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Ripartire si può!

di Michele Casale

Darix Togni, icona intramontabile del circo italiano

Le ultime vicende, legate ad una sfortunata giraffa, hanno portato ulteriore consento al partito degli “indignados” Italiani, una categoria sempre in voga, che non risente di cali fisiologici.
Sia chiaro, emotivamente la questione colpisce tutti, ma sulle modalità che hanno portato a questa rustica sommossa popolare e politica, i dubbi non mancano. Il teatrino prevede pressoché sempre lo stesso copione: episodio di cronaca che vede protagonista il mondo del Circo, con conseguenti richieste di chiusure e divieti. A questi va aggiunta la stampa, che si occupa di tendoni e acrobati solo quando ci scappa il morto o, al massimo, nel festoso periodo natalizio, quando scorpacciate e fioretti, rendono tutti più buoni.
Riguardo ai politici, sistematicamente ignorano allevamenti, mattatoi e schiere di cacciatori sul loro territorio, e si ergono a legislatori in materia circense, pur già esistendo al riguardo una legge dello Stato. Volendo semplificare l’intera annosa questione, si dovrebbe gridare allo scandalo (come qualcuno in realtà già fa) e ascrivere questi comportamenti come conseguenza di pregiudizi e astio nei confronti del circo. In parte, è vero, ma siamo sicuri che il circo italiano in tutto questo sia immune da colpe? Come ci si è arrivati, realmente, ad una situazione del genere?
Per cominciare, dell’antico e glorioso appeal di Darix Togni e compagnia bella, che suscitava curiosità e ammirazione nel pubblico e negli operatori dello spettacolo di ogni livello, nonché nella poco fa citata stampa, ne è rimasto solo un lontano ricordo. Non è un mistero affermare che per trovare una produzione circense ricordata più o meno da tutti, bisogna ritornare indietro con la memoria almeno di venti anni.
Complice un appiattimento artistico e una poca propensione al rinnovamento, buona parte del circo italiano è rimasto prigioniero di un linguaggio che risulta agli occhi dello spettatore ripetitivo e poco accattivante. Non possono certo scaldare i cuori di operatori e appassionati, mezzi e attrezzature riverniciate – accompagnate dal solito sterile passaggio di artisti da un circo all’altro – spacciate per novità.
Fin quando non si uscirà dal circolo vizioso del vittimismo, e si capirà che la questione animalista è un problema, ma non il problema, sarà difficile trovare soluzioni adeguate. In paesi come Svizzera e Germania (spesso citati a sproposito), la credibilità e la considerazione, i circhi, l’hanno conquistata sul campo. Trasparenza, rispetto per il pubblico e qualità, da quelle parti non sono utopia.
Rimane sacrosanto il diritto di far valere la legge 337 del 1968, e tutti gli sforzi in questa direzione da parte dell’Ente Nazionale Circhi sono assolutamente condivisibili, ma da soli non bastano.

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