di Don Luciano Cantini
Dal 18 gennaio al 3 febbraio di quest’anno il Circo Medrano ha sostato a Livorno. La piazza è nuova, nei pressi del palazzo dello sport, non è una grande piazza, sovrastata dai fili dell’alta tensione che non hanno favorito l’impianto, ma nel complesso la sistemazione era accettabile e la prospettiva di lavoro buona.
L’unico problema è stato l’assedio degli animalisti. Voglio proprio parlare di assedio perché non hanno lasciato tregua … tutti i giorni e per ogni spettacolo erano lì, davanti al circo. Il passaggio era obbligato e bastavano poche persone con qualche striscione per costringere gli spettatori a fare uno slalom e subire gli urli, gli improperi e non di rado le offese.
Il primo giorno si erano dati convegno da tutta la Toscana portando con sé il solito armamentario di volantini, cartelli, foto, computer con filmati. Dicono, anzi urlano, di volere gli animali liberi ma di fatto avevano tanti cani al guinzaglio costretti a stare lì con loro senza potersi muovere più di tanto, strattonati quanto basta quando manifestavano la voglia di muoversi un po’: una vera e propria contraddizione. Il peggio è toccato alle donne, poche in verità, che erano venute al circo indossando una pelliccia e che si sono sentite apostrofare come certe donne dall’antico mestiere. “La situazione era completamente fuori controllo”, a dirlo proprio una manifestante che si è vergognata pubblicamente per come la manifestazione fosse diventata poco pacifica e come il pubblico fosse ostacolato, rincorso, offeso. Qualche bimbo si è spaventato, si è messo a piangere ed i genitori costretti a tornare sui propri passi tra gli applausi e le foto da parte degli animalisti.
Nonostante questo il pubblico c’è stato e il confronto numerico tra i manifestanti all’esterno ed il pubblico all’interno parlava da solo. Lunghe file alle casse e l’attesa, non sempre sotto il sole, per poter entrare specie tra uno spettacolo e l’altro.
Stando sulla porta ad osservare non ho potuto fare a meno di fare qualche riflessione, soprattutto mi sono domandato perché tanta gente ha sopportato di essere insultata pur di andare ugualmente al circo. Diversi anni fa avevo scritto che il Circo è il grande dispensatore di meraviglia e di stupore: lo spettacolo, le luci, i colori, i lustrini, l’abilità dell’uomo, il rapporto così «unico» con gli animali è capace di donare momenti di emozione, sorpresa, meraviglia! La meraviglia è fonte di speranza, la speranza è il motore della vita. Einstein disse una volta: «Perdere il senso dello stupore e della meraviglia significa quasi morire, cessare di vedere».
La forza peculiare del circo è la sua funzione ricreativa, nel senso pieno della parola come rigenerazione fisica, psicologica e spirituale, dovuta allo spettacolo e al momento ludico, ma soprattutto alla sua dimensione relazionale simbolica. Il Circo ha la capacità di aggregare e di coinvolgere il pubblico tessendo relazioni “creative” e “ricreative”.
Lo spettacolo è spettacolo per il pubblico che osserva meravigliato, ma diventa spettacolo anche per il circense che lo realizza e che sa meravigliarsi delle reazioni del suo pubblico, delle capacità del suo fisico, della prontezza dei suoi riflessi, dell’intesa coi suoi compagni, o che sa meravigliarsi dei suoi animali, delle loro reazioni ai suoi comandi, che ne intuisce gli umori e le aspettative. E tutto questo è spettacolo nello spettacolo, ma uno spettacolo, intimo, profondo che chi è nel mezzo della pista scopre e conosce. La magia del circo avvince di più l’artista che lo spettatore perché realizza una «meraviglia» in un rapporto singolare con “chi” si «meraviglia». Eppure questa spirale diventa evidente, lo si è visto nel finale, quando gli artisti sono entrati in pista con i bambini del pubblico che alla fine sembravano non voler andare più via e continuavano a girare con i genitori divertiti.
Fuori dei cancelli, gli animalisti si erano ormai dileguati.