Un ritaglio di giornale dei primi anni ’70 di cui mi ero totalmente scordato riaffiora adesso dai miei sconvolti cassetti con la prepotenza dell’attualità. E’ un articolo della “Stampa” di Torino firmato S.Reg, un autore che pur definendosi “poco versato nell’arte circense” non si fa scrupolo di riversare sulla pagina 100 righe di piombo per dimostrare quanto la sua autodefinizione sia vera. Bersaglio dell’autore è il Circo Nacional de Mexico che ha piantato il tendone in piazza d’Armi. Risparmio al lettore la più parte delle righe e mi soffermo solo su quelle dedicate alle tigri. “Queste tigri messicane (sic!) si vendono per cibo, sono grasse e pesanti, se non fanno un boccone del domatore Weidmann è per sazietà, e per buon gusto…” Dice anche altro, ma basta e avanza così. Il Circo Nacional de Mexico in quel periodo piantò il suo tendone anche a Milano e fu per me una fortuna perchè mi permise di stabilire una sorta di amicizia con uno dei più grandi conoscitori di animali in assoluto da me incontrati (prima e dopo di allora) nel mondo del circo.
Eugen Weidmann, svizzero di Winterthur, aveva abbandonato gli studi per dare sfogo in un circo alla sua passione per gli animali. Anche fare il garzone di stalla gli andava bene, pur di cominciare.
In seguito aveva allestito un numero di felini che era tra i più ammirati nel mondo degli intenditori. Un numero “a orologeria” la cui perfezione era stata resa possibile solo dalla sua interazione totale, priva di effusioni ma basata su totale fiducia reciproca, con i felini. Grasse e pesanti le tigri di Weidmann? Mai un grammo più del necessario. Desiderose di mangiare Weidmann? Giuro che mi sarei sdraiato in mezzo a quelle tigri, se il domatore mi ci avesse invitato. Come poi ho avuto occasione di dichiarare in TV, ho ricevuto da Weidmann una delle più interessanti lezioni di etologia della mia vita. Ma perchè mi arrabbio su scemenze scritte quasi 40 anni fa? Perchè nulla o quasi nulla è cambiato nell’atteggiamento di molta stampa verso il circo. Perchè potrei rileggere le stesse scemenze su un altro giornale, con altra firma, pubblicate ieri. Un cronista che entra in una mostra di pittura senza nulla sapere di quell’arte cerca, prima di scrivere, di “inverniciarsi” con qualche nozione. L’arte circense, invece, è carne di porci. Chiunque può dilettarsi a esibire la propria ignoranza in materia facendosene quasi un vanto. Ed è in questo contesto di informazione gestita da analfabeti in materia che si porta avanti una questione serissima – perchè coinvolge non solo principi di libera cultura in generale ma anche il pane quotidiano di tanti lavoratori del viaggio – una campagna di interminabile vociferazione sul problema degli animali del circo. Sono entrato nel giornalismo nel 1957 e, pur non sempre schivando errori di frettolosa superficialità dovuti agli impacci del mestiere, ho sempre cercato di sapere di cosa stavo scrivendo. Che dire? Si vede che mi sono sbagliato.
Ruggero Leonardi