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Verso l’assemblea generale ENC: Ercole Togni

Ugo, Ferdinando, Ercole e Darix Togni (le fotografie di questo servizio fanno parte dell'archivio Cedac)
Ugo, Ferdinando, Ercole e Darix Togni (le fotografie di questo servizio fanno parte dell’archivio Cedac)
In vista dell’assemblea generale dell’Ente Nazionale Circhi, in programma presso la sede nazionale dell’Agis per il 20 marzo, iniziamo una breve storia – ovviamente appena abbozzata – delle tappe salienti e dei protagonisti principali che sono all’origine della nascita dell’associazione di categoria dei complessi italiani. Cominciamo dall’immediato dopoguerra, dunque, e da Ercole Togni.
Con la caduta del regime fascista, il 25 luglio del 1943, non tardano a nascere i sindacati liberi.
Il 7 dicembre 1945 a Roma, in piazza Montecitorio 127, con atto del notaio Michele Barone, viene costituita l’AGIS. I soci promotori sono: esercenti cinema, esercenti teatri, produttori teatrali ed esercenti dei circhi e degli spettacoli viaggianti. Per conto di quest’ultimo settore interviene quale socio fondatore dell’AGIS l’avvocato Carlo Mazzoni di Roma, in rappresentanza del gruppo “spettacoli viaggianti e parchi attrazione”.
Si sviluppano le associazioni nazionali e fra queste l’ANESV, che nasce il 22 luglio 1947 e che fra i soci fondatori annovera anche Ercole Togni. Sulla rivista “Il nostro congresso”, numero unico, settembre 1948, che era il bollettino ufficiale dell’Associazione Nazionale Spettacoli Viaggianti, Ercole Togni è indicato come presidente onorario dell’ANESV. Fino al 1947, infatti, i circhi aderiscono all’associazione dello spettacolo viaggiante, dove però rimangono per un breve periodo.
In questa immagine degli anni 40, da sinistra in piedi: Cit Miletti, Leda Togni, Doly Togni, Riccardo Togni, Ercole Togni. E poi De Bianchi (papà di Annetta), Ferdinando Togni, Annetta Togni, Ugo Togni e Oscar Togni
In questa immagine degli anni 40, da sinistra in piedi: Cit Miletti, Leda Togni, Doly Togni, Riccardo Togni, Ercole Togni. E poi De Bianchi (papà di Annetta), Ferdinando Togni, Annetta Togni, Ugo Togni e Oscar Togni
E’ il mese di ottobre del 1948 quando nasce l’Ente Nazionale Circhi, su impulso e sotto la guida di Ercole Togni. E’ lui che convoca, attraverso il passaparola fra i circensi, i direttori dei complessi italiani a Milano.
Figlio di Aristide Togni e Teresa De Bianchi, Ercole (per tutti “Tete”) esce da una famiglia numerosa. Fra fratelli e sorelle se ne contano sette: Adele, Cesira, Riccardo (“Pono”), Maria, Linda, Ugo (“Checchio”) e Ferdinando (“Nandino”).
Ruggero Leonardi, nel libro “Sospeso nel vuoto”, scrive che Ercole “è uomo di circo di attitudine innata, ottiene il riso a cascata del pubblico quando vuole farlo ridere vestito da clown e l’attenzione rispettosa di colleghi e subordinati quando di ridere non ha alcuna voglia. Si può definire a giusta ragione un modello di direttore di circo di antica tempra perché convivono in lui la “corda pazza” (definizione pirandelliana) quando è il momento di abbandonarsi all’invenzione e la “corda d’acciaio” quando è il momento che i conti tornino”. E’ persona autorevole e rispettata ed è grazie al suo carisma che l’ENC muove i primi passi di una lunga storia, che arriva fino ai nostri giorni.
spettacolo viaggiante defAprire “Lo Spettacolo Viaggiante d’Italia”, anno 1, n. 6, Roma giugno 1949, a pagina 5, è come fare un emozionante tuffo dentro le vicende che hanno segnato quel periodo iniziale. In rapida successione si possono leggere tre articoli: “In morte di Giovanni Palmiri”, poi “l’Atleta” – a firma di Ercole Togni – e “Il Circo”.
Il circo italiano si è appena riunito in una grande e determinata famiglia sindacale, quando un lutto gravissimo mette tutti a dura prova, a partire dalla famiglia Palmiri. “Alla mezzanotte del 30 giugno”, si legge nel breve fondo dal titolo “In morte di Giovanni Palmiri”, “il grande acrobata precipitava dall’alto della sua pista aerea…”. Tocca a Ercole Togni dare, con parole di saggezza, a quel tragico lutto una lettura di speranza.
Giovanni Palmiri
Giovanni Palmiri
“E’ caduto sul lavoro, a Mestre, alla fine di uno dei suoi meravigliosi spettacoli nei quali l’ardimento si trapianta nell’abilità dando agli spettatori il brivido che strappa – per la sua onestà – l’applauso più sincero e incondizionato”, scrive in “L’Atleta”, che vale la pena leggere per intero. atletaProsegue così: “Giovanni Palmiri veniva dalla stirpe del Circo, incasellato in una famiglia di acrobati, attraverso più generazioni, contro la incomprensione dei più, senza scoraggiarsi e senza pentimenti. Al Circo, questa creatura eccezionale aveva dato il suo lavoro, il suo sacrificio. Sapeva che non c’era limite alla sua lotta, che un giorno la Sua vita sarebbe rimasta in equilibrio sulle platee sbigottite ad indicare quante siano le strade del pane e come tutte abbiano per vertice il dono delle spoglie mortali. Egli era un innovatore, un pioniere dell’acrobatismo, un audace dai muscoli duri e dal cuore fermo: solo il mezzo meccanico poteva tradirlo. Sapeva che ogni spettacolo era una “avventura”, come lo sa tutta la gente del Circo, e come tutta la gente del Circo compiva il proprio “numero” con qualunque tempo e a qualunque costo. E il “mezzo” d’acciaio l’ha tradito ricapitolando in un attimo tutti i Suoi brividi, il Suo coraggio, le Sue prove: la sera del 30 giugno, nel firmamento si accendeva una stella, la Sua stella, ad indicare la via dei migliori, che cadono sul lavoro, in un unico esempio di abnegazione e di fede”.

Per i documenti citati in questo articolo, tratti dalle riviste dello Spettacolo Viaggiante, si ringraziano il presidente Antonio Buccioni e Antonello Volpi.