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di Francesco Mocellin

L’analisi di Francesco Mocellin sul rapporto tra circo e realtà associative, connettori vivi e pulsanti tra le arti della pista e il mondo degli appassionati, in particolare il Club Amici del Circo che da decenni si occupa di diffondere la cultura circense in diversi ambiti, ma anche l’esperienza internazionale dell’ECA, presieduta dal direttore artistico del Festival di Monte Carlo Urs Pilz.

Il primo raduno del Club amici del Circo da Darix Togni nel gennaio del 1972.

Le imprese e l’attività circense in generale, per genesi e tradizione, sembrano svolgersi con modalità prettamente individualistiche, con scarsa interconnessione sia con le altre imprese del settore sia col tessuto della società in senso lato. Pensiamo, principalmente, al caso tipico del modello del touring circus che arriva in città, si installa su un’area libera, presenta gli spettacoli e poi toglie le tende. Questa attitudine, in realtà, riguarda soprattutto il circo itinerante così come l’abbiamo conosciuto nel ventesimo secolo e che ancor oggi si irradia nell’immaginario collettivo. Peraltro, a cavallo tra Otto e Novecento l’arte della pista, come amiamo chiamarla, occupava stabilmente uno spazio ai vertici dell’intrattenimento risultando inserita a pieno titolo nel tessuto sociale cittadino, praticamente al pari del teatro colto, dell’opera, della musica. Ciò grazie al fenomeno dei numerosi edifici stabili, sovente di notevole spessore
architettonico, che diverse metropoli europee vantano con la finalità di ospitare in modo pressoché esclusivo spettacoli circensi. In quell’epoca, il circo si colloca prevalentemente nel cuore delle città, in luoghi prestigiosi e la società tutta – senza distinzione di classe, incluso il “bel mondo” – frequenta stabilmente i luoghi riservati a queste rappresentazioni cui i media del tempo dedicano recensioni ed analisi critiche per tacere della letteratura e dell’arte figurativa che saccheggiano a piene mani l’immaginario circense. Quando le imprese circensi iniziano a diventare itineranti, utilizzando in modo sistematico lo chapiteau di varie dimensioni (nel frattempo inventato negli Stati Uniti) per avvicinarsi in modo più capillare agli spettatori raggiungendoli anche in realtà urbane più modeste, si verifica un fenomeno cui avevamo accennato anche in altre occasioni, ovvero si attiva una sorta di processo inverso per quanto riguarda le attenzioni dei media, degli intellettuali e della società in generale. Gli spettacoli circensi diventano più popolari sotto il profilo della diffusione e, nel contempo, sembrano perdere progressivamente appeal scivolando verso il mero intrattenimento per famiglie o addirittura per bambini.
Ovviamente stiamo semplificando un fenomeno complesso in cui si accavallano diversi fattori: sui giornali si leggono recensioni meno qualificate e spesso agiografiche, i nomi delle grandi insegne e degli artisti si perdono in un generico “andare al circo” senz’altra specificazione, le amministrazioni locali tendono a marginalizzare sempre più lontano dai centri delle città le aree destinate agli spettacoli viaggianti, si registra una tendenza a relegare il circo in una dimensione folklorica e stereotipata. Per contro, d’altro canto, le imprese circensi sembrano quasi assecondare questo trend con la gente del viaggio che in molti si chiude “dentro ai cancelli”. Tutto questo per giungere alla fine degli anni ’60 quando, con oggettiva lungimiranza, Egidio Palmiri, già presidente dell’Ente Nazionale Circhi – ovvero dell’unica organizzazione di natura sindacale riservata alle imprese circensi nell’Europa Occidentale di allora matura l’idea, sostenuto dal direttivo del tempo, di dar vita ad un’associazione di appassionati, esterna ai professionisti e alle imprese del settore, con conoscenze approfondite della materia in grado di tracciare una sorta di trait d’union tra il mondo del circo e la società.

Al centro Flavio Togni e Liana Orfei con la Principessa Stephanie e la giuria del 46esimo Festival di Monte Carlo.

La denominazione di “Club Amici del Circo” (C.A.de.C.) – fondato poi nel 1969 – non è stata causale perché richiamava il modello anglosassone dei circoli esclusivi per significare che i soci costituivano una sorta di élite. In realtà, la dimensione esclusiva non assumeva connotazioni di tipo sociale ma derivava dal knowledge in tema circense che ogni appassionato possedeva e possiede, un bagaglio fatto di conoscenze dirette acquisite sul campo assistendo a centinaia di spettacoli, intrattenendo relazioni amicali con direttori, artisti, agenti di tutto il mondo, andando a caccia di memorabilia e gadget che spesso fanno delle case di molti Amici del Circo una sorta di piccoli musei. Questi tratti della passione si accompagnano con la
mission del Club che si ispira al modello del “Club du Cirque” d’Oltralpe, ovvero quella di aiutare sotto il
profilo pratico le imprese sul territorio per la soluzione dei più elementari bisogni. A distanza di 56 anni il Club gode di ottima salute e continua a testimoniare la passione per le arti della pista connontandola come
una sorta di militanza. Restando in tema di intuizioni, parimenti luminosa è stata quella del Principe Ranieri III che sin dalla seconda edizione del Festival cercò di riunire i direttori di circo con l’idea di fare squadra a livello sovranazionale per contare di più facendo diventare, nel contempo, il Principato la capitale mondiale del Circo. Lo stimolo del Principe trovò inizialmente una risposta piuttosto tiepida da parte dei direttori dei grandi complessi continentali proprio in ragione delle tipicità dell’attività circense. I tempi divennero maturi nel febbraio 2002 quando a Monte-Carlo nacque l’European Circus Association (in origine E.C.O. – European Circus Organization) alla cui fondazione partecipò anche Egidio Palmiri con lo scopo di affrontare le problematiche comuni alle imprese circensi del Continente portandole all’attenzione delle istituzioni dell’Unione Europea per valorizzare l’impatto socioeconomico del circo stesso; gli olandesi Robert Ronday e Arie Oudenes furono rispettivamente il primo presidente e segretario.

Il premio speciale dell ECA al dottor Alain Frere

Oggi l’E.C.A. è presieduta da Urs Pilz – direttore artistico del Festival – e raggruppa non solo circhi ma anche scuole di formazione, festival, associazioni di circofili – tra le quali lo stesso C.Ade.C. – et similia. Oggi, l’E.C.A. ha nella sua mission l’ottenimento del riconoscimento culturale dell’attività circense, la tutela del benessere degli animali utilizzati negli spettacoli, l’educazione dei ragazzi con particolare riferimento a quelli legati agli spettacoli itineranti e la collaborazione con le istituzioni europee nella redazione di norme e regolamente relativi all’attività circense. Nel 2008 viene fondata la Fédération Mondiale du Cirque con la presidenza onoraria della Principessa Stephanie (quella effettiva è in capo a Urs Pilz), confermando la centralità di Monte-Carlo. La Fédération vede nelle sue fila non imprese o scuole singolarmente intese ma realtà organizzative nazionali a livello mondiale. La mission è quella della promozione della cultura del Circo a 360° che culmina con la Giornata Mondiale del Circo che viene fissata il terzo sabato di aprile di ogni anno (la prossima sarà la sedicesima con iniziative in ogni angolo del pianeta da parte di scuole, circhi, singoli artisti per richiamare l’attenzione sul valore sociale e culturale dell’arte circense. Altre iniziative particolarmente brillanti sono quelle che prevedono la nomina di un Circus ambassador per meriti acquisiti sul campo ogni anno e l’attribuzione del Big Top Label – una sorta di stella Michelin – da parte di una commissione indipendente che opera in incognito alle imprese circensi capaci di offrire standard di qualità complessivi particolarmente elevati. Vi è ancora molto lavoro da fare per la crescita e l’integrazione dei diversi settori del circo di oggi e delle sue diverse espressioni ma non vi sono dubbi che nel c.d. mondo globalizzato di oggi fare opera di lobbismo – come fanno, a diversi livelli, l’E.N.C., l’E.C.A. e la FMC – sia l’unica strada per mantenere la centralità del Circo.

In ricordo di Flavio Michi

Nei giorni appena precedenti la stampa di questo numero è arrivata la notizia della morte di Flavio Michi, figura fondamentale nel Club Amici del Circo e prolifico autore per la nostra rivista. Quello che segue è il ricordo che Francesco Mocellin ha scritto per onorare la memoria di Flavio.

Flavio Michi

Nella notte del 20 gennaio scorso è scomparso Flavio Michi una delle figure più rappresentative della storia del Club Amici del Circo e colonna portante del Consiglio Direttivo dal 1996. Quasi per rispettare una sorta di simbolica sceneggiatura è mancato proprio mentre a Monte Carlo si consumava il rito del festival, un rito cui Flavio aveva praticamente partecipato sin dagli esordi della kermesse monegasca tanto da diventarne uno dei più profondi conoscitori e studiosi. La rivista Circo ha ospitato le sue approfondite analisi e statistiche su quella manifestazione e su molti altri temi. È stato grazie a lui se oltre vent’anni fa ha preso vita il sito del C.A.de.C. che ha gestito fino all’ultimo e che costituisce tuttora un punto di riferimento per tutti i soci e circofili italiani. Ha scritto centinaia di articoli per questa rivista e non solo, ed era conosciuto ed apprezzato nel mondo del circo sia in Italia che all’estero. La sua conoscenza delle materie circensi non era mai superficiale perché derivava dalla frequentazione costante degli spettacoli e degli artisti, così come le sue osservazioni erano sempre condite dal pungente spirito toscano. Era malato da tempo e la sua scomparsa costituisce una grave perdita per il variegato mondo del Circo italiano nel suo complesso e, soprattutto, per il “Club Amici del Circo” di cui era entrato a far parte sin da ragazzo animato sino alla fine dal medesimo entusiasmo. Il responsabile della rivista Circo, Alessandro Serena, e il presidente dell’Ente Nazionale Circhi si uniscono al cordoglio per la scomparsa dell’amico Flavio.