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Un 25 aprile all’insegna di Salgari e delle sue storie da circo equestre

Emilio Salgari
Il 25 aprile è la festa nazionale che tutti sappiamo. Ma quest’anno, per alcuni di noi italiani, la data è significativa anche perchè riconduce a ben altro evento risalente a cento anni fa. Il 25 aprile 1911, Emilio Salgari, geniale e inquietante inventore di Sandokan e del Corsaro Nero, si accomiatava dal mondo con un gesto degno della teatralità che aveva contrassegnato l’intera sua vita. Inviò agli editori una lettera densa di accuse e di rancori (non del tutto giustificati) che si concludeva con la ben nota frase “Vi saluto spezzando la penna” e si suicidò martoriandosi le carni con un’arma degna dei suoi guerrieri. Lo ricordo in questa sede perchè, frugando fra le pieghe della sua travagliata vicenda, mi accadde di misurarmi con il rapporto fra creatività salgariana e creatività circense al punto di realizzare un libro di 165 pagine, Nella giungla di Salgari (Edizioni Paoline, 1992), il cui inizio era questo: “Le storie di Emilio Salgari hanno lo smalto di geometrie da circo equestre. Lo ha detto Salvatore Quasimodo ed è una intuizione da approfondire. Se per circo si intendono spezzoni di vita ritagliati e messi insieme in una dimensione ludica; se per circo si intende una recita in cui tutto è vero e tutto è falso perchè gli uomini sono un po’ animali e gli animali sono un po’ uomini; se per circo si intende un gioco di continua sfida al prevedibile che mima sotto le luci colorate la tremenda fatica di sopravvivere; se per circo si intende una dimensione in cui la normalità è bandita e l’esagerazione è regola costante: se tutto questo è circo equestre, tutto questo è Emilio Salgari, nei suoi più di 80 romanzi e nei suoi più di 100 racconti, e in quel suo vivere quotidiano mai quieto da cui traeva linfa per romanzi e racconti”.
Nel libro dedicavo diverse pagine al rapporto di Salgari con Buffalo Bill, che per lui – viaggiatore condannato dalla sua angusta esistenza a non viaggiare mai – rappresentò l’occasione di dare finalmente un corpo di carne e di sangue alle sua fantasie quando il leggendario personaggio approdò a Verona con il suo spettacolo dedicato al mondo del Far West. In questo caso il rapporto personale si trasferisce sulle pagine in maniera esplicita, nel senso che ogni balzare sul cavallo dell’eroe, ogni suo piroettare in sella, è fotograficamente tratto dalla realtà. Ma il circo è sottopelle in tutta l’avventura salgariana e talvolta affiora, nella sua realtà di vero e proprio gesto circense, in momenti imprevedibili. Mi riferisco, ad esempio, all’uomo che esce dalla pagina di Un dramma nell’Oceano Pacifico per esibirsi nella capacità di tenere sotto controllo le tigri inquiete, trasportate per mare, con l’autorevolezza di un domatore professionista.
Oppure alla domatrice indiana di Le selve ardenti che, in una isoletta appartenente a una geografia prettamente salgariana, fa convivere in un serraglio allo stato libero giaguari, puma, orsi, tigri e coyote secondo un’arte appresa dal padre.
Non era un grande scrittore. Era Emilio Salgari. Ed è giusto che lo si ricordi, a cent’anni dalla scomparsa, magari tornando a buttare una occhiata qua e là su queste sue pagine non letterarie ma inevitabili. Chi poi ama e frequenta il circo, può ritrovare in queste letture una occasione di sotterranea complicità.
Ruggero Leonardi