegni di legge sul circo in termini sostanzialmente aderenti alle nostre aspettative e comunque senza talebanesimi di sorta. Valuto questo molto positivamente perché vuol dire che a differenza della passata legislatura nelle sedi competenti si aprirà un dibattito.

Sull’excursus relativo al circo e alle diverse problematiche lei è stato un fiume in piena, ed è anche comprensibile perché era da molto tempo che non si faceva il punto. Ma usciamo un attimo dall’orizzonte circense per toccare quello più personale. Lei è noto per essere anche uno dei massimi dirigenti della Società Sportiva Lazio, e fra l’altro la stagione ha riservato ai biancocelesti non poche soddisfazioni.

coppa-biancoceleste-antonio-buccioniLe affermazioni sportive colorate di biancoceleste costituiscono sempre e sicuramente un motivo di soddisfazione, come lo è stato in particolare la vittoria della squadra di calcio nella finale di Coppa Italia contro la Roma, un evento che mi ha dispensato qualche ora di letizia. Tra l’altro ero stato molto vicino alla squadra, avevo scritto una lettera-appello in termini inequivocabili, e, dopo parecchia sofferenza, al fischio finale sono sceso in campo per unirmi ai ragazzi in festa, cosa che non mi accadeva dal giorno del primo scudetto ormai lontano, cioè dal 12 maggio 1974.
Dal punto di vista puramente sportivo, tuttavia, dopo tanti anni – per me questo è il trentaduesimo di milizia biancoceleste – quando mi immergo negli oceani di latta, di coppe, medaglie, targhe e quant’altro, che testimoniano affermazioni acquisite in ogni disciplina sportiva, provo da un po’ di tempo un senso quasi di angoscia cimiteriale.
De Andrè nella sua raccolta Non al denaro, non all’amore né al cielo, parlava di cimiteri di croci sul petto … Da un punto di vista agonistico le attività e anche le vittorie non mi destano più da tempo in generale né brividi né entusiasmi particolari. Tuttavia nella notte più cupa della mia esistenza sentimentale (una notte interminabile nella quale non riesci a intravedere neanche lontanamente il più flebile bagliore di un’alba), quando gridi, urli a squarciagola un nome e non ti risponde nessuno, quando comprendi tragicamente che ti stai giocando rovinosamente la partita più importante che hai mai giocato, forse per una antica incapacità a comunicare, a trasmettere sentimenti, anche se nel tuo intimo sei convinto, anzi sei certo – anche perché per una volta nella vita devi essere presuntuoso, per amore e per rispetto di te stesso – che i sentimenti siano quelli giusti e che, un attimo dopo, se solo potessi incrociare uno sguardo appena clemente e generare una crepa nell’iceberg granitico, tutto sarebbe bellissimo; quando, forse a torto, ma a torto fino a che punto, ti scopri improvvisamente ed incredibilmente vittima di un massacro di sogni e di speranze, vittima dell’egoismo e dell’egocentrismo di retaggio medievale, capace di orientare perfino gli afflati più intimi, nel nome della realizzazione di raffinati e sottilissimi – e quindi subdoli – disegni organizzativi “aziendali”, quando vorresti ritrovarti oltre il Capo di Buona Speranza, e invece con un senso della doverosità inscalfibile e straordinario ti prepari ad andare in scena, con il fiele nelle vene, come ogni giorno, a tutela di tutta quella gente che in te ha riposto fiducia e speranza, quando tutto questo uragano rischia di annientare te, ex ragazzo che da sempre apprezzi pane e cipolle più che caviale e salmone, la presenza, la testimonianza di martirio, l’affetto, la condivisione della sofferenza, di Diego, Luca, Federico, più giovani fratelli, valorosi atleti della squadra biancoceleste di pallanuoto, tra l’altro amanti e conoscitori del circo e del suo mondo, ti impedisce di impazzire, e ti impone di continuare a lottare, ora attraverso una loro semplice carezza, ora attraverso una strigliata violenta ma, al momento efficace, ora, è capitato, attraverso una scorribanda, con bagno finale all’alba, nell’acqua gelida del litorale di Ardea, alla ricerca di un tempo troppo presto perduto. Questa appassionata, forse compassionevole, condivisione di una sofferenza in alcuni frangenti atroce, ti dà inesorabilmente la percezione ed il senso di quello che ha rappresentato, rappresenta e rappresenterà questa Società Sportiva nella tua vita.
E poi la Curva Nord, un popolo eroico di criminalizzati, di perseguitati, uno spaccato emblematico del disagio sociale di una gioventù come la nostra. Giovani vite ingiustamente tacciate di razzismo, a volte di fascismo, capaci del più alto senso della devozione e della riconoscenza. La testimonianza di affetto che hanno voluto regalare a me e a chi amo, al di là di ogni limite di ragionevolezza e di evidenza dei problemi, è qualcosa destinato a rimanere unico nella storia delle tifoserie di tutto il pianeta. Cosa ci sarà mai di più visceralmente unito ad Antonio Buccioni della Società Sportiva Lazio?

Continuiamo sul filone personale, per scoprire gli interessi “privati” del presidente dell’Ente Nazionale Circhi. I film che porterebbe con sé sempre e comunque?

La strada di Federico Fellini, C’era una volta l’America di Sergio Leone, dove colgo nel personaggio di Noodles tante situazioni molto simili alle mie e mi ci specchio fortissimamente.

Invece le letture?

Amo molto la saggistica, ma su tutti se parliamo invece di narrativa, prediligo Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach, e, per la sua struggente semplicità, Love Story di Erich Segal

domenico-modugnoLe canzoni della vita?

Come hai fatto di Domenico Modugno e L’Isola di Wight.

Se invece dovesse esternare le sue preferenze teatrali?

Non avrei dubbi sull’artista dello scorso secolo, Ettore Petrolini.

La tragedia?

Giulietta e Romeo di Shakespeare.

La commedia?

Senz’altro Napoli milionaria di Eduardo De Filippo.

L’opera invece?

Il Trovatore se parliamo del grande Giuseppe Verdi, in assoluto i Pagliacci di Leoncavallo, che conosco a memoria.

Il balletto?

Il Lago dei cigni…

La sinfonia?

La quinta di Čajkovskij.

Il poema sinfonico?

Sicuramente Sheherazade, di Nikolaj Rimskij-Korsakov.

chaplin-calveroI film sul circo?

Fra tutti Trapezio e Il Circo e la sua grande avventura.

I registi che si sono occupati di circo?

Federico Fellini.

Invece i ricordi legati al circo in tv?

Scaramacai e Sbirulino, Pinuccia Nava e Sandra Mondaini.

Il mito?

Charlie Chaplin, in particolare nel personaggio di Calvero in Luci della ribalta, dove “il clown si innamora della ballerina ed il ridicolo diventa sublime”.

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