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Tre ministri in difesa dell’orso

Fa una certa impressione l’invasione di notizie sugli animali che ieri e oggi riempiono i quotidiani italiani. Il Corriere della Sera ne ha ben due in bella evidenza: il banchetto a base di carne d’orso promosso dai leghisti in trentino e la morte di un cavallo nelle prove del Palio di Siena, che scatena le proteste del ministro del Turismo e degli animalisti. A proposito di orsi, sono ben tre i ministri del Pdl che scendono in campo in loro difesa – Brambilla, Frattini e Prestigiacomo (Libero li chiama “ministri animalisti”) – e che sulla brace preferirebbero cuocere il parlamentare leghista che ha promosso l’iniziativa, il deputato e segretario del Carroccio in Trentino Maurizio Fugatti. Al di là della “provocazione” di questi giorni, la Lega Nord già da tempo aveva lanciato l’allarme: avanti di questo passo si arriverà a 50 orsi entro il 2012 sul territorio provinciale. E aveva parlato di avvistamenti di orsi anche nei boschi del Primiero. Una presa di posizione che la Lega ha assunto non solo al nord ma anche in Abruzzo quasi un anno fa.
Sempre in questo filone si segnale l’articolo del Fatto Quotidiano, sia perché ne fa una questione di “orsi immigrati” e come tali poco simpatici alla Lega, e sia perché cita una argomentazione di GeaPress che si spera un giorno possa valere anche a proposito delle imprese del circo, nel senso che quando alcuni si battono per togliere gli animali dagli spettacoli non sembrano minimamente preoccupati del destino degli esseri umani coinvolti: “… oltre al tentativo di evitare l’estinzione degli orsi, già biologicamente in atto a quella latitudine, il Progetto Ursus aveva sicuramente garantito per anni occupazione e salario ad alcune decine di persone con diverse competenze e specializzazioni”. Il progetto Ursus è quello che punta alla salvaguardia dell’orso bruno delle Alpi.
Anche Il Giornale ospita un articolo sull’incidente del Palio, a firma di Oscar Grazioli (“Lacrime di coccodrillo sul cavallo morto al Palio”) che parla di suicidio del giovane baio di sei anni. “Si chiamava Messi, ma non ha avuto la stessa fortuna dello straordinario e funambolico calciatore argentino. Era un cavallo baio di sei anni che avrebbe dovuto correre oggi il Palio dedicato a una delle immancabili figure di santi o madonne (quella di Provenzano esattamente) per la contrada della Chiocciola. In effetti era sembrato un po’ intristito negli ultimi tempi, ma nessuno, neanche il suo fantino (Sgaibarre) ha capito che cosa passava nella sua mente. È diventato tutto chiaro quando ieri, nel corso della quarta prova, al secondo giro di piazza del Campo, il povero cavallo si è gettato sugli spigoli di una transenna con una violenza, che solo chi ha deciso di farla finita riesce a sprigionare”. Fortunatamente anche dal governo si alza una presa di posizione non animalista. E’ quella del sottosegretario Carlo Giovanardi: ”Vorrei fosse chiaro a tutti che il governo di cui faccio parte non si e’ mai neppure sognato di mettere in discusione il Palio di Siena e manifestazioni analoghe che si svolgino nel nostro paese, ne di abolire caccia e cacciatori e neppure di ridurre i circhi in luoghi in cui possono esibirsi uomini e donne addestrati e non animali ammaestrati”.
Controcorrente come al solito il sindaco di Firenze, Matteo Renzi: «Può sembrare strano che lo dica un fiorentino, ma il Palio di Siena è una bellissima tradizione che consente a quella città di essere ben governata e l’attenzione che c’è a Siena per i cavalli non c’è da altre parti. Sono assolutamente solidale con il sindaco Ceccuzzi». Decisamente ancora più controcorrente, Camillo Langone sul Foglio diretto da Giuliano Ferrara. Dove si alza un’altra voce ragionevolmente interessante. Nella sua rubrica “Piccola posta”, Sofri scrive: “… Stringere troppo la traiettoria della curva di San Martino, com’è successo ieri, resta un pericolo drammatico, e nessuna misura potrà eliminarlo. Il mio amico Roberto Barzanti dice che bisogna spiegare quanto si è fatto per migliorare la sicurezza di cavalli e fantini, ma ricordando e ricordandosi, che il pericolo non può essere tolto dalla gara, e nemmeno dalla vita. L’obiezione è che la vita no, ma la gara può essere abolita. E’ un’obiezione stimabile, tanto più che gli uomini, sulla terra rossa del Campo o su un circuito da Formula Uno o su una parete di roccia, scelgono di mettersi a repentaglio, e i cavalli ci vengono portati. Io vacillo, sono addolorato, e tuttavia resto dalla parte del Palio, e di quella simbiosi fra uomo e cavallo che ha una storia antica e magnanima, guastata certo troppe volte da droghe e cinismi e maltrattamenti, ma riscattata e custodita dalla cura e dall’amore di una città. Forse un giorno, quando nessuno più avrà accettato i riti in cui un animale è designato a essere ammazzato, come la corrida, non si sopporterà più di vedere i cavalli spinti a gareggiare. Forse un giorno ci si abituerà a non vedere più i cavalli”. Ecco, in questo clima da fattoria degli animali di orwelliana memoria che si è venuto a creare, la sensibilità di Sofri alleggerisce il cuore da quell’aria da regime animalista che qualche preoccupazione la crea.

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