Anche quest’anno Venezia si trasforma in una grande festa a cielo aperto richiamando in laguna migliaia di turisti incuriositi dal Carnevale più popolare d’Europa. Le calli e i campi si affollano di colori, trucchi, maschere e parrucche in una mescolanza di immagini che raccontano di questo paese. Una tradizione secolare che si è modulata nel tempo, ma che conserva intatto quello spirito fondante del Carnevale in cui ognuno può essere chi vuole. Eppure camminando per le calli meno affollate, Elena – giovane veneziana che da qualche anno vive lontana dalla sua città – mi racconta di come questa festa stia diventando sempre meno popolare, e sempre più commerciale. E non è tanto per lamentarsi. Il carnevale di Venezia (con la direzione artistica generale di Davide Rampello e Marco Amato) è ricco di appuntamenti con lo spettacolo popolare, dal teatro, danza, circo, ai concerti, e poi ancora conferenze, balli, feste, sfilate, ma la maggior parte di questi eventi è fruibile solo a pagamento, in spazi che da pubblici si trasformano in “privati”.
E a risentire di queste scelte potrebbero non essere solo i fruitori, ma anche gli artisti stessi che nella città che ha visto nascere l’arte di strada e di piazza, finiscono per esibirsi dinnanzi ad un pubblico ristretto di paganti, e la piazza rimane fuori. È quello che succede al Grand Foyer di San Marco, una struttura che riproduce non solo gli spazi, ma anche l’immaginario e l’atmosfera del teatro all’italiana, ma a cielo aperto, nel bel mezzo della piazza principale della città. Al Grand Foyer va in scena – nelle giornata più calda del Carnevale, il sabato dopo il giovedì grasso – il Gran Galà du Cirque.
Nella piazza che nei secoli è stata il fulcro dell’arte di esibirsi, ospitando manifestazioni spettacolari di funamboli – tradizione omaggiata ogni anno dal volo dell’angelo ad apertura di Carnevale -, ma anche i casotti dei commedianti, le Colonne d’Ercole delle fazioni rivali, ciarlatani e danzatori, si esibiscono alcuni dei migliori artisti del circo contemporaneo. Il Gran Galà, format già collaudato in diverse città italiane, nato a Funambolika da un’idea di Raffaele de Ritis e Alessando Serena, porta in scena artisti da tutto il mondo che si cimentano nelle proprie eccellenze alternandosi ad un buon clown. Nella cornice veneziana tiene le redini dello spettacolo Rob Torres, clown del Big Apple Circus, che nella sua strepitosa leggerezza, porta in scena l’assurdità delle piccole azioni quotidiane, non tralasciando di giocare con il circo stesso e le sue discipline, mettendosi alla prova in piccole esibizioni che rivelano la sua parte più umana e impacciata, ruolo che gli procura l’affetto e il calore del pubblico. Il primo artista chiamato a scaldare la fredda brezza veneziana è Boul, il folletto giocoliere nato professionalmente nel bacino del Cirque du Soleil che, in un’atmosfera da fiaba moderna, esibisce le proprie abilità con sfere e palline, in un gioco sarcastico e magico che coinvolge ogni parte del corpo, in perfetta sintonia con la voce ancestrale della creatura che lo accompagna. Segue il Duo Giurintano, pattinatori acrobatici richiestissimi nei music hall più prestigiosi d’Europa. Nei loro costumi bianchi eseguono le più svariate figure in una leggera eleganza che si fa via via più vertiginosa, suscitando nel pubblico dei veri e propri picchi emotivi. E poi ancora scende in pista Kristian Kristof, il giocoliere gentiluomo del Circo di Stato di Budapest, eleganza retrò allo stato puro, che fa danzare nell’aria scatole di sigari e cappelli a cilindro, tenendo in equilibrio sul sigaro una colonna di oggetti e giocolando con gli oggetti più svariati, in un’esibizione particolarmente fascinosa.
La chiusura in bellezza è affidata agli italianissimi Fratelli Pellegrini, equilibristi forzuti ormai coronati come star mondiali in figure mozzafiato che tolgono il respiro (e non solo al pubblico femminile). Uno spettacolo di eccellenze dunque nella prestigiosa cornice del Carnevale Veneziano. Unica nota spiacevole, probabilmente soprattutto per gli artisti, è la chiusura del Grand Foyer alla piazza, esclusa da una celebrazione che dovrebbe essere popolare. Laddove il nuoveau cirque vuole riunirsi alla tradizione, scendendo nella piazza che è stata culla delle discipline circensi e dello spettacolo popolare, dispiace che si recuperi invece il modello dell’evento culturale accessibile solo alle fasce abbienti. Ne risente, infatti, l’esito stesso dell’evento che – con un cast così importante – avrebbe meritato un pubblico più a ridosso del palcoscenico e di conseguenza più caldo.
Valentina Maggio