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“Verona in” racconta l’Accademia del Circo

Sul numero di ottobre della rivista “Verona in” un ampio servizio di Marta Bicego dedicato alla scuola del circo che prepara giovani e meno giovani sotto il tendone di via Francia.

«Buongiorno signor Palmiri». Uno dopo l’altro, con lo zainetto pieno di libri sulle spalle, passano alla spicciolata a fianco della roulotte che ospita l’ufficio di Egidio Palmiri, fondatore e presidente dell’Accademia d’arte circense di Verona. Una fucina artistica (unica nel mondo occidentale e prima in Italia ad avere il convitto interno) che dal 1988 diploma talenti nel campo dell’equilibrismo, del trapezio, del contorsionismo, del funambolismo e della giocoleria. I protagonisti di questo luogo speciale in cui si insegnano materie tanto singolari sono ventitré ragazzi – ma se si guardassero le richieste «dovrebbero essere molti di più» – che vivono all’interno del campus creato in via Francia da Palmiri, intraprendente ottantenne alla terza generazione di circensi. A sua volta artista (che ha calcato piste internazionali con spettacolari evoluzioni al fianco del fratello Giovanni) e alla guida dell’Ente nazionale circhi dal 1952, si dedica con invidiabile passione a portare avanti – non senza difficoltà – le attività dell’Accademia veronese. «Quello del circense non è un mestiere, ma una vera e propria arte – ci tiene a precisare –. Per questo motivo, quando ho fondato questa struttura, ho deciso di chiamarla con una certa ambizione “accademia”. Con il senno di poi, posso dire di non essermi sbagliato».
Il caravan di Palmiri, in perfetto stile circense, ne racchiude uno spaccato di vita: ci sono fotografie che lo ritraggono al fianco di personaggi famosi, premi ottenuti in tanti anni di carriera, ritagli di giornale e ricordi, ma anche tantissime «scartoffie» generate da una burocrazia che in Italia non facilita le cose a chi decide di far parte dell’ambiente del circo.

UN TENDONE COME AULA
Problemi a parte, la soddisfazione più grande è comunque quella che si legge negli occhi di Egidio Palmiri quando osserva arrivare gli allievi dell’Accademia che ha sede in via Francia. Sono ragazzi e ragazze tra i sei e i sedici anni di età, che provengono da ogni parte d’Europa: alcuni sono figli di circensi, e proseguiranno la loro carriera nel circo dei genitori; altri si sono “innamorati” di questo mestiere, e hanno deciso di impararne i segreti trasferendosi in riva all’Adige. La mattina sono studenti come tanti altri e studiano sui banchi di diversi istituti veronesi; il pomeriggio si trasformano in acrobati, giocolieri, contorsionisti ed equilibristi. Al ritorno da scuola, infatti, pranzano e poi si dedicano ai compiti in un’aula appositamente allestita; ritornano nelle proprie stanze, dove ripongono gli zaini, e indossano la “divisa ufficiale” (maglietta bianca e pantaloncini neri in tessuto elasticizzato). Si spostano quindi in palestra – un tendone blu a stelle rosse riempito da attrezzi di ogni genere come corde e reti sospese, palle e clave, cerchi e tessuti – per iniziare l’allenamento pomeridiano.
Il modello dell’Accademia riprende quello del college americano: gli allievi mangiano, dormono, studiano e apprendono – grazie alla presenza di istruttori qualificati (ai quali si sono recentemente aggiunti due insegnanti cinesi) – i segreti dell’arte circense. Scelta che «ha risolto il problema della scolarizzazione dei figli dei circensi, i quali non potevano e non possono tuttora frequentare con un certo profitto gli studi dell’obbligo, perché il circo nel quale vivono si sposta in media una-due volte a settimana».Visto da una certa prospettiva, si tratta in pratica di un centro di avviamento professionale, precisa il presidente dell’Accademia: «Gli allievi, quasi un centinaio, che abbiamo diplomato hanno vinto premi in manifestazioni internazionali, primi tra tutti cinque clown d’oro al festival di Montecarlo. Il nostro settore non conosce disoccupazione». Forse è anche per questo che le richieste sono in continuo aumento, e non solo da parte dei “figli d’arte”, così alle lezioni per gli studenti interni se ne sono affiancate altre per una settantina di giovani e adulti che frequentano i corsi da esterni.

IL SOGNO DI UN MUSEO E DI UNA SEDE STABILE
La storia che lega Verona all’apertura di una scuola di circo prosegue da due decenni, senza che si sia ancora trovata una sistemazione fissa. I primi tempi, ricorda Palmiri, «ho trovato ospitalità in via Germania, nel quartiere invernale della famiglia di Ferdinando Togni, che mi diede un pezzo di capannone dove ho aperto una struttura provvisoria, mettendo i ragazzi a dormire nelle carovane. Poi c’è stato il trasferimento in una colonia estiva a Cesenatico, dal 1991 al 2002; infine il ritorno a Verona, su un terreno in affitto presso l’ex centrale del latte di via Francia.Un ritorno alle origini, perché è proprio nei confini del Veronese si conservano le radici del tradizione circense, rivela: «Tra Bussolengo e Sona abbiamo le sedi del circo a tre piste più grandi d’Italia, quello Americano di Ennio Togni, e il Medrano. Qui sono sepolti noti artisti, che in Italia sono illustri sconosciuti, ma all’estero hanno il loro nome. Ad esempio Enrico Caroli il più grande cavallerizzo di tutti i tempi».Ma, legato alla città scaligera, è anche un altro sogno del presidente dell’Accademia d’arte circense: un progetto che prevede di dare sede stabile e definitiva alla scuola. Con palestre, appartamenti confortevoli nei quali ospitare istruttori e allievi, e un museo (che sarebbe l’unico in Italia) dedicato al circo. Per far ciò, nel 2003, «ho acquistato un lotto di terreno di 12 mila metri tra via Tevere e via Tirso. Per vari intoppi, dal 2004, non è ancora arrivata l’autorizzazione necessaria per iniziare i lavori». Tra affitto del terreno e spese di corrente elettrica e gasolio (che arrivano a superare i 3 mila euro nei mesi invernali) per tenere riscaldate le strutture, «di questo passo non avrò più i soldi per costruire» conclude senza nascondere una certa amarezza Egidio Palmiri. «Se continua così, a giugno dell’anno prossimo sarò costretto a chiudere a giugno, senza più riaprire».

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