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Con il ricorso n. 2373/99, proposto dall’Impresa Circense Casartelli & C. s.a.s., il circo Medrano ha chiesto e ottenuto l’annullamento del divieto ai circhi con animali nel comune di Livorno. L’Amministrazione Comunale, pur concedendo l’area, con il provvedimento impugnato ha negato tuttavia lo stazionamento a causa dell’utilizzo di animali esotici, vietato dall’art. 12 del regolamento comunale per la concessione di aree per spettacoli viaggianti e circhi. Così nel settembre del 1999 il Medrano ha depositato il ricorso ottenendo prima la sospensione e poi l’annullamento degli atti impugnati.
L’art.12, comma 2, del regolamento comunale, al quale il provvedimento di diniego si ispirava, non consentiva lo stazionamento di spettacoli circensi con animali esotici della classe “mammalia” dell’ordine “carnivora” e “proboscidea”, nonché quello dei “primates” per ragioni di sicurezza, trovandosi “l’area adibita allo svolgimento dell’attività circense in un contesto fortemente urbanizzato”.
La sentenza così recita: “Tra le connotazioni proprie della tradizione degli spettacoli circensi, che il legislatore ha avuto ben presenti nel varare la legge 337 del 1969, vi è da sempre l’impiego di animali appartenenti a diverse specie, ma in modo particolare è una costante la presenza di leoni, tigri, elefanti, primati, addestrati per l’esecuzione di spettacoli che li vedono protagonisti. L’obbligo dei Comuni di individuare e mettere a disposizione degli operatori di attività circensi spazi adeguati per l’installazione dei circhi, importa anche l’obbligo, delle stesse Amministrazioni locali, di farsi carico della scelta di siti adatti alle esigenze dei circhi medesimi, ponendosi diversamente la scelta stessa in contraddizione con la ratio della legge in questione. Ciò vuole dire che se le Amministrazioni comunali possono, come previsto dal quinto comma dell’art.9 della legge 337, nell’ambito dell’autonomia che è riconosciuta loro dagli artt.5 e 128 della Costituzione, nonché dalla legge 142 del 1990, disciplinare con apposito regolamento l’uso delle aree pubbliche comunali per manifestazioni artistiche legate agli spettacoli circensi, le stesse devono avere cura di porre in essere norme coerenti con il fine che la regolamentazione intende perseguire, in modo che la concreta attuazione non ne evidenzi insanabili contraddizioni che finiscano per essere d’impedimento all’applicazione delle norme stesse od all’uso che il regolamento intende disciplinare”. E prosegue: “Ciò è quello che è avvenuto per effetto del secondo comma dell’art.12 del regolamento comunale che, dopo avere individuato le aree del territorio comunale da potere utilizzare per l’installazione di spettacoli circensi, ne impedisce di fatto l’uso ai circhi che per tradizione impiegano negli spettacoli le specie animali delle quali il regolamento fa divieto. Né valgono a giustificare la misura restrittiva le richiamate esigenze di tutela della cittadinanza e le prescrizioni dettate dal decreto ministeriale 19.4.1996.
Infatti, l’impiego delle specie animali indicate nel regolamento non dà luogo di per sé a rischi particolari per l’incolumità pubblica (diversamente sarebbero vietati gli spettacoli che impiegano tali animali), mentre se l’esigenza e quella della tutela delle condizioni di igiene delle aree residenziali od intensamente abitate, la soluzione non risiede nel divieto in questione, ma nell’individuazione di aree con minore densità abitativa ed in ogni caso adeguatamente attrezzate”.
Infine, il Tar della Toscana ha sottolineato che il potere regolamentare dei Comuni non può porsi in contrasto con le leggi dello Stato: “Non è in discussione né l’autonomia né la potestà normativa degli enti territoriali, bensì il limite d’esercizio delle potestà collegate all’autonomia medesima. Tale limite deriva dall’art.128 della Costituzione che riconosce Province e Comuni come enti autonomi nell’ambito dei principi fissati dalle leggi generali della Repubblica che ne determinano le funzioni. Il che comporta che gli enti in questione, nell’esercizio della potestà regolamentare loro riconosciuta, debbano rispettare il limite derivante dall’ambito delle materie e delle funzioni nelle quali tale potestà può estrinsecarsi, e non possano, quindi, emanare (come nel caso di specie è avvenuto rispetto alla legge 337 del 1968) disposizioni normative al di fuori delle materie loro attribuite e/o in contrasto con i principi fissati dalle norme primarie dello Stato alle quali gli enti stessi devono rapportarsi”.

Il testo integrale della sentenza