di Stefania Ciocca
Parlaci della tua famiglia e di dove sei cresciuta.
Sono nata al circo Amedeo Orfei, il circo di mio nonno, e lì ho vissuto fino a che pochi mesi fa ci siamo trasferiti al circo di mio zio Ivan Niemen che si è sposato con Romina Orfei. Adesso lavoro al circo dei miei zii, i fratelli di mio papà Massimiliano dell’Acqua, al circo Acquatico.
Sei entrata in pista sin da bambina?
No, la mia prima volta in pista è stato a 13 anni ma fino a quel momento mi ero allenata tanto sul numero di antipodismo che poi ho presentato e su cui ancora lavoro. In pratica ho fatto prove per dieci anni. Ricordo poi che la prima volta non volevo entrare. Ero terrorizzata dall’idea di sbagliare anche se razionalmente sapevo che non poteva succedere, avevo provato quell’esercizio così tante volte da saperlo davvero a menadito e mi allenavo da anni per quel momento. Però la paura era tanta! Alla fine mio papà mi ha convinta dicendo che comunque, se proprio fosse andata male, quel giorno c’era poco pubblico. Sono entrata ed è andato tutto bene, ma ancora oggi la paura di dimenticarmi dei passaggi mi è rimasta.
Come ti sei avvicinata alle discipline della pista?
Da autodidatta. Il mio maestro è stato mio papà che mi ha seguita e mi ha preparata aiutandomi a specializzarmi in antipodismo e a confezionare il mio numero. Anche se non sono entrata da piccolina in pista, come tutti i bambini del circo, sono stata spinta a provare varie discipline: di solito si comincia con un po’ di verticali e di esercizi di ginnastica oppure con un po’ di giocoleria. Già in giovanissima età si può capire a cosa un bambino sia più portato. Ad esempio mio fratello si è mostrato sin da subito portato per le verticali e su quello ha lavorato, invece mio papà ha capito che l’esercizio più adatto per me era l’antipodismo.
Com’era la tua giornata al circo, divisa tra scuola, divertimento e allenamenti?
Era una normalissima giornata: al mattino si andava a scuola, che di solito cambiava sempre a seconda della città o del paese in cui ci trovavamo. Poi facevo i compiti o stavo con i miei cugini (eravamo nove cugini in totale) e gli amici e di solito al pomeriggio, mentre lo spettacolo era in corso, io mi allenavo nella roulotte. Papà aveva sistemato nel campino il mio attrezzo e io stavo lì ripetendo sempre gli stessi passaggi sino a memorizzarli.
Come ti alleni?
Tutti i giorni faccio almeno un’ora di allenamento: dalle 15 alle 16 lavoro ripetendo il mio numero e se per caso un giorno salto l’allenamento mi convinco che poi non riuscirò a farlo in pista. A parte quest’ora di allenamento poi faccio anche esercizi specifici più di preparazione e potenziamento. Ogni tanto mi alleno anche con l’hula hoop, numero che non presento sempre nello spettacolo ma solo quando è necessario (magari per fare qualche sostituzione).
Ti sei ispirata a qualcuno per il tuo numero?
A parte l’aiuto di papà adesso il mio numero lo monto da me, mi sono lasciata ispirare soprattutto dalle musiche orchestrate che mi piacciono di più e che ho cercato in internet. L’esercizio però è più tecnica montata sulla musica che non coreografia, anche perché non sono una grande ballerina. C’è comunque un’artista che secondo me è la più grande antipodista e che io ammiro molto ed è Consuelo Reyes.
Se un bambino volesse avvicinarsi a qualche disciplina tu consiglieresti più la frequenza di una struttura apposita oppure la pratica su campo e in famiglia come è stato per te?
Io posso parlare solo per esperienza personale: non penso che uno sia meglio dell’altro, ma senza dubbio la mia storia mi ha portato il vantaggio di non dovermi distaccare dalla mia famiglia. Quando un bambino del circo, ad esempio, frequenta l’Accademia si deve trasferire nella sede e trascorre là nove mesi lontano dai genitori e dai fratelli, il che non sempre è vissuto con facilità. I miei cugini Willy Colombaioni e Alex Orfei hanno frequentato l’Accademia e quando parlavo con Willy, un ragazzo molto sensibile, ricordo che era molto contento della sua esperienza a Verona ma al tempo stesso soffriva per la distanza. È anche vero che non tutti sono fortunati come lo sono stata io nell’avere un membro della famiglia capace di insegnare una disciplina e con il tempo a disposizione per farlo. In alcuni casi i genitori o i famigliari hanno altri impegni da seguire e non possono insegnare, e allora sì che l’Accademia diventa molto importante, soprattutto per la parte legata alla scuola obbligatoria. Certamente se non avessi avuto mio padre avrei appreso la mia arte in un’istituzione come l’Accademia.
Cosa ne pensi dell’attuale situazione del circo italiano?
Il circo vive la crisi degli ultimi due anni e quindi la recessione l’ha sentita. Penso che non sia valorizzato come dovrebbe. Non sono mai stata all’estero ma naturalmente ho amici, colleghi e parenti che hanno viaggiato col circo fuori dall’Italia e so che all’estero c’è molta più cultura. Lo spettatore viene al circo per spendere poco, per portare il bambino che vuole vedere gli animali e quando ad esibirsi c’è solo l’artista credo che non sia apprezzato come dovrebbe. E’ come se il pubblico non capisse il mondo che sta dietro alla pista, non comprende tutto il lavoro e la fatica che ci vuole per fare un’esibizione di cinque minuti. Ecco, credo che qui da noi manchi davvero la cultura del circo e io spero che presto tutto ciò possa cambiare.
Che progetti hai per il futuro?
A livello lavorativo desidero continuare a fare quello che già faccio migliorandomi. Come progetti personali non saprei: sono fidanzata ufficialmente in casa da qualche mese con un ragazzo che vive e lavora all’estero, anche se lo conosco già da tempo. È anche lui del mondo del circo ma non ho ancora fatto precisi progetti perché per adesso sono felice così, vedremo ciò che il futuro porterà.
Qual è il tuo sogno?
Se dovessi viaggiare con la fantasia naturalmente rispondo solo con Monte Carlo. E’ il sogno di ogni circense. Ma la mia aspirazione più importante è quella di poter avere delle soddisfazioni in ciò che faccio continuando a dare il meglio di me. Quando mi esibisco, quando mi esercito e studio la mia disciplina ci metto il cuore, se mi dicessero che da domani non posso più esibirmi al circo ne morirei. È la mia vita, ci metto tutta la mia passione e voglio poter raggiungere dei risultati continuando con questa energia. Voglio crescere artisticamente sapendo che ciò che ho ottenuto l’ho avuto mettendoci tutto il mio impegno e i miei sacrifici.
Dalla rivista Circo di novembre anticipiamo l’intervista a Yasmin Dell’Acqua.
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