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Quando “L’Asino” ragliava al gran circo della politica

L’Asino: ricetta per una satira sferzante

Ingredienti:
N.1 disegnatore, possibilmente geniale ed innovatore.
N.1 strumento di comunicazione di massa, necessariamente a buon mercato.
N.1 popolo, preferibilmente povero e bistrattato.
N.1 strumento satirico per immagini, palesemente colorato, multisfaccettato, variabile e circense.
Abbondanti bersagli da attaccare, rigorosamente politici e religiosi.

Preparazione:
Dividere il popolo, grattugiare, spremere e schiacciare per decenni soltanto la parte più povera, aggiungere man mano l’odio e la violenza sino a raggiungere il massimo livello di malcontento. Unire un disegnatore satirico, esponenti politico-religiosi a piacere, immagini dal mondo circense, e un pizzico di pepe. Mescolare in punta di pennino ed amalgamare per decenni. Versare il composto su fogli di carta precedentemente inchiostrata, stampare a 180-200° ogni inizio settimana circa. Toglierlo dalla rotativa, lasciarlo raffreddare, spolverizzarlo a piacere di colore ed ironia e distribuirlo nelle edicole del Paese. Servire ancora caldo, accompagnato da guerre, fame, miseria ed un pizzico di liquore.
La satira così descritta rappresenta uno di quei doni amati sia dai grandi che dai bambini, a cui quasi nessuno sa rinunciare, adatta a tutte le ore del giorno, quando si sente il bisogno di una boccata d’aria fresca, carica di forza e determinazione. Una delle migliori massime culinarie sostiene che la bontà stia nella semplicità delle cose, ma davvero questa ricetta si può definire facile, veloce e tuttavia efficace?
La risposta risulta molto meno scontata di quanto potrebbe sembrare alla prima impressione, nell’arco di quasi due secoli l’universo satirico italiano è stato popolato da una miriade di disegnatori ed autori, attivi sulle più diversificate testate, nate l’una dopo l’altra (spesso l’una in conseguenza o in contrasto dell’altra) in tutta la penisola. Ma solo una di queste si può vantare d’essere stata trade d’union fra la tradizione e la rivoluzione grafica, passaggio possibile grazie alla genialità del suo creatore. Gabriele Galantara e L’Asino, la sua creatura, possono considerarsi un tutt’uno per oltre un trentennio, l’uno liberava la propria mente per immagini, rivelandosi per ciò che era veramente, l’altra viveva dell’immaginazione del suo nume tutelare.
La scelta del titolo della rivista rivela la sua stessa matrice: “Come il popolo è l’asino: utile paziente e bastonato”, socialista, anticlericale ed antifascista, L’Asino fa della lotta politica la propria missione, nel farlo designa bersagli gli esponenti della classe politico-religiosa, incapaci, lontani dalle vere necessità del popolo e privi di morale. Sceglie un linguaggio grafico specifico, il più possibile popolare, accattivante, ironico, sfaccettato. Cosa quindi meglio del circo, caleidoscopico universo in grado di fornire i più diversi personaggi e situazioni? Il mondo circense è un bacino a cui Ratalanga (pseudonimo dell’artista) attinge sin dal 1892 anno di fondazione della rivista, e al quale rimane legato sino alla fine. Deputati, ministri, senatori, vescovi, cardinali, perfino il presidente del consiglio, il re ed il pontefice indossano a turno i panni del clown, del domatore, dell’equilibrista, del cavallerizzo, esibendosi sotto il tendone di Montecitorio e del Vaticano.
Su tutti spicca un personaggio, in grado di traghettarsi dalla monarchia alla dittatura, di resistere alle guerre e alla diserzioni: Giovanni Giolitti. Quando L’Asino inizia a ragliare è già da tempo protagonista del palcoscenico politico italiano, e rimane bersaglio della pungente matita di Galantara anche durante il ventennio fascista, quando verrà relegato a semplice comparsa. Giolitti è anzitutto domatore, alla prese con un feroce leone-popolo in gabbia, che nell’arco dei decenni sarà in grado di rompere i lucchetti e le catene, per poi aggredirlo nel bel mezzo dello spettacolo. Ma non è soltanto con le feroci fiere che il primo ministro si trova a doversi rapportare, anche da ammaestratore di presunti amabili cagnolini, si trova in difficoltà di fronte a creature fuggite dal campo o del tutto restie ad eseguire il proprio numero. Gli animali stessi nell’immaginario di Galantara non son semplici mezzi attraverso cui attuare la propria satira, ma identificazione e personalizzazione di classi sociali e personalità: così come l’asino anche il leone – suo esatto opposto – diventa emblema del popolo, e le bestiole a cui far eseguire numeri di destrezza sono politici reticenti alla manipolazione, nonostante i più o meno duri convincimenti.
Capace di destreggiarsi nei più complessi problemi e stagnazioni politiche, anche quando la posizione sul proprio seggio sembra vacillare, Giolitti si trasforma in funambolo, ballerino, equilibrista, cavallerizzo, spesso impegnato nei propri numeri insieme ad altri politicanti, intenti talvolta a sorreggerne le sorti, altre a condividerne le pene, altre ancora a bersagliare il suo già precario equilibrio. Ma è il clown, profeta e annunciatore del circo fra il popolo, il personaggio più bistrattato nelle vesti di Giolitti, null’altro che un pagliaccio alla faccia dei lettori, attaccato su tutta la linea: allo stesso tempo appartenente al gran circo della politica e contemporaneamente del carnevale, maschera e camuffamento della persona, improbabile protagonista dalla ridotta credibilità, e come sempre più semplice espediente per bistrattare un nemico: pagliaccio! Spesso è un clown particolarmente abile, in grado di assumere più identità in una sola immagine: nascono così il clown prestigiatore, in grado di mentire doppiamente celando la propria identità e ingannando nelle sparizioni (di denaro!); il clown giocoliere, che senza alcuna cura maneggia il destino dei popoli; il clown equilibrista, restio a lasciare la scena anche quando i sostegni vengono meno e la situazione peggiora irrimediabilmente.
Giovanni Giolitti non abbandona l’arena neanche quando il suo tempo pare essere ormai passato, quando altri sono gli artisti affaccendati per divertire e sollazzare il pubblico. Galantara cuce per il primo, ministro e nemico, un ruolo perfetto, quello del direttore del circo, personaggio sempre presente, attivo, accorto nell’affiancare i compagni, nel guidarli nei numeri per accompagnarli durante lo spettacolo, assicurandosi anche da dietro le quinte che questo proceda nel migliore dei modi possibile, il suo. Come un burattinaio muove le sorti di più o meno ignari politici, trasformandosi da primo attore a silente protagonista. Restio fino all’ultimo ad abbandonare la rivista, Giolitti scomparirà dalle pagine de L’Asino dopo avervi traghettato un nuovo granitico bersaglio: Benito Mussolini.
Emanuela Morganti

Emanuela Morganti si è laureata con una tesi dedicata a L’Asino, periodico di satira politica e sociale che imperversò dal 1892, anno di fondazione, sino al 1925, quando il fascismo lo silenziò. Fra le discipline dello spettacolo popolare, quelle della pista sono le maggiori ispiratrici di pungenti vignette illustrate. Irriverenti verso i potenti uomini della politica e gli ecclesiastici.

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1 Comment for “Quando “L’Asino” ragliava al gran circo della politica”

  1. […] cavallerizzo, esibendosi sotto il tendone di Montecitorio e del Vaticano, come ha ben raccontato Emanuela Morganti nella sua tesi di laurea dedicata a L’Asino. Giolitti è più volte rappresentato in veste di […]

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